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Home » Esteri

Il punto sul vertice delle Nazioni Unite riguardo lo sviluppo sostenibile

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Ne parla Carlo Brenner suTPI

Tra venerdì 25 e domenica 27 settembre si è tenuto il vertice delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, iniziato con l’intervento di Papa Francesco e atteso da oltre 150 leader mondiali.

Con questo evento l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato l’agenda per lo sviluppo 2030, che contiene gli obiettivi della comunità internazionale per lo sviluppo mondiale dei prossimi 15 anni.

Un evento descritto da Matteo Renzi come “not just an occasion but the best occasion” – non solo un’occasione, ma la migliore occasione – per la comunità internazionale per affrontare i più importanti temi sullo sviluppo.

Anche il Papa ha parlato della grande importanza dell’agenda evidenziando che alla base dello sviluppo sostenibile ci dev’essere la libertà spirituale e materiale di ciascuno.  

Ma chi veramente si è accorto che un’agenda così importante è stata adottata? Nessun giornale italiano ha dedicato uno spazio all’evento in questi giorni, se non qualche citazione tra le righe di un articolo riguardante il discorso di Papa Francesco all’Onu.    

Provo a fare un po’ di chiarezza. Il 2015 è un anno particolarmente importante per le Nazioni Unite per due motivi.

Prima di tutto, perché si celebra il settantesimo anniversario dell’organizzazione, nata sulle ceneri della seconda Guerra mondiale nel 1945. Oggi, lunedì 28 settembre si aprono i lavori dell’Assemblea generale. Per l’occasione, ogni anno, i leader mondiali si danno appuntamento al Palazzo di vetro a New York. Oggi è il giorno più importante in cui Putin, Obama, Xi Jinping, Hassan Rouhani, François Hollande, Abdel Fattah Al Sisi , Raul Castro e altri capi di stato e di governo indirizzeranno i loro discorsi all’Assemblea generale.

In seconda analisi, perché giunge a termine l’agenda per lo sviluppo dei Millennium Development Goals (MDGs) – gli obiettivi di sviluppo del millennio – e si apre la nuova agenda che durerà fino al 2030.   

Per conciliare questi due eventi gli stati che compongono le Nazioni Unite hanno deciso di sincronizzare il vertice con l’apertura dei lavori dell’Assemblea generale, organizzandoli uno di seguito all’altro.

Evidentemente questo ha creato un po’ di confusione nella diffusione dell’informazione e non ha permesso di mettere sufficientemente in evidenza l’importanza del vertice sullo sviluppo sostenibile.

Come piccola nota polemica aggiungerei che in Italia tendiamo sempre a vedere l’Onu come un’organizzazione avvolta da un velo di sacralità per cui la sola sigla Onu molto spesso basta a chiarire qualsiasi dubbio e, anche, a legittimare qualsiasi intervento militare che la parola Italia non può sostenere. In questi giorni, ancora una volta, l’operato reale dell’Onu rimane nascosto dietro l’opacità della vetrina data dal suo nome. Cerchiamo dunque di vedervi oltre.

Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile  

È la nuova agenda sullo sviluppo sostenibile composta da 17 Sustainable Development Goals (SDGs) – 17 obiettivi sostenibili – e 169 target che dovranno essere raggiunti entro il 2030. Durante il vertice del 25-27 settembre gli stati membri sono stati chiamati ad adottarla con il documento “Trasformare il nostro mondo: l’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile“.  

Quest’agenda sostituisce quella precedente dei Millennium Development Goals (MDGs). Gli MDGs erano otto obiettivi di sviluppo decisi dalla comunità internazionale nel 2000 che dovevano essere portati a termine entro il 2015. Al cuore dell’agenda vi era l’obiettivo di ridurre il numero di persone costrette a vivere in condizione di povertà estrema, com’è definita quella di chi vive con meno di 1,25 dollari al giorno. Per alcuni versi gli MDGs sono stati un successo. Si calcola, infatti, che nei 15 anni dei MDGs un miliardo di persone sia uscito da questa condizione.

