Gaza, sale il numero dei morti: 27 palestinesi e 4 israeliani
A partire dalla serata di sabato 4 maggio nella Striscia di Gaza è iniziata una nuova escalation di violenze tra i militanti di Hamas e Israele che si è conclusa solo nella notte tra il 5 e il 6 maggio con la firma di un cessate il fuoco.
Agli oltre 400 i razzi sparati da Gaza lo stato ebraico ha risposto con raid aerei e con un’offensiva di carri armati, che ha conosciuto una intensificazione nella mattina di domenica 5 maggio.
Il bilancio provvisorio dei morti conta quattro israeliani e 27 palestinesi, oltre a decine di feriti. Secondo fonti mediche 9 morti appartengono a gruppi armati, ma ci sono anche 2 donne incinte e 3 minori.
Nella mattina del 5 maggio le autorità locali di Gaza avevano denunciato la morte di una bambina di 14 mesi e della madre in stato di gravidanza.
Sul fronte israeliano le quattro vittime sono state registrate ad Ashkelon, città a pochi chilometri dal confine, e a Hasdod: hanno perso la vita un 58enne che si trovava vicino alla propria abitazione, un manovale che lavorava in una fabbrica centrata da un razzo, una donna che era a bordo della sua automobile nei pressi di un kibbutz e un uomo di 35 anni.
Israele ha anche chiuso i confini con Gaza all’altezza di Eretz e Kerem Shalom.
L’escalation – Al confine tra Israele e Gaza proseguono da oltre un anno le manifestazioni dei cittadini dell’enclave palestinese per chiedere la fine del blocco totale imposto sulla Striscia dallo stato ebraico e dall’Egitto e che hanno reso la vita dei gazawi impossibile.
È in questo contesto che si inserisce l’episodio che ha fatto scattare la nuova escalation di violenze tra le due parti: la tensione infatti è esplosa dopo che venerdì due soldati israeliani sono stati feriti da un cecchino appostato sul confine.
Una mossa a cui lo stato ebraico ha risposto attaccando la Striscia e uccidendo quattro palestinesi, tra cui due militanti di Hamas.
Fonti della difesa israeliana hanno riferito che nel botta e risposta di sabato notte sono stati colpiti 60 gli obiettivi sia di Hamas sia della Jihad islamica.
Neonata uccisa – Secondo il ministero della Sanità di Gaza, nei raid, oltre a una quarantina di feriti, sono morti almeno 27 palestinesi, tra i quali una bambina di 14 mesi e la madre 37enne incinta, ma Israele smentisce.
“La neonata e la donna palestinese incinta che hanno perso la vita ieri non sono state uccise in attacchi israeliani ma da armi difettose di Hamas o Jihad islamica”, sostiene il portavoce militare israeliano Jonathan Conricus, secondo cui gli edifici civili colpiti dalla reazione israeliana rappresentavano obiettivi legittimi “perché al loro interno si svolgevano attività militari”.
Nella mattinata di domenica 5 maggio si è tenuta una riunione del Governo israeliano per esaminare la situazione. Subito dopo il premier Benyamin Netanyahu ha presieduto una riunione del Consiglio di difesa.
Le reazioni internazionali – Da Washington il Dipartimento di Stato è intervenuto sottolineando “il diritto alla auto difesa di Israele dopo gli attacchi missilistici”, mentre il portavoce della presidenza della Turchia, Fahrettin Altun, ha espresso “condanna” per l’azione dello Stato ebraico che avrebbe colpito anche una sede dell’agenzia di stampa turca Anadolu. “Chiediamo a tutti i governi che sostengono di difendere la libertà di stampa di unirsi a noi nella condanna del bombardamento”.
Dall’Italia il vicepremier leghista Matteo Salvini ha manifestato solidarietà a Israele. “Durissimo attacco missilistico contro Israele, tutta la mia solidarietà al Primo ministro Netanyahu e al popolo israeliano”, scrive su Twitter Salvini.
Il blocco contro Gaza – La vita nella Striscia di Gaza è resa sempre più invivibile dal blocco totale imposto da Israele e dal vicino Egitto, che non permette alle merci di entrare né agli abitanti dell’enclave di uscire.
A fine marzo era stato raggiunto un cessate il fuoco tra Hamas e Israele in cambio di un allentamento della pressione israeliana sulla Striscia: gli accordi prevedevano l’espansione delle zona di pesca al largo delle coste di Gaza, l’aumento delle importazioni e l’entrata dei fondi del Qatar.
Israele però non ha mai implementato le riforme promesse e continuato a rimandare l’espansione delle zona di pesca.