La protesta del gas in Kazakistan si trasforma in una rivolta contro l’oligarchia al potere
L’aumento dei prezzi dell’energia è stata la scintilla che ha scatenato nelle ultime ore una vera e propria rivolta in Kazakistan. Il presidente della repubblica presidenziale – con governo monopartitico – Kassym Jomart Tokayev ha licenziato il governo e imposto il coprifuoco ma, secondo molti analisti internazionali, uno degli attori della crisi in atto è senz’altro l’ex capo di stato, il “padre della nazione” Nursultan Nazarbayev.
Cosa sta succedendo in Kazakistan? Tra i più tradizionali – e fedeli – paesi satellite della Russia di Vladimir Putin? Quali scenari possibili nel paese più vasto tra le repubbliche ex sovietiche, dove un quinto della popolazione è russofona. Il pensiero corre già a quanto visto in Ucraina.
Intanto la cronaca. Il bollettino della notte parla di dodici poliziotti morti a Almaty negli scontri, più di mille sarebbero i feriti nelle manifestazioni contro il regime per i rincari dei prezzi dell’energia. L’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva CSTO, alleanza difensiva creata il 15 maggio 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti CSI (Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan) ha affermato che i disordini “sono dovuti a un intervento dall’estero”. Mentre alle operazioni di repressione dei disordini stanno partecipando soldati di tutti i Paesi dell’alleanza fedele alla Russia. Del resto, lo stesso presidente Kassym-Jomart Tokayev si è rivolto direttamente a Putin annunciando l’avvio di una “operazione antiterrorismo contro i saccheggiatori e i rivoltosi condotta in modo congiunto da forze di sicurezza ed esercito” parlando di “decine di rivoltosi eliminati”.
La missione in Kazakistan dell’Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva CSTO potrebbe “richiedere circa un mese”, ha riferito il vicepresidente della Commissione Difesa della Duma, spiegando che il compito delle truppe sarà “contribuire a neutralizzare gli istigatori della violenza e mettere in sicurezza le infrastrutture strategiche”. La CSTO riferisce che il suo compito principale sarà la protezione degli edifici governativi. Ci crediamo?
Inoltre, sono giunte in Kazakistan le prime truppe russe inviate per “stabilizzare” il Paese in seguito alle rivolte, trasportati per via aerea e il contingente, già atterrato, ha avviato le operazioni.
Il rapido rincaro del prezzo del Gpl aveva fatto scoppiare, martedì scorso, violente rivolte nell’ex repubblica sovietica, l’ufficio del governo kazako ha annunciato di aver reintrodotto per 180 giorni un tetto ai prezzi di benzina, gasolio e gas di petrolio liquefatto. Questi i fatti.
Così la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova: “Una forza collettiva di peacekeeping dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (Csto) è stata inviata in Kazakistan per un periodo limitato al fine di stabilizzare e normalizzare la situazione”.
Il “padre della nazione” Nursultan Nazarbayev
Grande alleato del presidente russo Vladimir Putin, l’81enne Nazarbayev ha governato il Kazakistan per 30 anni. Uscito di scena nel giugno 2019 gli è succeduto il suo delfino Kassym Jomart Tokayev. Tuttora però Nazarbayev mantiene stabilmente il controllo sul Paese come presidente del Consiglio di sicurezza e “Leader della nazione”, ruolo costituzionale che gli consente privilegi unici nel definire politiche interne ed estere, nonché naturalmente l’immunità.
Autocrate tra più i longevi tra i leader dei Paesi del post crollo dell’Urss, Nazarbayev faceva già parte dell’establishment del Kazakistan prima del collasso del blocco sovietico. Figlio di un pastore, poi respinto come studente di chimica ma con studi di ingegneria alle spalle, scalò tutte le tappe della nomenklatura del partito comunista kazako, diventandone segretario nel 1989, dopo aver ricoperto la carica di primo ministro dal 1984. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica assunse la carica di presidente del nuovo Stato e – via via – consolidò la sua influenza durante le elezioni del 1999, 2005, 2011 e 2015, ottenendo sempre altissimi consensi.
Se da un lato gli viene riconosciuto di aver garantito pace e stabilità tra le diverse etnie del gigante centrasiatico e di aver contribuito a modernizzare il Paese, dall’altro è accusato di autoritarismo e di avere sostanzialmente soffocato le opposizioni, tenendo in piedi uno Stato monopartitico del Nur Otan, di cui è il leader.
Di fatto, la figura di Nazarbayev rimane centrale nelle stanze del potere. Sua figlia maggiore, Dariga, è stata eletta presidente del Senato due anni fa. Inoltre, ha anche dato il suo nome alla sfavillante capitale collocata nelle steppe desertiche dell’Asia centrale, Astana, l’emblema della quasi divinizzazione di Nazarbayev.
E L’Europa cosa ha dichiarato circa la rivolta in Kazakistan?
In una nota del portavoce dell’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell si legge: “Invitiamo tutti gli interessati ad agire con responsabilità e moderazione e ad astenersi da azioni che potrebbero portare a un’ulteriore escalation di violenza”. L’Unione europea si aspetta che le proteste rimangano non violente ed evitino qualsiasi incitamento alla violenza e invita inoltre le autorità a rispettare il diritto fondamentale alla protesta pacifica e alla proporzionalità nell’uso della forza nella difesa dei propri legittimi interessi di sicurezza e di sostenere i propri impegni internazionali.
L’Europa insomma, sta seguendo da vicino gli sviluppi, almeno nelle dichiarazioni precisando che “Il Kazakistan è un partner importante per l’Unione europea e contiamo sul fatto che mantenga i suoi impegni, tra cui la libertà di stampa e l’accesso alle informazioni online e offline”. Staremo a vedere.
E mentre si abbattono le statue di poteri trentennali e il paese brucia tra fumi e fiamme a rimetterci sono sempre loro, la parte più debole di chi si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato.