Russia: raddoppiati i guadagni dal business fossile dall’inizio dell’invasione
La Russia ha quasi raddoppiato i propri guadagni dalla vendita di combustibili fossili all’Unione europea durante i due mesi di guerra in Ucraina, traendo un enorme profitto dall’innalzamento dei prezzi nonostante la riduzione dei volumi esportati.
Stando ai dati riportati dal Guardian citando uno studio del Centre for Research on Energy and Clean Air, la Russia ha ricevuto circa 62 miliardi di euro dall’esportazione di petrolio, gas e carbone dall’inizio dell’invasione. L’Ue ha importato circa 44 miliardi di euro di energia negli ultimi due mesi, rispetto ai 140 miliardi spesi in tutto il 2021 – circa 12 miliardi di euro al mese.
I risultati della ricerca dimostrano che la Russia ha continuato a beneficiare dal proprio dominio sulla fornitura energetica all’Europa, con buona pace dei governi che hanno cercato in tutti i modi di impedire al presidente russo Vladimir Putin di utilizzare il petrolio e il gas come arma economica.
La riduzione delle esportazioni dalla Russia causata dalla guerra e dalle sanzioni ha infatti provocato un aumento dei prezzi, già alti per via della ripresa dell’economia globale dalla stretta sulle forniture causata dal Covid, ha infatti permesso a Mosca di mantenere indisturbata il proprio dominio come fonte di gas, mettendo a tutti gli effetti l’Europa in trappola: più aumentano le restrizioni, più si alzano i prezzi.
Per quanto i governi europei si sforzino ammortizzare i ricavi del Cremlino, la maggiorazione dei prezzi richiesto ora dalla Russia per il suo petrolio e il suo gas va di pari passo ai suoi profitti, che entrano quasi direttamente nelle tasche del governo russo attraverso le varie società controllate dallo Stato.