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Quattro cose da sapere sul referendum in Catalogna

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Perché una parte dei cittadini catalani vuole l'indipendenza dalla Spagna? Qual è la storia della loro regione? Abbiamo risposto qui di seguito a quattro domande sul referendum

Il 9 giugno Carles Puigdemont, presidente della Catalogna, ha dichiarato che il primo ottobre  si terrà nella regione un referendum vincolante e senza quorum per l’indipendenza dalla Spagna. Il promotore della consultazione è la Generalitat de Catalunya, il governo della regione di Barcellona.

Il governo centrale spagnolo è contrario alla votazione e nel corso delle ultime settimane ha provato in più modi a bloccarla. La Corte costituzionale di Madrid ha riconosciuto l’incostituzionalità del referendum, in contrasto con quanto stabilito dalla carta fondamentale sulla indivisibilità della Spagna.

Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha detto che il referendum indetto per il primo ottobre è illegale. Il procuratore generale ha affermato di voler denunciare i membri del parlamento catalano che non vogliono rispettare la decisione della Corte.

I legislatori catalani sono disposti a farsi arrestare pur di permettere ai cittadini di decidere sul futuro della regione che, secondo il quesito che dovrebbe essere posto, in caso di vittoria del sì diventerebbe “uno stato indipendente sotto forma di repubblica”.

Il 20 settembre la Guardia Civil ha fatto irruzione in alcuni uffici del governo regionale e ha arrestato 14 alti funzionari catalani impegnati nell’organizzazione del referendum.

Nelle ultime settimane ci sono state diverse manifestazioni dei sostenitori del sì nelle città catalane. Gli indipendentisti reclamano il loro diritto al voto e accusano Madrid di atteggiamento autoritario.

Perché una parte dei cittadini catalani vuole l’indipendenza dalla Spagna? Qual è la storia della loro regione? Abbiamo risposto qui di seguito a quattro domande comuni:

Cos’è la Catalogna?

La Catalogna è una comunità autonoma spagnola che si trova nel nord-est della penisola iberica. Il governo regionale si chiama Generalitat de Catalunya ed è composto da un parlamento, un consiglio esecutivo e un presidente. Dall’anno scorso quest’ultima carica è ricoperta dall’indipendentista Carles Puigdemont. La sede della Generalitat si trova nella capitale catalana, Barcellona.

Gli abitanti della regione parlano il catalano, una lingua che ha poco in comune con quella ufficiale spagnola. Il suo utilizzo fu vietato sotto la dittatura di Francisco Franco. Anche arte, cultura, letteratura e costumi tradizionali catalani sono profondamente diversi rispetto a quelli nazionali. Nonostante le differenze sempre esistite, i primi partiti indipendentisti moderni hanno fatto la loro comparsa solo nel secolo scorso.

La Catalogna è ufficialmente una comunità autonoma spagnola dal 1979, anno di introduzione dello statuto regionale. La nuova versione firmata nel 2006, che riconosceva ulteriori poteri e autonomie, è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale quattro anni dopo.

Perché i catalani vogliono l’indipendenza?

Uno dei motivi principali è sicuramente quello economico. Gli indipendentisti catalani hanno visto il loro seguito aumentare in maniera considerevole dopo la crisi che ha colpito la Spagna e gli altri paesi europei circa dieci anni fa.

Tra i punti forti del loro programma politico c’è l’autonomia fiscale: i catalani credono di versare troppe tasse a Madrid e non ricevere abbastanza indietro. Più libertà nella gestione delle finanze catalane, secondo i sostenitori del sì al referendum, potrebbe voler dire più risorse a disposizione per la regione, una delle più ricche e produttive di tutta la Spagna.

Potrebbe vincere il sì al referendum?

In base ai dati raccolti da un sondaggio commissionato a luglio dalla Generalitat de Catalunya, il 49 per cento dei catalani sarebbe contrario all’indipendenza e il 41 a favore. Numeri poco confortanti per i promotori del referendum anche se, nella precedente consultazione informale del 2014, circa l’80 per cento dei votanti si era espressa favorevolmente sulla nascita di una Catalogna totalmente indipendente da Madrid.

L’affluenza al voto del referendum di tre anni fa, anch’esso bocciato dalla Corte costituzionale, era però stata bassa: solo il 35,9 per cento, poco più di due milioni di persone sui circa cinque milioni e mezzo aventi diritto.

Cosa potrebbe succedere dopo il primo ottobre?

Una sentenza della Corte costituzionale spagnola ha riconosciuto l’incostituzionalità del referendum promosso dalla Generalitat de Catalunya. L’indipendenza della Catalogna sarebbe un atto contrario alla costituzione, che prevede l’indivisibilità dello stato spagnolo.

Tuttavia il governo catalano vuole comunque andare al voto, che a questo punto avrebbe valore nullo proprio come quello del 2014. Gli indipendentisti, però, potrebbero accettare di riaprire una trattativa con il governo e con i principali partiti politici, tutti contrari alla secessione, riguardo l’introduzione di maggiori autonomie per la Catalogna.

Considerando l’ondata di arresti degli ultimi giorni, però, sembra difficile che un riavvicinamento tra le due parti possa esserci in tempi brevi.

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