Omicidio Regeni, ministro egiziano: “Poteva accadere a chiunque”
Parole che fanno discutere quelle del ministro egiziano in merito all’omicidio del ricercatore italiano, Giulio Regeni.
In un consesso internazionale, il rappresentante del governo egiziano ha avanzato l’ipotesi che il giovane sia stato torturato e ucciso in un caso di criminalità.
A riportare la notizia è stato il sito Al Bawaba, che sintetizza le dichiarazioni fatte dal ministro del Lavoro egiziano Mohamed Saafan nel corso della 108/a sessione della Conferenza internazionale del Lavoro in corso a Ginevra.
“In risposta a quanto evocato da alcuni” partecipanti alla conferenza “a proposito dell’omicidio dell’accademico italiano Regeni, il ministro del Lavoro ha detto che questo caso è di natura criminale” e “deve essere trattato attraverso la Procura generale egiziana e la sua omologa italiana”, si legge sul sito.
Saafan “ha sottolineato che si tratta di un omicidio ordinario che sarebbe potuto accadere in qualsiasi Stato, come gli omicidi di egiziani in Italia o quelli di qualsiasi altra persona di qualsiasi altra nazionalità”.
Una versione ben diversa da quella rilasciata mesi prima da un funzionario dell’intelligence egiziana, che ha raccontato di aver preso parte al sequestro del giovane ricercatore italiano ucciso al Cairo in circostanze misteriose nel gennaio 2016.
“Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io stesso l’ho colpito più volte al volto”, avrebbe riferito l’agente a un collega straniero nel corso di una riunione di poliziotti africani avvenuta nell’estate 2017.
La testimonianza è stata considerata attendibile da procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e dal sostituto Sergio Colaiocco che nei mesi passati hanno inoltrato al Cairo una nuova rogatoria “in cui chiedono informazioni che potrebbero fornire ulteriori riscontri”.
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