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Home » Esteri

Il governo iracheno vuole che i curdi cancellino il risultato del referendum sull’indipendenza

Immagine di copertina

Il presidente del Kurdistan iracheno ha annunciato la vittoria del “si” al referendum sull'indipendenza, ma il primo ministro iracheno ha detto che non si terranno colloqui sui risultati del voto

Il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha chiesto al governo regionale del Kurdistan di “cancellare” l’esito del referendum per l’indipendenza di lunedì 25 settembre.

La commissione elettorale ha annunciato che il 92 per cento su 3.3 milioni di persone ha votato a favore dell’indipendenza.

Ma il premier iracheno al-Abadi ha detto che non “discuterà mai” il risultato, che ha sancito la vittoria degli indipendentisti, e ha chiesto ai curdi di dialogare “nell’ambito della costituzione”.

Il presidente del governo regionale del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani ha annunciato che la vittoria del “sì” nel referendum sull’indipendenza della regione dall’Iraq.

In un annuncio televisivo, Barzani ha invitato il governo di Baghdad a impegnarsi in un “serio dialogo” con le autorità regionali curde invece di “minacciare la regione con le sanzioni”.

Il presidente del Kurdistan iracheno infatti, nonché capo del partito democratico del Kurdistan (PdK), aveva sempre sostenuto come il referendum non fosse vincolante, ma che il suo scopo fosse conferire alle autorità regionali il mandato di negoziazione con Baghdad e con i paesi vicini su una possibile secessione della regione da Bagdad.

“Potremo affrontare alcune difficoltà, ma le supereremo”, ha detto Barzani nel suo annuncio in tv, invitando le potenze mondiali a “rispettare la volontà di milioni di persone” che hanno votato pacificamente lunedì 25 settembre 2017.

Il governo iracheno aveva però già fatto sapere che non avrebbe tenuto colloqui con il governo regionale del Kurdistan sui risultati del referendum sull’indipendenza della regione. Lo aveva annunciato infatti lo stesso primo ministro iracheno Haider al-Abadi in un discorso trasmesso sulla televisione di stato la notte successiva al voto.

“Non discuteremo né avremo dialoghi sui risultati del referendum, perché esso è incostituzionale”, aveva detto al-Abadi.

L’affluenza al voto è stata pari a circa il 72 per cento secondo la commissione elettorale curda, mentre in precedenza la televisione curda-irachena Rudaw parlava di un 78 per cento di votanti.

Il voto si è svolto in modo pacifico nelle tre province che compongono la regione del Kurdistan iracheno. Si sono verificate scene di festa mentre i seggi chiudevano nella capitale della regione, Ebril, e nella città di Kirkuk, dove era stato imposto un coprifuoco per il timore di proteste.

Il voto 

Il 25 settembre 2017 si sono aperte le consultazioni per il referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno, una regione autonoma del nord dell’Iraq abitata in prevalenza da curdi che ambiscono a separarsi dall’Iraq.

Sono 5,6 milioni i cittadini iracheni di etnia curda che erano chiamati a votare per decidere se dividersi dall’Iraq o restare sotto l’amministrazione di Baghdad.

Il premier iracheno Haider al-Abadi ha ordinato ai servizi di sicurezza di “proteggere i cittadini minacciati e obbligati a restare” nella regione autonoma del Kurdistan.

Il referendum era stato annunciato il 7 giugno scorso da Massoud Barzani, consigliere del presidente della regione autonoma e leader del Partito Democratico del Kurdistan (PDK). Il voto arriva poco prima rispetto al rinnovo del parlamento e all’elezione del presidente del Kurdistan iracheno.

Fin dall’inizio, Baghdad – così come gli stati confinanti con l’Iraq – non ha mostrato l’intenzione di riconoscere questa consultazione: il 18 settembre il primo ministro iracheno Haider al-Abadi aveva formalmente chiesto che il referendum venisse sospeso.

Oltre a questo, Turchia, Iran, Stati Uniti, Regno Unito e Nazioni Unite hanno più volte espresso obiezioni verso l’opportunità di tenere questo referendum e sulla sua legalità: secondo questi stati, tenere adesso un simile voto può creare disordini in un paese impegnato in prima persona nella lotta all’Isis.

