Quante bombe nucleari ci sono nel mondo e dove si trovano?
Nove paesi possiedono in totale almeno 15mila armi atomiche. 1.800 di queste sono mantenute in stato di massima allerta dagli Stati Uniti e dalla Russia, pronte per essere lanciate
Il 26 settembre è la Giornata mondiale per la totale eliminazione delle armi nucleari, organizzata dalle Nazioni Unite dal 2014. L’obiettivo di questa iniziativa è sensibilizzare la comunità internazionale sui costi economici e sociali del mantenimento di questi ordigni, oltre che della loro intrinseca natura di minaccia alla pace.
Ma quante sono le armi nucleari nel mondo? Secondo i dati delle Nazioni Unite, sono almeno 15mila, mentre più della metà della popolazione del pianeta vive in un paese che possiede questi armamenti o è membro di un’alleanza militare che ne ha accesso.
Chi possiede queste armi?
Nove paesi del mondo possiedono circa 15mila armi atomiche e, di queste, almeno 1.800 sono in stato di massima allerta dagli Stati Uniti e dalla Russia, pronte per essere lanciate nel giro di pochi minuti.
Questi due paesi, i primi a sviluppare capacità militari atomiche, sono i maggiori detentori di questo tipo di ordigni. Gli altri stati in possesso di armi atomiche sono: Francia, Regno Unito, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord.
Washington possiede tra le 4.000 e le 6.800 testate nucleari. Gli Stati Uniti hanno sviluppato per primi le armi atomiche e sono l’unico paese ad averle usate in guerra.
Mosca invece ha almeno tra le 4.300 e le 7.000 armi nucleari. La Russia è il paese che possiede più ordigni atomici del mondo e negli ultimi anni è impegnata in un programma di ammodernamento del proprio arsenale e dei suoi sistemi di lancio.
La Francia possiede non più di 300 bombe atomiche, la maggior parte delle quali si trovano a bordo di sottomarini dotati di missili balistici intercontinentali M-45 e M-51. Alcune testate possono anche essere sganciate da caccia-bombardieri, come il Dassault Rafale.
Il Regno Unito è la quarta potenza nucleare del mondo in termini di numero di testate possedute, Londra infatti ha 215 testate atomiche.
Il governo britannico mantiene una flotta di quattro sottomarini con capacità nucleari in Scozia, ognuno armato con 16 missili balistici intercontinentali della serie Trident.
La Cina ha un arsenale atomico più piccolo di quelli di Russia e Stati Uniti, nonostante sia l’unico paese, insieme a Washington e Mosca, ad aver completato la triade nucleare.
Questi stati possono infatti lanciare missili dotati di testata nucleare miniaturizzata sia da basi terrestri, che da sottomarini nucleari e posso anche sganciare bombe atomiche da bombardieri strategici.
Pechino al momento non possiede più di 270 testate nucleari.
Un’altra potenza nucleare asiatica è l’India, Nuova Delhi infatti possiede tra le 110 e le 130 armi atomiche. Il paese ha sviluppato il proprio arsenale in aperta violazione degli impegni di non proliferazione nucleare.
Il governo indiano è impegnato da anni nell’aumento non solo della quantità degli ordigni a propria disposizione, ma anche delle proprie capacità di lancio di queste armi.
Anche il Pakistan, il principale paese con cui si confronta l’India, è armato di testate nucleari. Islamabad possiede almeno 120 armi atomiche e non più di 140.
Anche il programma nucleare pakistano è stato portato avanti in violazione del trattato di non proliferazione ed è stato sviluppato in risposta alle capacità atomiche del suo vicino indiano.
Un altro paese asiatico che ha sviluppato ordigni nucleari è la Corea del Nord. Nonostante Pyongyang non permetta agli ispettori internazionali di accedere al paese, si stima che il suo arsenale si componga di non più di otto o 10 testate.
L’ultimo paese presente in questa lista, Israele, non ha mai confermato né negato di avere a disposizione armi nucleari. Secondo stime del Bollettino degli Scienziati atomici, il governo israeliano non può contare su più di 80 armi nucleari.
Secondo l’Associazione per il controllo delle Armi statunitense, il numero di bombe realmente utilizzabili è però minore delle 15mila presenti sul pianeta. Delle settemila testate possedute dalla Russia infatti, non oltre 4.500 sono operative e oltre 2.500 sono in attesa di essere smantellate.
