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Home » Esteri

Il nuovo report dell’Onu sul clima è più allarmante di quanto possiate credere

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L’impatto dei cambiamenti climatici sul Pianeta sarà più dirompente e devastante del previsto, le conseguenze si avvertiranno prima di quanto ipotizzato dagli scienziati 20 anni fa, e se non abbassiamo in tempo la temperatura globale miliardi di persone e specie nel mondo non potranno più adattarsi alla nuova vita sulla Terra. 

Lo rivela l’ultimo report ​​dell’Ipcc, l’organismo delle Nazioni Unite che si occupa del cambiamento climatico, basato su anni di ricerca da parte di 207 scienziati in 67 Paesi del mondo. Le conclusioni dello studio “Cambiamento climatico 2022, Impatti, Adattamento, Vulnerabilità” sono così catastrofiche che il segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres ha definito il rapporto “un atlante della sofferenza umana e uno schiacciante atto d’accusa ai fallimenti della leadership climatica”. 

Fallimenti legati innanzitutto agli sforzi ancora troppo deboli dei Paesi nel mantenere bassa la temperatura globale e diversificare le fonti energetiche. “I principali inquinatori del mondo sono colpevoli dell’incendio doloso della nostra unica casa”, ha osservato ancora Guterres. “Gli eventi attuali ci hanno dimostrato che siamo troppo dipendenti dai combustibili fossili”, ha aggiunto. Ma il ritardo d’intervento significa “morte”: morte legata alla malnutrizione, al caldo estremo, agli eventi catastrofici e all’inquinamento.

Il primo allarme lanciato dagli scienziati dell’Ipcc riguarda l’aumento della temperatura del Pianeta, che secondo le stime ha già superato i livelli pre-industriali di 1,1 gradi. E con le emissioni attuali di gas serra la soglia critica di 1,5 gradi potrebbe essere presto superata: un punto di non ritorno con conseguenze irreversibili, a cui la popolazione non potrà più adattarsi. Il rapporto evidenza infatti che se fino a questo momento gli interventi dell’uomo per far fronte all’innalzamento dei mari o resistere a condizioni metereologiche estreme hanno attenuato l’impatto della crisi climatica, tra vent’anni questi interventi risulteranno insostenibili e inadatti a mitigare le conseguenze dei disastri ambientali. 

Le emissioni di gas serra incontrollate porteranno a un ulteriore innalzamento del livello dei mari, un fenomeno che potrebbe inghiottire piccole nazioni insulari e travolgere anche le Regioni costiere più ricche del mondo. Le barriere coralline potrebbero sparire e gli insetti portatori di epidemie proliferare. ​​E l’impatto sulla popolazione sarà il più disastroso, perché oltre 3 miliardi di persone vivono in luoghi del Pianeta già esposti al rischio di eventi catastrofici, un rischio che aumenterà oltre la capacità dell’uomo di difendersi se la temperatura raggiungerà il punto critico. 

Non solo: 3 miliardi di persone soffriranno di siccità cronica a temperature globali più elevate. Nella prospettiva di un aumento di 2 gradi, che gli scienziati prevedono si dovrebbe raggiungere entro la metà del secolo, la scarsità idrica riguarderà il 54 per cento della popolazione. Se la temperatura aumentasse invece di 3 gradi, l’aridità del suolo risulterebbe del 40 per cento superiore rispetto a un innalzamento di 1,5, mettendo un’enorme pressione sulla produzione alimentare e aumentando le già gravi sfide mondiali in materia di sicurezza alimentare, osserva il rapporto.

Ma le prime avvisaglie di un disastro idrico sono già visibili in alcune zone del mondo: gli Stati Uniti occidentali, fa notare lo studio, si stanno già preparando a una crisi idrica, perché la siccità pluriennale ha prosciugato i bacini e portato a una scarsità senza precedenti. Il livello del più grande bacino idrico del Paese, il lago Mead, è precipitato ai minimi storici negli ultimi mesi, minacciando il sostentamento di decine di milioni di persone. 

Eppure saranno le popolazioni più povere e vulnerabili del Pianeta a subire le conseguenze peggiori dei cambiamenti climatici, quelle cioè che hanno contribuito meno all’inquinamento della Terra nell’ultimo secolo. Un altro elemento che gli autori del rapporto mettono in evidenza riguarda proprio l’ingiustizia climatica, il fatto che i Paesi che hanno emesso quantità minori di gas serra nell’ultimo secolo, principalmente quelli del Sud del mondo e dei territori insulari, tendono a essere i più danneggiati dai rischi climatici. 

“Viviamo in un mondo diseguale”, ha osservato Galileus Web Eric Chu, autore del rapporto e scienziato dell’Università della California. “Le perdite sono distribuite in modo iniquo tra le comunità, a soffrire saranno quelle storicamente svantaggiate dal processo decisionale”, ha detto alla Cnn. Le popolazioni che rischiano di perdere la terra, l’acqua e la biodiversità saranno proprio quelle indigene, che dipendono più di altre dai sistemi naturali per l’approvvigionamento di cibo e risorse e saranno costrette ad emigrare, rendendo più vulnerabili anche altre aree del Pianeta.

Al mondo resta una speranza: quella di raggiungere uno scenario in cui le emissioni di gas serra siano ridotte a zero entro il 2050, rinunciare al carbone e agli altri combustibili fossili in modo definitivo e, nel frattempo, investire nell’adattamento per far fronte ai cambiamenti climatici che sono già davanti ai nostri occhi. L’unico modo per scansare la catastrofe. 



                    
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