Nonostante queste proteste, il referendum sostenuto da Massoud Barzani ha ottenuto l’approvazione e nella giornata di oggi sarà possibile conoscere i risultati di quello che resta un voto legalmente non vincolante.

I curdi infatti sostengono che il voto sia semplicemente un primo passo verso quello che dovrebbe essere un “divorzio amichevole” dall’Iraq.

Non è dello stesso parere il primo ministro di Baghdad, Haider al-Abadi, che durante un discorso televisivo alla nazione ha definito il voto curdo “una decisione unilaterale che va contro la Costituzione e la pace sociale”.

Abadi ha promesso che non permetterà la creazione di uno stato su base etnico-confessionale e ha aggiunto: “Prenderemo le misure necessarie per conservare l’unità del paese”.

Haider al-Abadi ha inoltre invitato altri paesi a non comprare petrolio dalla regione del Kurdistan, una delle sue principali esportazioni. 

Il 23 settembre 200mila cittadini curdi hanno manifestato per le strade di Erbil, principale città curda dell’Iraq, a sostegno di Massoud Barzani. Ma nonostante questa dimostrazione di patriottismo curdo, il processo di indipendenza appare un percorso accidentato.

Barzani ha voluto mostrare un volto moderato, dichiarando di voler “rapporti eccellenti con i paesi vicini”, ma ha anche voluto ribadire la scelta nazionalista. “Andremo avanti, quale che sia il prezzo da pagare, senza cedere a pressioni o minacce. Perché il popolo curdo deve esprimere la sua volontà senza problemi e allo stesso tempo mantenere la sicurezza”.

La chiusura del confine con Iran e Turchia

Intanto, l’Iran e la Turchia hanno annunciato la chiusura dei confini con il Kurdistan iracheno in risposta al referendum.

Per quanto riguarda l’Iran, ad annunciarlo è stato il portavoce del ministero degli Esteri iracheno Bahram Ghasemi, secondo il quale la decisione è stata presa su richiesta del governo iracheno. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Afp, Ghasemi ha definito la votazione “illegale e illegittima”.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato invece la chiusura di Habur, il punto in cui confina con l’Iraq nel sudest del paese, in entrambe le direzioni.

Domenica 24 settembre Teheran aveva annunciato l’interruzione dei voli in partenza e diretti verso il Kurdistan iracheno.

“La repubblica islamica dell’Iran supporta in pieno il governo centrale iracheno”, ha detto il presidente Hassan Rouhani nel corso della notte, dopo essersi consultato con il primo ministro Haidar al-Abadi.

L’Iran teme che il voto incoraggi le istanze dei separatisti curdi che risiedono nel Kurdistan iraniano, e che questo provochi insicurezza sui confini. Le forze di sicurezza iraniane affrontano regolarmente attacchi dai miliziani curdi che risiedono lungo il confine tra i due paesi.

Chi sono i curdi

I curdi sono il quarto gruppo etnico più grande del Medio Oriente.

La comunità curda irachena, stretta nel nord-est del paese, tra Turchia e Iran, confina con zone popolate da altre popolazioni curde. In Iraq i curdi rappresentano circa il 15-20 per cento dei 37 milioni di abitanti e sono in prevalenza musulmani sunniti, ma una piccola parte di questa comunità professa la fede yazida, un antico culto misterico tollerato per secoli dalle autorità islamiche.

I curdi iracheni hanno affrontato decenni di repressione prima di conquistare una loro autonomia regionale nel 1991.

Il Kurdistan iracheno ha visto nella sua storia l’affermarsi di due formazioni partitiche principali: il Partito democratico curdo, diretto oggi dal presidente della regione autonoma in Iraq, Masoud Barzani, e l’Unione patriottica del Kurdistan, legata al clan dell’ex vicepresidente Jalal Talabani.

Ogni paese della regione – Siria, Turchia, Iraq e Iran – ha sempre negato la possibilità di creare uno stato curdo indipendente e la politica di questi governi si è concentrata sulla formazione di alleanze con gruppi politici locali allo scopo di dividere il fronte indipendentista.

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