Tra gli altri obiettivi c’era la riduzione della mortalità infantile e la lotta all’AIDS, il miglioramento della salute materna, l’aumento del numero di bambini che potevano avere accesso all’educazione e la sostenibilità ambientale. Questi obiettivi erano coronati dall’ultimo, il numero otto, che richiedeva un partenariato globale per lo sviluppo, chiedendo ai Paesi sviluppati di contribuire con lo 0,7 del loro reddito nazionale lordo (RNL) allo sviluppo dei Paesi in via di sviluppo (PVS). Molti Paesi del Nord Europa sono all’avanguardia in queste donazioni, chiamate Official Development Assistance (ODA), mentre noi italiani siamo ancora un po’ indietro: 3,3 miliardi di dollari nel 2014, ovvero lo 0,16% del nostro RNL.    

La nuova agenda 2030, i cui obiettivi si chiamano Sustainable Development Goals (SDGs,) si propone di proseguire il lavoro iniziato con gli MDGs nel 2000 e portare a termine quelli che sono rimasti in sospeso. La nuova agenda dovrebbe essere anche molto più efficace di quella precedente per un motivo in particolare: mentre gli MDGs erano stati imposti dall’alto, da un intesa raggiunta dal Fondo Monetario Internazionale, dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), dalla Banca Mondiale e dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, gli SDGs sono nati da lunghe e intense negoziazioni portate avanti dagli stati membri stessi, con il contributo della società civile. Sono quindi gli stati stessi a decidere, trovando un compromesso, in cosa si vogliono impegnare invece che lasciarlo decidere alle grigie istituzioni internazionali. Questo dovrebbe lasciare meno possibilità di scampo a quei governi che non avessero intenzione di adempiere agli impegni presi.  

La parola d’ordine dell’agenda per lo sviluppo sostenibile è “leave no-one behind” – non lasciarsi nessuno alle spalle -, messaggio che sarà sicuramente piaciuto a Papa Francesco, che ha più volte sottolineato l’importanza del diritto all’esistenza.  

Gli SDGs 

Tra i 17 SDGs troviamo sempre al primo posto quello dell’eradicazione della povertà. Ancora oggi, infatti, un miliardo di persone vive con meno di 1,25 dollari al giorno, soprattutto nell’Africa subsahariana e in Asia.

Negli gli altri obiettivi, come il numero 5, sono presentati principi fondamentali come il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e l’empowerment, il processo di crescita, delle donne.

Quest’obbiettivo è stato uno dei più discussi a causa delle diverse, e molto spesso inconciliabili, visioni della donna tra stati diversi come l’Iran, l’Arabia Saudita e Nigeria e la visione occidentale.

Molto discusso è stato anche l’obiettivo 16 sulla promozione di società giuste, pacifiche e inclusive. Dietro questa discussione si celava un grande dibattito tra filosofie completamente diverse. L’occidente voleva imporre la sua idea di stato di diritto, nata negli ultimi tre secoli dal dibattito filosofico politico, che poco si adatta a contesti e tradizioni differenti dalla nostra come possono essere quelle russe o cinesi. La Russia e la Cina sono grandi avversari di qualsivoglia visione di questo tipo. L’imposizione dell’idea di stato di diritto era vista da questi Stati come un’intromissione occidentale nei loro affari interni. Nel caso russo, l’argomento era particolarmente delicato anche in seguito all’intervento in Crimea, condannato in coro da tutti i Paesi occidentali.  La discussione su questo SDG si è risolta quando l’Occidente ha accettato di togliere la parola “stato di diritto”  dal titolo del sedicesimo obiettivo.

