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Hillary Clinton non convince le giovani elettrici americane

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L'analisi di Azzurra Meringolo ricercatrice presso lo IAI

Hillary Clinton è un’indiscussa pioniera. Nessuna donna è mai stata presidente o c’è andata così vicino. È per questo che molte femministe di vecchia generazione si preparano a festeggiare.

Dopo anni di battaglie, insieme a figlie e nipoti possono ora finire il lavoro iniziato dalle loro antenate. Che cosa aspetta chi non raccoglie questo testimone rosa l’ha detto l’ex segretario di Stato Madeleine Albright, secondo la quale per le donne che la pensano diversamente “c’è un posto speciale all’inferno”.

Dati alla mano però, fino a ora le donne hanno preferito più l’inferno di Albright che il paradiso. Nelle primarie democratiche che hanno visto zia Hillary contro nonno Bernie, sono state tante le elettrici che hanno optato per Sanders.

In New Hampshire, lo sfidante della ex first lady si è aggiudicato il 53 per cento del voto femminile (Clinton il 46 per cento). E i suoi numeri tra le più giovani sono stati sorprendenti: è stato sostenuto dall’82 per cento delle donne sotto i 30. Dati simili in Iowa, dove l’84 per cento delle donne della stessa età ha votato per Sanders (il 14 per cento per Clinton).

Le Millennials e il femminismo Usa

Il fatto di essere donna non garantisce quindi alla Clinton alcun vantaggio comparativo nel catturare il voto delle eletttrici. Anzi, è proprio l’elettorato rosa quello che Hillary fatica maggiormente a conquistare. Ma anche qui ci sono differenze. 

Clinton può ancora contare sulle donne bianche della sua generazione che portano a casa ogni anno dai 200mila dollari in su. Ostili invece le millennials, quelle donne nate dagli anni Ottanta all’inizio del nuovo secolo che non solo non sostengono la sua candidatura, ma sono addirittura scettiche sul farlo nel momento decisivo. 

Le motivazioni che hanno fino a ora spinto queste giovani ad abbracciare la candidatura del senatore Sanders sono diverse e, andando oltre i programmi dei due contendenti, arrivano alle radici dell’evoluzione del femminismo statunitense. Quest’ultimo sta attraversando una fase di turbolenza ben evidente non solo sulle testate più accreditate, ma anche sulle riviste di avanguardia che si concentrano sulle questioni di genere.

È evidente che le donne più giovani non si accontentano più della tradizionale agenda rosa scritta dalle loro nonne. Le femministe di ultima generazione non hanno come obiettivo quello di portare una di loro ai vertici del sistema. In ottica comunitaria, si preoccupano piuttosto di risolvere i problemi della base: tanto quelli delle donne di colore più emarginate quanto quelli delle ragazze madri che devono sopperire alla mancanza del congedo di maternità. 

L’obiettivo è quello di afferrare il trofeo tutte insieme. Ottimo che Hillary riesca a fare carriera politica, ma perché non aiutare tutte ad avere più opportunità? Sono domande come queste quelle che le spingono a preferire un candidato come Sanders che sta provando – con successo – a spostare a sinistra l’agenda del partito democratico, insistendo su tematiche sociali che stanno a cuore soprattutto al ceto medio o a settori particolarmente fragili della società. 

È questo che porta la rivista Politico a concludere che se Hillary fosse nera, omosessuale, giovane o povera – e quindi, membro di un gruppo più vulnerabile – potrebbe ottenere maggior sostegno, raccogliendo anche l’eredità di Barack Obama. 

Clinton, la donna dell’establishment

Essendo da anni in politica, la Clinton non può essere percepita come una novità. E se molte giovani la vedono con sospetto perché integrata da decenni all’interno del sistema politico statunitense, altre sembrano non conoscere la sua storia personale. 

Non solo quella legata a suo marito Bill, ma soprattutto quella segnata dalle diverse battaglie sociali da lei combattute con determinazione soprattutto negli anni Novanta. Dalla sua carriera di avvocato alla – mai decollata – Hillarycare, la riforma sanitaria patrocinata dalla Clinton ai tempi in cui il marito era alla Casa Bianca: secondo alcuni sondaggi, solo una millennial su dieci conosce eventi salienti del passato politico della ex first lady. 

Dietro i problemi rosa di Hillary si nascondono anche motivazioni che hanno direttamente a che fare con l’evoluzione del femminismo statunitense, un movimento eterogeneo ormai sensibile, appunto, più a questioni sociali che di genere. 

Molte si sono accorte di non essere vittime della stessa discriminazione sessuale che ha condizionato vita e carriera delle loro nonne o mamme, che hanno lottato per ottenere l’aborto o la contraccezione. 

Per le nuove generazioni l’uguaglianza di genere – diversamente da quella sociale – è un obiettivo a portata di mano. Non intendono quindi votare Hillary solo per il suo sesso, perché sanno che questo non farebbe la differenza.

Elettrici e swing states

Se fino ad ora queste elettrici hanno trovato in nonno Bernie il loro paladino, che cosa faranno in autunno quando, con tutta probabilità, Hillary dovrà giocarsi la finale contro il candidato che uscirà vincente dalla convention repubblicana? 

Anche se i millennials sono ora la generazione più numerosa del paese, nelle ultime elezioni sono stati i più pigri ad andare votare. È quindi importante capire come il loro voto potrà davvero incidere sui risultati finali. 

Secondo i dati elaborati dal Center for Information and Research on Civic Learning and Engagement, il loro voto sarà influente in Iowa, Florida, Ohio, Colorado, Pennsylvania, Wisconsin, Virginia, New Hampshire, Nevada e North Carolina. Solo dieci stati, tra i quali troviamo però importanti swing states, ovvero quelli capaci di determinare il risultato finale.

Da qui a novembre, Hillary Clinton riuscirà a farsi conoscere dalle millennials per quella che è veramente, o deciderà, al contrario, di non spendere in questa operazione troppe energie? Del resto, dagli anni Settanta a oggi, le donne non hanno votato in base al sesso, perché aspettarsi che lo facciano quest’anno?

— L’analisi è stata pubblicata da AffarInternazionali con il titolo “Se le giovani donne voltano le spalle a Hillary” e ripubblicata in accordo su TPI con il consenso dell’autrice. 

*Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali e coordinatrice scientifica di Arab Media Report.

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