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Home » Esteri

Da musulmana praticante a ribelle. Storia di Esraa, che ora si nasconde dalla polizia egiziana

Immagine di copertina
Una studentessa egiziana durante una protesta in Egitto. Credit: MARCO LONGARI

Esraa era tra i ragazzi che hanno sventolato una bandiera Lgbt durante un concerto al Cairo. Sette di loro sono stati arrestati e lei ora si nasconde dall'autorità. La sua storia:

Esraa è una ragazza egiziana che ha deciso di sfidare l’estremismo religioso, le tradizioni e costumi in Egitto.

Come ha raccontato in un’intervista rilasciata a The New York Times, durante il liceo era una ragazza molto praticante e religiosa. Indossava il velo e come i suoi genitori sosteneva il partito conservatore dei Fratelli musulmani. 

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“Da piccola vedevo tutto come un peccato. Per me ascoltare la musica, ballare e anche parlare con gli uomini era peccato”.

Con l’inizio degli studi universitari, Esraa ha iniziato a partecipare ai movimenti studenteschi e di attivisti contro il regime egiziano. 

È durante questo periodo che è avvenuto un cambiamento nella sua mentalità: Esraa ha iniziato a ribellarsi alle regole imposte dalla società e dall’estremismo religioso, che riteneva ingiuste.

Una delle decisioni prese in quel periodo fu quello di togliersi il velo islamico che indossava sin da piccola. 

A spingerla verso questa scelta sono state le ripetute violenze che subiva da parte dei componenti della sua famiglia.

All’età di 14 anni Esraa è stata sottoposta dalla madre a un’operazione di mutilazione degli organi genitali. Il fratello maggiore la teneva invece sotto controllo impedendole di poter uscire o parlare con gli uomini. Al New York Times la madre di Esraa ha spiegato che era necessario eseguire quell’operazione per “preservare la sua purezza e il suo onore”, mentre il fratello ha detto che in quanto fratello maggiore aveva il diritto di prendere le decisioni sulla vita di Esraa. 

Dopo una lite con il fratello maggiore in cui è stata picchiata brutalmente in ogni parte del corpo, Esraa ha deciso di ribellarsi all’obbligo del velo.

“Mi sono alzata e gli ho detto che poteva continuare a picchiarmi ma che il velo non me lo sarei mai più rimesso in vita mia. Dopo l’accaduto ho iniziato a chiedermi che cosa ci fosse di sbagliato in me e ho capito che di sbagliato c’era il velo”, ha spiegato Esraa.

Per una donna musulmana, togliersi il velo in una società come quella egiziana comporta molte critiche. Il velo islamico è infatti un simbolo che lega tradizione, cultura, ideologia, sacrificio e identità. Toglierlo significa cambiare definitivamente stile di vita.

Con l’inasprirsi delle relazioni in famiglia, Esraa ha deciso di fare un altro atto di ribellione, andando a vivere da sola insieme un’amica e a due ragazzi, lontano dalla casa in cui è nata e cresciuta. Dopo un’estenuante ricerca, a causa dei ripetuti rifiuti da parte dei proprietari degli appartamenti che non volevano affittare la casa a coppie non spostate, è riuscita a trovare un appartamento da condividere con altri inquilini.  

“In Egitto è inaccettabile che una ragazza non sposata vada a vivere da sola insieme a dei ragazzi con cui non ha nessun legame di parentela. Ma ho bisogno dei miei spazi e di un luogo dove poter esprimere liberamente le mie idee. Una donna che decide di andare a vivere lontana dalla propria famiglia è considerata come una prostituta secondo la società egiziana, ma non mi importa”, ha raccontato Esraa.

“Potrebbero arrestarci solo perché siamo un gruppo di ragazzi e ragazze che vivono insieme. Anche se non facciamo niente di sbagliato. La società è ossessionata dal sesso. Se un ragazzo e una ragazza vivono insieme, collegano la convivenza immediatamente al sesso fuori dal matrimonio e alle orge”, ha spiegato Esraa al New York Times

Dopo il suo trasferimento nel nuovo appartamento con i suoi coinquilini, Esraa ha iniziato a lavorare insieme ad un’organizzazione che si occupa di diritti umani. L’organizzazione con cui collaborava Esraa si interessava in modo particolare ai diritti violati degli attivisti perseguitati dal regime egiziano.

Durante l’intervista rilasciata al quotidiano statunitense, Esraa ha criticato aspramente la politica del regime egiziano. Secondo lei, il governo viola sistematicamente i diritti dei propri cittadini sia a livello politico che culturale.

Ritiene infatti che il maschilismo degli uomini egiziani sia dovuto alle varie dittature che si sono susseguite nel corso degli anni in Egitto che non hanno permesso al popolo egiziano di svilupparsi sia a livello culturale e intellettuale.

La strada intrapresa da Esraa verso l’indipendenza e la libertà si è interrotta a causa di un evento che in Egitto ha interessato molto l’opinione pubblica. Il 22 settembre sette persone sono state arrestate per aver sventolato la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Lgbt, durante il concerto della band libanese Mashru’ Leila, il cui cantante è un gay dichiarato.

Esraa era insieme a loro, anche lei ha alzato quella bandiera, ma la polizia non è riuscita ad arrestarla.

All’indomani del concerto, la polizia egiziana ha individuato chi ha sventolato la bandiera. Le forze dell’ordine si sono recate anche nell’abitazione della famiglia di Esraa, per interrogarla, ma lei non era in casa e non vi ha fatto ritorno da allora.

Esraa non vive più nell’appartamento che aveva condiviso con i suoi colleghi e amici. Ha chiuso il suo account Facebook, ha lasciato il lavoro e ha cambiato numero per non essere intercettata.

Si nasconde dalle forze dell’ordine. Contro di lei non c’è un’accusa ufficiale, ma gli arrestati sono stati accusati di “incitamento alla dissolutezza” e rischiano anni di carcere.

Ma Esraa non è pentita: “Non ho rimpianti”, dice. “Non ho paura delle persone, della mia famiglia e nemmeno di mio fratello. Non ho fatto niente di sbagliato”.

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