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Proteste e riforme della scuola

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In Messico la nuova riforma scolastica viene contestata dagli studenti, tra proteste e occupazioni

Si ispirano all’anarchico italiano Enrico Malatesta i 15 studenti che lo scorso 19 aprile hanno preso possesso della rettoria dell’Unam (Universidad Nacional Autonoma de México), il più prestigioso istituto universitario messicano.

Di loro non si sa molto: si mostrano solo a volto coperto (cosa che ha valso loro l’appellativo di encapuchados), non rilasciano interviste e comunicano quasi esclusivamente attraverso il loro canale YouTube. Proprio da lì hanno rivendicato la loro azione: utilizzando il nome di Colectivo Malatesta e identificandosi come studenti provenienti dal liceo di Naucalpan (una provincia a ovest della capitale) hanno chiesto il ritiro della riforma educativa in corso di approvazione da parte dei vertici dell’istituzione universitaria. In Messico, infatti, l’educazione superiore è spesso a appannaggio degli stessi istituti universitari, che amministrano i cosiddetti Cch (Colegios de Ciencias y Humanidades) e che godono di grande autonomia.

La riforma educativa, conosciuta come reforma de los 12 puntos, prevede la riformulazione degli orari di lezione e delle materie impartite. I punti più criticati hanno a che vedere con l’inserimento dell’insegnamento obbligatorio dell’inglese per tutti e tre anni della preparatoria (corrispondente agli ultimi tre anni di scuola), l’aggiunta del francese come seconda lingua a scelta e l’accorciamento degli orari di lezione per consentire l’aggiunta di nuove materie.

Questa riforma è stata accolta da una parte degli studenti come una forzatura e una mossa da parte della presidenza nella direzione di una scuola più elitaria, dove la possibilità di scelta dello studente è fortemente limitata e si guarda prevalentemente agli interessi aziendali.

La recente occupazione è solo l’ultimo episodio in ordine di tempo di una protesta che dal mese di febbraio vede un continuo aumento dei livelli di intensità e che ha il suo focolare proprio all’interno del Cch di Naucalpan, da cui dicono provenire gli encapuchados.

L’1 febbraio ci fu il primo episodio di attacco contro il personale della scuola. In quell’occasione sette dipendenti dell’istituto superiore furono aggrediti dopo aver impedito l’ingresso alle strutture a uno studente in condizioni di ubriachezza e quattro giorni un gruppo di studenti lanciò pietre, petardi e bombe molotov contro l’edificio. Quando accaduto condusse alla detenzione ed espulsione di 10 studenti e alla risposta, il giorno seguente, con una marcia verso la direzione generale dell’istituto. Il gruppo di manifestanti a volto coperto riuscì a prendere possesso con la forza della presidenza e chiese la liberazione e la riammissione degli studenti espulsi. Ci vollero tre giorni per aprire una trattativa con gli occupanti. Due mesi più tardi, nella mattinata del 2 aprile un altro gruppo di incappucciati prese possesso di uffici universitari collocando delle barricate all’ingresso per impedire l’accesso al personale.

L’occupazione del 19 aprile rappresenta il passaggio dello scontro dagli istituti periferici al cuore dell’istituto universitario della capitale messicana. Il rettore, José Narro, ha più volte negato la possibilità circa l’apertura di una trattativa con il gruppo di occupanti finché fosse continuata l’occupazione ma ha nel tempo stesso rifiutato l’intervento delle forse dell’ordine, probabilmente per evitare la radicalizzazione dello scontro.

Jázmin, studentessa all’ultimo anno di Scienze Politiche, è come molti suoi colleghi perplessa da questa azione di violenza. “Il diritto alla protesta e al dissenso è giusto e va difeso, ma gli encapuchados hanno sempre cercato lo scontro e mai la mediazione. Hanno usato la forza senza mai confrontarsi con la comunità degli studenti. Dicono di ispirarsi al ’68 e agli scioperi del ’99, ma in quelle occasioni fu l’intero sistema a mobilitarsi; studenti e funzionari uniti bloccarono tutto per non far passare delle riforme che avrebbero snaturato l’Unam, non ha nulla a che vedere con quello che stanno facendo loro”.

La situazione si è sbloccata la mattina dell’1 maggio, quando con un video sul loro canale YouTube i 15 occupanti hanno annunciato lo sgombero degli uffici della rettoria in seguito alla ricezione di una lettera, firmata dall’avvocato dell’Università Luis Raúl González Pérez, nella quale il rettore si è impegnato a iniziare dei negoziati con una rappresentanza a volto scoperto degli studenti. Il primo incontro pubblico previsto per giovedì 9 maggio è però saltato in seguito a dei disaccordi sulle tempistiche della trattativa: i legali dell’Università vorrebbero concludere la serie di incontri in tempi rapidi, mentre il collettivo studentesco intende prolungare la questione fino a agosto, per poter aumentare i propri consensi.

Ci si chiede se quella degli incappucciati sia un’azione destinata a portare a qualcosa e se la loro protesta si estenderà ad altri strati della complessa società messicana. In tal senso, si registrano alcune manifestazioni di solidarietà e delle marce congiunte (come quella del primo maggio) tra incappucciati e i professori del Movimiento Pupular de Guerrero, a loro volta in protesta e costante sit-in nella piazza Zocalo (la principale della capitale) contro un’altra riforma del sistema educativo, questa a livello ministeriale. Se le due proteste unirsi si annuncia un’estate particolarmente calda per l’istruzione messicana.

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