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Brigata Putin: così la Rosgvardiya è diventata la forza anti-Wagner della Russia

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Obbedisce solo allo Zar, dovrebbe contrastare terrorismo e crimine organizzato ma più spesso è usata per reprimere il dissenso. Inoltre è stata schierata anche in Ucraina, dove vuole sostituire i mercenari di Prigozhin. Ecco come opera e chi comanda la Guardia Nazionale russa

Viktor Zolotov è abituato ad agire all’ombra della ribalta. All’incontro del 29 giugno scorso al Cremlino con Vladimir Putin e Yevgeny Prigozhin c’era anche lui, anche se in pochi lo ricordano. Presenziava, insieme a una trentina di capi militari e di responsabili delle forze di sicurezza russe, come direttore della Guardia Nazionale (Rosgvardiya) per discutere di quanto accaduto pochi giorni prima durante il fallito colpo di mano di Wagner.

Eppure le sue ambizioni erano chiare: prendere il posto del gruppo mercenario nei cuori, nelle menti e sui campi di battaglia dei russi. Non a caso meno di un mese dopo, il 19 luglio, la Duma approvava una legge per fornire armi pesanti ai suoi quasi 300mila uomini, che rispondono soltanto al presidente russo.

Struttura di potere
Quando Putin decretò l’istituzione della Rosgvardiya nell’aprile del 2016, lo scopo dichiarato della nuova forza era garantire l’ordine pubblico, combattere il terrorismo, partecipare alla difesa territoriale, proteggere le infrastrutture vitali e vigilare sulle armi registrate in Russia. Di fatto si trattò, come scrisse l’analista Mark Galeotti, della «più grande riorganizzazione dei servizi di sicurezza degli ultimi decenni», concentrando il potere in un nuovo soggetto che rispondesse direttamente al presidente.

Per costituire la nuova milizia, secondo il Center for Strategic and International Studies (Csis), il governo russo trasferì alla Rosgvardiya quasi 140mila effettivi delle Truppe interne, a cui si aggiunsero altri 40mila dei corpi speciali Omon e 12mila delle forze di reazione rapida Sobr, tutte unità allora sotto il comando del ministero degli Interni. Non esistono dati precisi, ma recenti stime parlano di un numero di miliziani compreso intorno ai 340mila, organizzati come una forza di contro-insurrezione suddivisa in otto comandi regionali.

La sua struttura ricorda un vero e proprio esercito, con gradi, ranghi, distaccamenti e persino aerei e navi. In particolare, le truppe di Zolotov sono già equipaggiate con veicoli corazzati BTR-80/82A (M), altri leggeri come Patrul-A, Tigr-M e Ural-VV e persino mezzi da combattimento come i BMP-2. A tutto questo presto si aggiungeranno anche nuovi armamenti pesanti per poter operare in Ucraina. La legge infatti ne consente l’impiego anche all’estero.

Pace e quiete, per chi?
In passato, la nuova forza si è rivelata molto duttile. Poco dopo la sua costituzione, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu notò come la Rosgvardiya possa «essere utilizzata aggirando la procedura costituzionale sull’uso delle Forze Armate» e così è stato fatto. Con la pandemia di Covid-19 ad esempio, la Guardia Nazionale è stata impiegata per pattugliare le strade e le scuole. Successivamente, i miliziani sono stati chiamati a contenere potenziali danni presso la fabbrica chimica abbandonata di Usolyekhimprom, in Siberia. Prima ancora era stato affidato loro il compito di garantire la sicurezza del Ponte di Kerch, che dal 2018 collega la Russia alla Crimea annessa illegalmente da Mosca. Insomma, una forza davvero multiforme.

Finora però, nonostante sulla carta dovrebbe occuparsi del contrasto alla criminalità organizzata e al terrorismo e di proteggere le infrastrutture vitali russe, la Rosgvardiya è stata spesso utilizzata per reprimere il dissenso. Un ulteriore vantaggio a sua disposizione in questo senso è la speciale unità interna di cyber intelligence, che le permette di monitorare e analizzare anche i social media. Così, dalla sua costituzione, la milizia ha partecipato alla dispersione di proteste pacifiche e all’arresto di personaggi dell’opposizione. Nel 2018, in una delle sue poche uscite in pubblico prima della rivolta di Wagner, fu lo stesso Zolotov a minacciare Alexei Navalny, che accusava la sua Guardia Nazionale di corruzione e di complicità nell’omicidio di Boris Nemtsov, promettendo di ridurre il dissidente a «una fettina di carne».

