Quando Hitler era ancora solo un pazzo innocuo con il dono dell’oratoria
Uno studente irlandese, poi divenuto diplomatico, nel 1921 ebbe occasione di ascoltare un comizio del futuro Fuhrer. Una testimonianza preziosa di quel primo incontro
Daniel Anthony Binchy, nato nel 1899 e morto nel 1989, è
stato un diplomatico e intellettuale irlandese che dal 1929 al 1932 fu ambasciatore per il suo paese in Germania, subito prima della presa del potere
da parte del nazismo.
Una nuova biografia di quest’uomo non eccessivamente noto
racconta però anche di un episodio giovanile piuttosto interessante e
tristemente ironico, che riguardò quello che di lì a pochi anni sarebbe
diventato uno dei personaggi più conosciuti e deprecati del Novecento: Adolf
Hitler.
Daniel Binchy, giovane studente ventunenne, era in
viaggio in Germania nel novembre del 1921, ed ebbe per caso l’occasione di
ascoltare un comizio del futuro dittatore – allora ancora giovane e senza molto
seguito – in una birreria di Monaco, la Bürgerbräukeller.
Nella nuova biografia di Binchy – scritta da Tom Garvin e intitolata The Lives of Daniel Binchy:
Irish Scholar, Diplomat, Public Intellectual – viene riportato il passaggio
del suo diario di viaggio in cui il diplomatico racconta quel primo incontro con il Fuhrer, in una testimonianza che è anche una delle prime realizzate da un non-tedesco su Hitler.
Per prima cosa, Binchy si sofferma sulla caratteristica
fisica più nota del dittatore: “Dei baffi accuratamente tagliati ‘a
spazzolino da denti’”, che davano un’ “impressione di insignificanza”.
Quando però Hitler iniziò il suo discorso, l’irlandese notò
un cambiamento. Qui di seguito alcuni estratti:
“Davanti a me c’era un oratore nato. Ha iniziato
lentamente, quasi esitante, inciampando nella costruzione delle frasi,
correggendo la sua pronuncia dialettale. Poi tutto d’un tratto è sembrato che
prendesse fuoco: la sua voce si è alzata vittoriosa sulle precedenti esitazioni,
i suoi occhi brillavano di convinzione, tutto il suo corpo è diventato uno
strumento di rude eloquenza”.
“Mentre aumentava la sua esaltazione, la sua voce è
salita fin quasi a diventare un urlo, la sua gestualità è diventata una
pantomima, e ho notato delle tracce di schiuma agli angoli della bocca”.
“Parlava così velocemente e in un dialetto talmente pronunciato
che ho avuto grandi difficoltà a seguirlo, ma le stesse frasi continuavano a ricorrere
per tutto il suo discorso come motivi in una sinfonia: i traditori marxisti,
i criminali che hanno causato la rivoluzione, l’esercito tedesco che è stato
pugnalato alla schiena, e – tema più insistente di tutti – gli ebrei”.
“I passaggi più elaborati del suo discorso sono stati
accolti dal fragore degli applausi, e quando finalmente è caduto esausto sulla
sua sedia, l’atmosfera era di un entusiasmo isterico… Quando abbiamo lasciato il comizio, il mio amico mi ha chiesto cosa
pensavo di questo nuovo leader di partito. Con tutta l’arroganza dei miei 21
anni ho risposto: ‘un pazzo innocuo con il dono dell’oratoria’. Riesco ancora a
sentire la sua risposta: ‘Nessun pazzo con il dono dell’oratoria è innocuo’”.