Referendum sull’Ue
Il voto sulla data per il referendum sulla permanenza nell'Unione Europea mette in dubbio l’autorità di David Cameron
Il primo ministro David Cameron ha ceduto alle pressioni dei suoi parlamentari e introdurrà oggi un disegno di legge per sancire una data ufficiale per il referendum sull’Unione Europea.
La notizia è in prima pagina sulla maggior parte dei quotidiani inglesi, che riportano come più di cento Tory abbiano messo sotto pressione il primo ministro minacciando di votare contro il programma legislativo delineato dal governo nel discorso della Regina, che non prevedeva date specifiche per il referendum.
Il dibattito sulla questione europea era iniziato a gennaio con l’impegno di Cameron a rivedere la posizione del Regno Unito nell’Ue senza però specificare i dettagli della strategia. Cameron aveva promesso un referendum sull’adesione da indire entro il 2017 che avrebbe dovuto calmare le acque ed accontentare la fazione euroscettica all’interno del suo stesso partito almeno fino alle possime elezioni nel 2015, e allo stesso dare la possibilità al primo ministro di rinegoziare con Bruxelles i termini di adesione all’Unione.
La promessa del referendum sembra però non essere bastata, e Cameron si è trovato una lista sempre più lunga di ‘ribelli’ del suo stesso partito che invocavano la rescissione dei legami con Bruxelles. La questione si è fatta più seria quando anche il ministro della Difesa Philip Hammond e quello dell’Istruzione Michael Gove sono diventati i primi due membri del governo a dichiararsi pubblicamente a favore dell’uscita dall’Ue, andando contro la politica dello stesso Cameron.
La ribellione aveva già raccolto rappresentanti illustri del partito conservatore, dagli ex ministri Michael Portillo e Lord Lamont al sindaco di Londra Boris Johnson, ma era stato l’editoriale sul Times di Lord Lawson, tesoriere nei governi di Margaret Thatcher, a ufficializzare l’euroscetticismo dei Tories, prima era riservato alle retrovie del partito. Dando il suo appoggio all’uscita dall’Ue, Lawson ha evidenziato come la politica europea stia cosi diventando motivo di vero spaccamento del partito conservatore.
Cameron aveva inizialmente risposto ai ministri accusandoli di aver giaà gettato la spugna su un possibile negoziato con l’Ue e in un editoriale sul Wall Street Journal aveva delineato i vantaggi economici di cui il Regno Unito potrebbe beneficiare attraverso il mercato unico europeo. Evidentemente le rassicurazioni non sono bastate.
Il disegno di legge verrà discusso domani, ma Cameron si è mostrato rilassato e ha dichiarato che se dovesse andare al voto non imporrà la linea di partito, dando la possibilità ai suoi ministri di astenersi per evitare potenziali imbarazzi. Secondo le stime infatti i Conservatori a favore del disegno di legge sarebbero tra il 30 e il 50 per cento, troppo pochi nella coalizione di governo con i Liberal Democratici.
Lo sfoggio di forza della fazione euroscettica all’interno del partito metterebbe comunque a dura prova la credibilità e la leadership del primo ministro, che non solo sembra aver perso il controllo sui membri del suo gabinetto, ma anche sulla coalizione di governo. Saranno infatti i Liberal Democratici, alleati di Cameron e fortemente europeisti, i maggiori oppositori del disegno di legge.
Diversi commentatori politici come Philip Webster del Times predicono che Cameron dovrà spostarsi ancora più a destra per tenere in vita le speranze dei Conservatori di vincere alle elezioni nel 2015, soprattutto dopo gli scarsi risultati ottenuti nelle elezioni locali di inizio maggio. La radicalizzazione delle politiche europee – ma anche di quelle energetiche e del welfare – porterebbe però alla rottura definitiva coi Liberal Democratici e quindi alla caduta della coalizione di governo.
Sir Malcolm Rifkind, ex ministro degli Esteri, ha definito lo sfoggio di euroscetticismo dei Conservatori come una “decisione tattica molto sciocca”. La questione, secondo il commentatore politico del Telegraph Christopher Hope, mette infatti il premier in una “posizione impossibile”: se da una parte Cameron dovrà mantenere in piedi la coalizione di governo con i Liberali europeisti, dall’altra si troverà in crescente difficoltà per soddifare l’euroscetticismo sempre più radicato nel suo partito.
Il dibattito di domani sembra quindi essere un punto di svolta per i Conservatori. “Tutti i voti a favore non faranno altro che dividere il partito e mettere in dubbio l’autorità del primo ministro, aiutando involontariamente le prospettive dei Laburisti alle prossime elezioni”, sostiene Rifkind.