Russia, condivide sui social un post su Bucha: arrestato un giornalista di Forbes
Sergei Mingazov è stato arrestato a Khabarovsk con l'accusa di diffusione di notizie false sull'esercito
Il giornalista russo Sergei Mingazov, redattore per l’edizione locale della rivista statunitense Forbes, è stato arrestato con l’accusa di aver diffuso “notizie false sull’esercito basate sull’odio o sull’inimicizia” per aver condiviso su Telegram un post riguardante il massacro di Bucha, avvenuto nel 2022 in Ucraina durante l’occupazione russa della città. L’uomo rischia fino a 15 anni di carcere.
La notizia è stata rivelata all’emittente russa Rbk dall’avvocato di Mingazov, Konstantin Bubon, secondo cui il cronista si trova attualmente in stato di fermo presso un centro di detenzione temporanea a Khabarovsk, nell’estremo oriente russo. Secondo il legale, Mingazov è stato sottoposto a perquisizione e i suoi telefoni e computer, così come quelli di sua moglie e dei suoi figli, sono stati sequestrati.
Bubon ha confermato che il motivo dell’accusa, ai sensi della clausola “d”, parte 2 dell’articolo 207.3 del Codice penale russo, è la condivisione di un post su Bucha sul canale Telegram di Khabarovsk Mingazeta. Domani, sabato 27 aprile, si terrà la prima udienza per decidere sulla custodia cautelare del giornalista russo, che in passato ha collaborato con il quotidiano Vedomosti ed è stato corrispondente dell’agenzia di stampa Tass.
L’articolo 207.3 del Codice penale russo, che punisce la “pubblica diffusione di informazioni consapevolmente false sulle forze armate della Federazione Russa”, prevede condanne fino a 15 anni di reclusione. La norma è stata approvata nel marzo del 2022, un mese dopo l’invasione dell’Ucraina.
All’inizio di aprile dello stesso anno, dopo il ritiro delle truppe di Mosca da Bucha, nel piccolo villaggio situato a nord-ovest di Kiev sono stati rinvenuti almeno 400 corpi di civili nelle strade, nelle case e nelle fosse comuni. Alcuni di loro avevano le mani legate dietro la schiena, vittime di vere e proprie esecuzioni. Da allora l’Ucraina accusa il Cremlino di crimini di guerra mentre Mosca ritiene tali accuse “una provocazione” e vieta la pubblicazione di foto e di ogni riferimento sulla strage.
A metà gennaio, le autorità russe hanno fatto sapere che, in quasi due anni, 136 persone sono finite in tribunale per diffusione di false informazioni sulle forze armate. Tra le più famose figurano l’ex deputato Alexei Gorinov, che sta scontando una pena di 7 anni; l’ex presidente del distretto locale Krasnoselsky di Mosca, Ilya Yashin, condannato a otto anni e mezzo di carcere; e il giornalista Alexander Nevzorov, condannato in contumacia a otto anni di reclusione.