La pratica delle neonate sepolte vive in India
Soffocate, avvelenate, sepolte vive: è il destino riservato ai feti di sesso femminile in molti stati indiani dove le coppie ricorrono all'aborto selettivo
Quando è stata ritrovata il 29 marzo scorso sepolta in pochi metri di terreno, la neonata era ancora viva. A fare la macabra scoperta è stata una ragazza che aveva notato due piedini spuntare dal terreno. La neonata venuta al mondo da poche ore aveva ancora attaccato a sé il cordone ombelicale. L’episodio è accaduto in India, precisamente nel villaggio di Shyamsundarpur, nella città indiana di Jaipur, nello stato del Rajasthan.
La neonata è stata rinvenuta in un campo incolto nei pressi del villaggio. Una volta soccorsa e presa in braccio, la bambina è scoppiata a piangere. Le sue condizioni di salute sono apparse subito stabili. A riportare per primo la notizia è stato un quotidiano locale, il New Indian Express, che ha descritto in maniera minuziosa il momento in cui è stata ritrovata e soccorsa. Una studentessa transitava lì per caso, quando la sua attenzione è stata catturata da qualcosa che si muoveva nel terreno.
Avvicinandosi sempre di più, la ragazza ha scoperto che si trattava di due piedini che si agitavano, ed è corsa così ad allertare gli abitanti del villaggio che sono accorsi in massa sul luogo della sepoltura. Una volta estratta dal terreno, la neonata è stata consegnata ai volontari del Centro di salute della comunità di Dharmasala ed è stata successivamente trasportata nell’ospedale governativo della città.
Secondo i medici, la bambina era nata da almeno quattro o cinque ore. “Tutti i suoi parametri vitali risultano normali”, ha precisato Fanindra Kumar Kumar Panigrahi, capo funzionario medico distrettuale. “È una bambina sana, con un peso di 2,5 chilogrammi. Il personale dell’ospedale le ha dato un nome, Dharitri, che in sanscrito significa terra“.
Un poliziotto locale intervistato dall’agenzia Afp ha riferito che il caso è sotto inchiesta: “Stiamo cercando di risalire ai genitori della bambina. Probabilmente è un caso di feticidio femminile. Era chiaro che seppellendola così, i genitori volevano sbarazzarsi di lei”.
Per una neonata salvata, altre migliaia purtroppo non sono così fortunate. Il caso della bambina sepolta viva non è un fatto isolato, ma una pratica macabra piuttosto diffusa in alcune zone rurali dell’India. Infatti, le partorienti che scoprono di aspettare una femmina non si fanno scrupoli ad abortire oppure seppellire le loro figlie appena nate. E i numeri raccolti in questi anni da organizzazioni e report lo dimostrano ampiamente.
Una pratica diffusa
A cosa si deve questa pratica brutale e inumana? Essa è piuttosto diffusa in alcune zone rurali dell’India, dove le tradizioni si tramandano da secoli e che sopravvivono ancora oggi. A causa di queste tradizioni, le neonate vengono uccise quando le coppie scoprono di aspettare una figlia femmina e non un maschio. Le famiglie cercano di disfarsi il prima possibile dei feti di sesso femminile ricorrendo all’aborto selettivo oppure dandole alla luce e seppellendole ancora vive.
I feti di sesso femminile vengono soprannominati “le destinate alla fossa”. Si tratta del metodo più veloce e anche il più inumano per sbarazzarsi delle neonate. Una pratica assai diffusa nello stato meridionale indiano di Tamil Nadu. A volte vengono affogate o soffocate, ma c’è chi ricorre anche ad altri metodi brutali: molte bambine vengono avvelenate, uccise costringendole a mangiare del sale o appunto sepolte vive.
Esistono anche metodi che possono essere certificati dai medici come decessi naturali, quali premere addosso delle coperte bagnate per indurre la polmonite o ucciderle dando loro da bere dell’alcol, al fine di causare diarrea.