Obiettivo molto importante per l’Italia è quello sulla ”fame zero”, il secondo, essendo l’alimentazione del pianeta il tema centrale di EXPO 2015. In questo obiettivo, la comunità internazionale si propone di porre fine a tutte le forme di malnutrizione, a raddoppiare la produttività agricola e il reddito dei produttori di cibo su piccola scala, in particolare delle donne, dei popoli indigeni, delle famiglie di agricoltori, dei pastori e dei pescatori, anche attraverso un accesso sicuro ai terreni e alle risorse agricole. 

Scorrendo la lista degi SDGs troviamo anche quelli dedicati all’accesso universale all’energia sostenibile; al sostegno alle infrastrutture e all’innovazione; alla promozione di modelli di consumo e di produzione sostenibili; all’adozione di misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e promuovere un uso sostenibile degli oceani, dei mari e delle risorse marine, al contrasto della desertificazione, al degrado dei suoli e alla perdita della biodiversità, oltre al sostegno ad un rinnovato partenariato per lo sviluppo. Quest’ultimo obiettivo, il 17, come vedremo tra poco è uno dei più rilevanti.   

Futuro 

Come alcuni leader e rappresentanti della società civile hanno sottolineato, in particolare il segretario generale di Amnesty International, è importante che quest’agenda non sia l’ennesima iniziativa delle Nazioni Unite a rimanere lettera morta.

Persistono, insomma, i soliti grandi problemi della politica internazionale: come si può garantire il rispetto delle regole? Come fare in modo che gli stati membri mantengano le loro promesse?

Per questo sono stati presi in esame diversi meccanismi di monitoraggio che permetterebbero di controllare l’implementazione degli SDGs. Nell’agenda precedente la verifica dei progressi fatti avveniva tramite controlli periodici volontari e che un Paese imponeva a se stesso, e venivano effettuati da organi governativi. Visto che uno Stato poteva decidere o meno se sottomettersi al controllo, che comunque avrebbe effettuato tramite organi interni, lo strumento di monitoraggio applicato non era efficace. Questa è stata sicuramente una delle cause dei lenti, o in alcuni casi inesistenti, progressi raggiunti. 

Per la nuova agenda un grande numero di Paesi sta insistendo perché venga istituito un meccanismo di monitoraggio annuale nel quale possa avere un ruolo anche la società civile. Per il futuro le idee sul tavolo comprendono l’imposizione di controlli da parte di un apposito Forum delle Nazioni Unite che richiederà la presentazione parallela di rapporti da parte dello stato sottoposto ad indagine ma anche di organizzazioni della società civile operanti sul luogo. 

Nella prossima agenda per lo sviluppo, avrà un ruolo di primo piano il diciassettesimo obiettivo, quello sul partenariato globale allo sviluppo. In questo è manifesta l’intenzione di trovare sempre più sinergie tra il settore pubblico e privato.

Nel mondo in cui viviamo oggi, gli stati, sia quelli a base sociale come quelli europei, che i PVS, non sono più in grado di rispondere alle molteplici richieste provenienti da un mondo in continua crescita demografica.

Servizi essenziali come i trasporti, la sanità, l’educazione, dovranno poter contare sempre di più sul contributo del settore privato che sarà chiamato a svolgere il suo ruolo nel sociale, alla ricerca di quelle condizioni che possano portare un vantaggio sia a se stesso che al Paese nel quale operano: le cosiddette situazioni win-win.  

Nel campo dello sviluppo un altro appuntamento di grande importanza sarà la Conferenza sul clima di Parigi, a dicembre, che si propone di raggiungere un accordo universale, vincolante per le parti, con lo scopo di mantenere il riscaldamento globale sotto i due gradi Celsius, rispetto ai livelli preindustriali.  

Questi eventi vanno considerati come appuntamenti diversi di un unico percorso: quello nella direzione di uno sviluppo sostenibile mondiale. Per questo è importante che anche in Italia le informazioni su come il mondo sta affrontando le problematiche connesse allo sviluppo siano diffuse in modo esaustivo. D’altra parte il mondo in cui viviamo è la casa di tutti noi.

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