Non c’è mai stato momento migliore per risolvere il conflitto tra Israele e Palestina
Onde evitare l'infiltrazione dell'Isis nei Territori palestinesi, ora più che mai ci sono gli estremi politici nella regione mediorientale per la pace fra i due popoli
Il conflitto israelo-palestinese è stato raramente così lontano da una soluzione. Sin dalla cessazione delle ostilità tra Israele e Hamas nell’estate del 2014, il desiderio di raggiungere la pace è andato scemando, mentre hanno prevalso crescenti tensioni, costellate di accoltellamenti da parte dei palestinesi e di atti violenti, tra cui incendi dolosi, da parte dei coloni israeliani.
Lo stato di afflizione di entrambi i popoli ha raramente assunto una forma così deprimente come in questo momento di violenze quotidiane. Inoltre, l’attenzione della comunità internazionale è stata distolta dalla questione palestinese a causa del conflitto siriano e delle attività dell’Isis, entrambi ormai al centro degli sforzi diplomatici e dell’opinione pubblica.
Uno stato di tensione favorevole alla pace tra Israele e la Palestina
Tuttavia, il clima non è mai stato così favorevole a una soluzione del conflitto. Il caos che sta attraversando il Medio Oriente ha cambiato le carte in tavola nelle relazioni tra Israele e i paesi arabi.
Molti palestinesi e israeliani sono preoccupati dall’eventualità che l’Isis si affacci su Gaza e sulla Cisgiordania. I fallimenti politici di Hamas e l’insistenza del governo israeliano di riprendere il dialogo a partire dalle proprie condizioni unilaterali forniscono terreno fertile per altre attività ostili che ostacolano la convivenza pacifica. Scintille di terrorismo sono ovunque in Palestina e nessun paese in Medio Oriente ha interesse a lasciare che emerga un nuovo conflitto.
Comunque, la maggior parte degli israeliani e dei palestinesi desidera la pace, e il desiderio dei paesi arabi di normalizzare le relazioni con Israele offre terreno fertile alla ripresa dei negoziati di pace.
Nel 2002, l’Iniziativa di pace araba è stata proposta dalla Lega araba per mettere fine al conflitto israelo-palestinese. Nel framework proposto, tutti i paesi arabi e musulmani avrebbero stabilito normali relazioni diplomatiche con Israele una volta raggiunta la conclusione del processo di pace con i palestinesi.
Per i paesi arabi, la tregua con Israele creerebbe un arco di stabilità dal Mediterraneo alla penisola arabica. Ciò potrebbe rivelarsi utile per quei paesi che vogliono unirsi per contrastare l’influenza regionale dell’Iran.
L’iniziativa deve venire dall’Europa
In questo complesso intreccio di interessi, l’Europa ha un ruolo prominente da giocare dato che gli Stati Uniti non sono attualmente in grado di impegnarsi nel processo di pace.
Distratti dalle prossime elezioni presidenziali, preoccupati dall’assenza di una reale prospettiva di raggiungimento di un accordo, e vista la loro tendenza ad assumere un atteggiamento di attesa, gli Stati Uniti potrebbero essere pronti a sostenere un’iniziativa di pace dell’Unione Europea.
Tuttavia, devono verificarsi alcune condizioni diplomatiche, così come insegnano i fallimenti del passato. Altrimenti, otterremmo al massimo tregue temporanee, un mero attimo di respiro prima della prossima esplosione di violenza. L’Iniziativa di pace araba deve essere la base di tutti i negoziati.
Da un lato, sottolinea il principio di coesistenza tra i popoli arabi e quello israeliano. Dall’altro, mostra lo spirito di compromesso necessario alla fine del conflitto, compreso lo scambio di territori.
Il ruolo dell’Ue è quello di sostenere il processo di pace. In questo contesto, bisogna dire che il Quartetto per il Medio Oriente è diventato più un peso che un aiuto nella risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Le richieste nei confronti di Hamas sono superate e non prendono in considerazione nuove realtà.
Tutti colorp che hanno interesse a che lo status quo resti invariato sostengono il Quartetto. Dobbiamo liberarcene, rivitalizzare l’Iniziativa di pace araba e promuovere l’ultima iniziativa francese.
Per ora, preparare la pace
Tuttavia, settant’anni di fallimenti nei tentativi di portare la pace tra Israele e Palestina ci hanno insegnato che la diplomazia da sola non basta. Sette decenni di sofferenze, la perdita della dignità palestinese e l’opportunismo politico dei leader di ambo i campi hanno costruito barriere psicologiche che allo stato attuale sono praticamente insormontabili a meno che non venga innescato un processo di interazione “people-to-people” nella fase precedente i negoziati di pace.
C’è bisogno di comprensione reciproca per accettare una cosa ovvia: la distruzione di Israele e la scomparsa dei palestinesi sono due scenari impossibili. La coesistenza tra i due popoli è l’inevitabile orizzonte storico che li attende.
Questo significa che bisogna mettere fine alle velenose narrative adottate dai leader delle due parti, bloccare la costruzione degli insediamenti, cambiare il libri scolastici che demonizzano l’altro, sostenere iniziative comuni come Ecopeace per proteggere il patrimonio ecologico comune… tutte condizioni che prepareranno la strada alla pace.
In Umano, troppo umano, Nietzsche ha scritto: “Chi vive per combattere un nemico, ha interesse che il nemico resti vivo”. Le sue parole risuonano in questo conflitto, nel quale l’altro è ridotto al ruolo di nemico atavico. Rompere questo ciclo è la nostra ambizione.
In questo clima favorevole, grazie agli attuali sforzi diplomatici e con la costruzione della fiducia reciproca, abbiamo la volontà di risolvere una volta per tutte il conflitto israelo-palestinese e l’Ue ha la capacità di assumere il ruolo di guida. Questa è la nostra roadmap per raggiungere la pace.
— L’analisi di Alon Ben-Meir, professore di relazioni internazionali ed esperto di Medio Oriente alla New York University
— Traduzione a cura di Paola Lepori