Russia: la giornalista Masha Gessen condannata in contumacia a 8 anni di carcere per aver parlato del massacro di Bucha in Ucraina
Un tribunale di Mosca le vieta anche di svolgere attività giornalistiche in Russia per 4 anni
La giornalista e attivista per i diritti Lgtbqi+ russo-statunitense Maria “Masha” Gessen, da sempre critica nei confronti del presidente Vladimir Putin, è stata condannata oggi in contumacia a scontare otto anni di carcere per aver commentato il massacro di Bucha, avvenuto nel 2022 in Ucraina durante l’occupazione russa della cittadina a nord di Kiev.
“Il tribunale distrettuale di Basmanny della città di Mosca ha stabilito una condanna alla privazione della libertà di otto anni”, si legge in un comunicato del tribunale della capitale russa. Alla giornalista è imposto anche il “divieto di svolgere attività legate all’amministrazione di siti elettronici di informazione e telecomunicazione, compresa Internet, per un periodo di 4 anni”.
Gessen, che vive all’estero, è stata condannata “ai sensi del paragrafo ‘d’ della parte 2 dell’art. 207.3 del Codice Penale della Federazione Russa (Diffusione al pubblico di informazioni consapevolmente false sull’impiego delle Forze Armate della Federazione Russa)”. La giornalista era sotto processo dalla fine dello scorso anno per aver commentato il massacro di Bucha, argomento vietato in Russia, dove Mosca – che respinge da sempre ogni addebito – è accusata di aver ucciso centinaia di civili.
Diversi cittadini russi sono stati condannati a varie pene detentive per aver denunciato il massacro. Nell’aprile scorso, giornalista russo Sergei Mingazov, redattore per l’edizione locale della rivista statunitense Forbes, è stato arrestato con l’accusa di aver diffuso “notizie false sull’esercito basate sull’odio o sull’inimicizia” per aver condiviso su Telegram un post riguardante l’eccidio. A fine 2022 anche l’oppositore russo Ilya Yashin è stato condannato a otto anni e mezzo di carcere per aver denunciato “l’omicidio di civili” nella città ucraina.