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Home » Esteri

Cos’è successo durante il processo all’unico sopravvissuto tra gli attentatori del Bataclan

Immagine di copertina
Salah Abdeslam siede in silenzio durante il suo processo nel tribunale di Bruxelles.

Salah Abdeslam, accusato del ferimento di diversi agenti durante il suo arresto, si è rifiutato di parlare all'udienza di questa mattina.

Il 5 febbraio 2018 si è aperto il processo a Salah Abdeslam, ventottenne francese nato in Belgio da genitori marocchini e unico sopravvissuto del gruppo jihadista responsabile degli attacchi terroristici della notte del 13 novembre 2015 a Parigi.

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In questi giorni Abdeslam non verrà però giudicato per i fatti di Parigi, per i quali sono ancora in corso le indagini, ma per il ferimento di diversi agenti che avevano fatto irruzione nell’appartamento di Forest, in Belgio, dove l’uomo si nascondeva con due complici. Il processo si tiene infatti presso il tribunale di Bruxelles.

Il processo, che durerà probabilmente tutta la settimana, riguarda infatti lo scontro a fuoco avvenuto il 15 marzo 2016 nella Rue du Dries, in cui rimasero feriti diversi agenti e perse la vita il sospettato Mohamed Belkaid.

Salah Abdeslam, ferito ad una gamba, riuscì invece a fuggire insieme e Soufian Ayari per poi essere arrestati tre giorni dopo nel distretto di Molenbeek, vicino alla casa della famiglia di Abdeslam.

Leggi anche: Quello che c’è da sapere sull’arresto di Salah Abdeslam a Molenbeek

I due fronteggiano accuse di tentato omicidio di numerosi agenti di polizia e possesso illecito di ami, il tutto in contesto terroristico, cosa che potrebbe costare loro fino a 40 anni di prigione.

Ayari ha dichiaro che a sparare contro gli agenti è stato sempre e solo Belkaid, rimasto ucciso durante il raid della polizia.

Abdeslam mantiene invece il silenzio glaciale in cui si è chiuso dal marzo 2016, quando smise di parlare con gli investigatori. Il suo determinato rifiuto di collaborare aveva portato gli avvocati a pensare di lasciare il caso, ritenendo impossibile costruire una difesa.

All’apertura del processo non si è alzato e ha dichiarato che non avrebbe cooperato. “Non voglio rispondere a nessuna domanda”, ha affermato quando gli è stato chiesto di confermare la sua identità.

“Il mio silenzio non fa di me un criminale. I musulmani vengono giudicati impietosamente, senza presunzione di innocenza. Ho fede in Allah e nel profeta Maometto, non ho paura di voi e dei vostri alleati”

Abdeslam ha poi invitato l’accusa a basare le argomentazioni su prove legali e tangibili, “invece di darsi delle arie per soddisfare l’opinione pubblica”, ed è tornato a tacere.

Leggi anche: Chi è Salah Abdeslam, l’autore degli attentati di Parigi arrestato a Bruxelles

Ricercato numero uno in Europa, l’uomo era fuggito in Belgio dopo la terribile notte parigina del novembre 2015, in cui uso fratello Brahim si fece esplodere in uno dei tanti attacchi lanciati ai bar e ristoranti tra il decimo e l’undicesimo arrondissement, nel nord di Parigi, subito prima della strage al Bataclan.

Il suo ruolo negli attacchi di Parigi non è ancora del tutto chiaro agli inquirenti, che ipotizzano un suo coinvolgimento anche nell’organizzazione degli attentati all’aeroporto e alla metro di Bruxelles del 22 marzo 2016, appena 4 giorni dopo il suo arresto.

Secondo quanto confessato appena dopo l’arresto, quando ancora si era detto disposto a collaborare, secondo i piani Abdeslam avrebbe dovuto farsi esplodere fuori dallo Stade de France il 13 novembre 2015, ma poi avrebbe cambiato idea.

Una veste imbottita di esplosivi è infatti stata ritrovata in un bidone, ma gli esperti hanno saputo dire se fosse stata manomessa o se fosse invece semplicemente difettosa, come si legge in una lettera attribuita a Abdeslam trovata nell’hard disk di un computer trovato in un bidone a poco prima degli attacchi di Bruxelles.

Per il processo l’imputato è stato spostato dalla prigione a sud di Parigi Fleury-Mérogis, dove era in isolamento, a quella di Vendin-le-Vieil, a 150 chilometri al confine belga, considerata una delle prigioni più sicure di tutta la Francia.

Proprio da qui sono recentemente esplose le proteste degli agenti di custodia francesi, quando il detenuto jihadista tedesco Christian Ganczarski attaccò alcune guardie armato di forbici e coltello.

Gli avvocati hanno però criticato la “decisione politica” di tenere Abdeslam sotto sorveglianza costante, con telecamere puntate su di lui 24 ore al giorno.

“Penso sia un immenso spreco. Ho visto Salah Abdeslam peggiorare di mese in mese. Quando qualcuno controlla ogni tua azione e gesto persino di notte, impazzisci” ha affermato il difensore Frank Berton.

“Eravamo convinti che avesse cose da dire, e che le avrebbe dette. Ma ora non parla più, ed è un peccato”.

Leggi anche: Perché Molenbeek a Bruxelles è così importante per gli attentati di Pairgi

 

 

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