Quando una donna riesce ad arrivare all’età adulta ed è quindi destinata al matrimonio, esiste invece la cosiddetta “morte per dote”. Quando una giovane donna viene data in sposa, deve portare con sé una dote in denaro e altri beni. Se per i suoceri la dote non è sufficiente, possono chiedere ai genitori della sposa altri soldi o beni, ma se questi ultimi non hanno più nulla da offrire allora i suoceri possono riservarsi la libertà di uccidere la nuora bruciandola viva.
Generalmente queste pratiche vengono archiviate come “incidenti domestici”. Un altro metodo brutale coinvolge le vedove, che vengono rasate a zero dopo la morte del marito per essere riconosciute come “donne sole”.
Le madri che decidono di tenere con sé le proprie figlie vengono picchiate o abbandonate dai loro mariti, che fuggono via dall’onere finanziario di concedere una dote alla propria figlia. Negli ultimi decenni, il governo indiano ha tentato di sollecitare le donne a “salvare le proprie bambine”, cercando di porre fine a decenni di abusi drammatici.
La questione riguarda tutte le figlie femmine, non solo le primogenite concepite da una coppia. Anche le secondogenite o le terzogenite possono essere destinate alla fossa, in un paese in cui i maschi rimangono preziosi e dove mettere al mondo una figlia è considerata da molti una vera maledizione. Negli ultimi anni, l’India ha vietato lo screening prenatale per determinare il sesso di un bambino considerandolo un reato che prevede cinque anni di carcere.
Innumerevoli in questa direzione le campagne pubblicitarie e di sensibilizzazione che invitano le giovani famiglie indiane a “salvare le bambine”.
Tra gli stati indiani dove questa pratica è assai diffusa figurano il Punjab, Haryana, Chandigarh e Delhi.
Nonostante i più disparati tentativi di cambiare percezione e orientamento nel tessuto sociale indiano, molte famiglie si rifiutano ancora di tenere con sé delle figlie femmine, considerate solo un onere finanziario a causa della dote matrimoniale.
“Molte coppie si rifiutano di avere figlie, perché devono preoccuparsi della loro sicurezza e devono mettere da parte una dote consistente per far sì che vengano presa in moglie da qualche uomo”, ha raccontato un’attivista di un’organizzazione locale.
Le uccisioni delle neonate avvengono nella maggior parte dei casi tra le fasce più povere della società indiana, tra coloro che vivono nei villaggi e nelle zone rurali. Inoltre, tenendo presente che in India le donne si sposano molto giovani (anche a 10 anni), i genitori preferiscono un maschio per motivazioni prettamente economiche. Quando la famiglia del ragazzo dovrà organizzare un matrimonio, sarà quest’ultima a incassare la dote e i beni da parte dei genitori della sposa e non dovranno pertanto essere loro a pagare. Da qui il barbaro infanticidio.
L’infanticidio in numeri
Secondo le ricerche condotte dall’attivista indiana Rita Banerji, fondatrice della campagna di sensibilizzazione Fifty Milion Missing (50 milioni che mancano all’appello), nello spazio di tre generazioni sono state 50 milioni le bambine sterminate per l’unica ragione di essere femmine. Un numero pari all’intera popolazione di Svezia, Austria, Belgio, Portogallo e Svizzera.
La donna ha parlato in diversi contesti di un vero e proprio genocidio, la cui arma principale è l’aborto selettivo: milioni di bambine sono state uccise dopo la nascita, per la sola colpa di appartenere al “sesso sbagliato”.
L’eliminazione selettiva di feti di sesso femminile provoca non solo uno squilibrio a livello demografico, ma contribuisce ad aumentare il tasso di mortalità per le bambine della fascia d’età 0-5 anni. Molte di loro però sfuggono alle statistiche perché in ospedale nemmeno arrivano, e soprattutto perché nessuno indaga sulla loro scomparsa.
La strage silenziosa delle bambine in India, ha sottolineato Rita Banerji, affonda le sue radici in una organizzazione sociale di stampo patriarcale, che priva le donne di ogni diritto e che lega il destino di queste ultime all’usanza della dote, che rappresenta ancora oggi la forma più facile di acquisizione del reddito per intere famiglie. Per questo tutti vogliono un figlio maschio, per assicurarsi una rendita a vita grazie alla nuora.