Gli Stati Uniti invece possono fare affidamento solo su poco più di quattromila armi atomiche, rispetto alle 6.800 possedute. Ben 2.800 ordigni statunitensi sono infatti in attesa di essere smantellati.
Mosca e Washington però possono schierare immediatamente oltre 3.100 armi nucleari in totale, di cui 1.800 sono mantenute in stato di massima allerta.
Dove si trovano?
Se nove paesi possiedono bombe nucleari, ce ne sono altri cinque, tutti in Europa, che le ospitano all’interno dei propri confini pur non essendone proprietarie.
Secondo l’accordo di condivisione nucleare della NATO infatti, cinque nazioni europee, Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi, Turchia ospitano basi statunitensi che presentano armi atomiche.
Nel nostro paese sono presenti almeno 70 armi atomiche statunitensi, di cui almeno 20 si trovano nella base bresciana di Ghedi e altre 50 nella base militare statunitense di Aviano.
Almeno 22 paesi poi, come Albania, Australia, Bulgaria, Canada, Croazia, repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Ungheria, Islanda, Giappone, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Corea del Sud e Spagna.
Chi può svilupparle e come?
Per creare un ordigno atomico bisogna soprattutto considerare la quantità di combustile radioattivo a disposizione del paese intenzionato a sviluppare tali armi. Plutonio e uranio altamente arricchito (Heu) infatti sono i materiali essenziali per produrre questi ordigni.
La loro combustione rilascia le enormi quantità di energia necessarie a scatenare le reazioni a catena che rendono le bombe atomiche e le armi termonucleari tanto distruttive.
L’uranio altamente arricchito viene ricavato appunto dall’ “arricchimento” dell’uranio naturale in modo che contenga una percentuale molto più elevata dell’isotopo 235U o uranio 235. L’Heu infatti è una miscela di isotopi di questa sostanza, che differisce dalla sua forma naturale estratta nelle miniere per un contenuto dell’isotopo 235U che va dall’80 al 90 per cento.
In natura l’uranio contiene poco meno dell’1 per cento di 235U. Produrre questo tipo di combustile nucleare è estremamente costoso perché richiede una tecnologia molto avanzata, grandi disponibilità di uranio e centrifughe nucleari per l’arricchimento che sfruttino i materiali di risulta delle centrali atomiche.
Il plutonio è invece ottenuto in maniera più economica, irradiando l’ 238U o uranio 238 con una grande quantità di neutroni, all’interno di un reattore nucleare. Dal risultato di questa procedura è possibile estrarre il plutonio attraverso una tecnica chimica nota nell’industria nucleare civile come “rielaborazione”.
Il Plutonio e l’uranio altamente arricchito sono stati prodotti per la prima volta negli anni Quaranta dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica nell’ambito dei rispettivi programmi di sviluppo nucleare. Da allora sono state prodotte grandi quantità di questi materiali in diversi paesi che hanno intrapreso la strada dello sviluppo di armi atomiche.
Per i loro programmi militari nucleari, la Cina, la Francia, la Russia, il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno prodotto sia uranio altamente arricchito che plutonio. India, Israele e Corea del Nord invece hanno prodotto principalmente plutonio. Il Pakistan invece ha sviluppato le proprie armi usando soprattutto uranio altamente arricchito.
È possibile impedirne la proliferazione?
Il disarmo atomico è stato uno dei primi obiettivi dichiarati dell’Onu, trattato addirittura nella prima risoluzione dell’Assemblea generale del 1946.
Questa politica è stata portata avanti da tutti i Segretari generali delle Nazioni Unite sin dal 1959, quando divenne parte dell’agenda ufficiale dell’Onu. Uno dei più importanti risultati riportati in questo campo fu il Trattato di non proliferazione nucleare, firmato nel 1968 da Stati Uniti, Unione Sovietica e Regno Unito ed entrato in vigore nel 1970.
L’accordo proibisce agli stati che vi aderiscono di sviluppare tali armi o di trasferire la tecnologia necessaria ad altri paesi. Al momento sono 189 le nazioni firmatarie, mentre India, Israele, Pakistan e Sud Sudan non hanno mai aderito al trattato.
La Corea del Nord lo sottoscrisse nel 1985 ma, rifiutandosi di subire ispezioni internazionali riguardo il rispetto degli impegni, si ritirò definitivamente nel 2001.