D’altronde la base principale della forza russa, le Truppe interne, si rifà direttamente al passato repressivo zarista. Nel 2011, un opuscolo commemorativo si intitolava: “Custodi della pace e della quiete da 200 anni”, con riferimento alla fondazione delle Guardie interne volute da Alessandro I nel 1811, da cui poi nascerà l’Ochrana zarista, sulle cui ceneri l’Urss formerà la Cheka (poi Gpu, Ogpu e Nkvd), la polizia politica segreta sovietica. “Pace e quiete” è ancora uno slogan ripetuto nelle pubblicazioni della Rosgvardiya. Tutto sta a vedere a chi è garantita.

Esercito di fedelissimi
Basta dare uno sguardo a chi ne fa parte, in particolare i vertici. In questo senso, Zolotov è l’anti-Prigozhin. Se l’ex rapinatore, venditore di hot dog e ristoratore si è fatto strada verso il Cremlino attraverso affari poco chiari e amicizie di alto livello, il capo della Rosgvardiya ha un passato molto più “istituzionale”.

Nato a Leningrado nel 1954, come Putin ha fatto carriera nel Kgb negli anni ’70 e ’80 ma sempre come guardia del corpo. Stesso incarico ricoperto all’inizio degli anni ’90 al servizio dell’allora sindaco di San Pietroburgo, Anatoly Sobchak, che l’attuale presidente russo serviva come vice. Quindi si è dato brevemente al settore privato, finché è tornato al Servizio di sicurezza federale, prima come guardia del corpo del presidente Boris Eltsin e poi di Putin, un incarico ricoperto fino al 2013. Allora fu nominato vicecapo delle Truppe interne, unità che dall’anno successivo guiderà in prima persona, finché nel 2016 non gli verrà affidata la nuova Rosgvardiya.

Insomma è un fedelissimo del leader russo, da cui dipende tutto l’ultimo quarto di secolo della sua carriera, ma senza un impero economico alle spalle. Vale anche per i suoi vice, come Victor Strigunov, un veterano che serve da 40 anni al ministero degli Interni, e Oleg Plokhoy, con un passato di oltre un decennio nei servizi interni del Fsb, guidati proprio da Putin prima di arrivare al Cremlino. È a questi uomini che il presidente russo sembra volersi affidare dopo l’ammutinamento di Wagner.

Obiettivo: militarizzazione
Il primo confronto tra le due organizzazioni avvenne proprio in Ucraina, dove la Rosgvardiya è presente – come detto per il Ponte di Kerch – da ben prima dell’invasione del febbraio 2022 e alle cui porte partecipò anche alla sua prima esercitazione nel luglio 2021, mostrando di possedere già una serie di capacità militari. A differenza dei mercenari di Prigozhin però, l’unità di Zolotov è stata impiegata per lo più come forza di polizia e contro-insurrezione nei territori occupati, arrestando cittadini ucraini, pattugliando le strade e collaborando all’organizzazione dei referendum farsa per l’annessione illegale degli oblast di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Luhansk alla Russia.

Due unità della Rosgvardiya si sono però trovate al fronte durante la controffensiva ucraina del settembre 2022 e non hanno fatto una bella figura. Allora pattugliavano le retrovie nei pressi di Balakliya, nella regione di Kharkiv, quando sono state sopraffatte dall’avanzata delle forze di Kiev, una sconfitta fatta notare sui social dagli uomini di Prigozhin.

Il secondo scontro (mancato) poi è avvenuto in Russia, quando il 24 giugno scorso Wagner ha tentato di raggiungere Mosca prima di fermarsi a qualche centinaio di chilometri dalla capitale. A protezione della città erano stati schierati proprio gli uomini della Rosgvardiya che, armati alla leggera, avevano disposto una serie di posti di blocco. Difese che poco avrebbero potuto contro le armi pesanti dei veterani di Prigozhin e proprio per questo, subito dopo l’ammutinamento, Zolotov aveva annunciato l’intenzione di armare i suoi con carri armati e missili, ottenuti in meno di un mese.

Non solo: da allora, i media di Stato russi e i canali social vicini alle forze armate si sono concentrati sulla demolizione dell’immagine eroica costruita negli anni da Wagner e sulla celebrazione dei “veri eroi”, come li ha chiamati Putin, dell’esercito e della Rosgvardiya. “Sempre in guardia”, come recita il loro motto.

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