Quentin Tarantino è femminista?
Le protagoniste dei film del regista non vengono risparmiate nelle scene di violenza, ma alla fine risultano vincitrici. Un video mostra le sue donne senza paura
La rappresentazione della violenza nei film non sembra avere differenza di sesso per Quentin Tarantino. Il regista statunitense, famoso per aver inventato un genere cinematografico, non ha mai pensato a dei ruoli che fossero esclusivamente femminili, anche nelle vicende più crude.
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In questo video di Philip Brubaker, si fa un viaggio tra i personaggi femminili delle principali pellicole del regista. Le donne di Tarantino sono senza paura e affrontano il rischio proprio come i loro colleghi uomini. Hanno il controllo delle loro vite e sono delle vere guerriere. Esercitano il controllo e dimostrano capacità di comando che spazzano via gli stereotipi.
I personaggi femminili di Tarantino sono oggetto di violenza e questo potrebbe far sorgere dei dubbi riguardo all’empatia del regista con loro. Alcuni, però, sottolineano come in realtà molte delle donne nei suoi film siano quasi invincibili, invulnerabili (come la protagonista del film Kill Bill, Beatrix Kiddo alias Black Mamba) oppure occupino ruoli di vertice (come O-Ren Ishii, donna a capo della criminalità giapponese sempre in Kill Bill).
Anche in film come The Hateful Eight, in cui la debolezza femminile è funzionale allo svolgimento della storia, Daisy è un personaggio forte che riesce a mitigare il contenuto di testosterone molto elevato nel film.
Le donne di Tarantino ridono quasi sempre per ultime. Questo significa che, anche se devono superare molti ostacoli, alla fine risultano vincitrici.
Molte femministe annoverano il regista di Pulp Fiction tra le loro fila. E uno degli esempi usati a sostegno di questa convinzione è la famosa scena del ballo tra Uma Thurman e John Travolta proprio in Pulp Fiction: due personaggi che si divertono in una condizione assolutamente paritaria. Nessuna traccia del tentativo di ridurre la donna a un oggetto sessuale.
Qui sotto il video di Philip Brubaker:
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