Le elezioni più importanti della storia americana: tutti i possibili scenari dal 3 novembre in poi
Le imminenti elezioni presidenziali sono più che mai incerte: ecco quali Stati potrebbero essere decisivi per la vittoria di uno o l'altro candidato e cosa potrebbe succedere subito dopo il voto
Grandi tavole di legno a coprire le finestre e le porte, barricate di ferro erette per bloccare i flussi delle persone, la polizia pronta a qualsiasi evenienza. Si parla addirittura di un possibile coprifuoco come deterrente. Washington, a un giorno dalle elezioni, si sta preparando allo scenario peggiore. Proteste e violenze, infatti, potrebbero animare le strade attorno alla Casa Bianca e trasformare la capitale degli Stati Uniti in un teatro da guerra civile per giorni e giorni. La stessa cosa potrebbe accadere in molte altre città: da New York a Los Angeles. Questo perché le imminenti elezioni non sono mai state così incerte, nonostante gli ultimi sondaggi mostrino un ampio vantaggio di Joe Biden su Donald Trump.
La verità, però, è che i due candidati se la giocano quasi alla pari. Tutto può ancora cambiare, nonostante quasi 100 milioni di persone abbiano già votato. Di fatto, c’è ancora una buona fetta (ma non troppo grande) di indecisi che sceglieranno all’ultimo. I sondaggi hanno sempre margini di errori e molti elettori potrebbero non essere stati inclusi, mentre alcuni potrebbero votare solo perché sostenitori del partito, fregandosene di chi sia il candidato. In poche parole: c’è un cono d’ombra che potrebbe modificare tutto ciò che abbiamo detto finora e che nel 2016 si rivelò decisivo per il trionfo di Trump.
Partiamo, però, da un dato sicuro: nessuno ha dubbi sul fatto che il candidato democratico Joe Biden prenderà molti più voti del suo rivale repubblicano. Sarebbe la vittoria del voto popolare, come fu per Hilary Clinton quattro anni fa. Peccato che gli Stati Uniti, a differenza del resto del mondo, usino un bizzarro e poco rappresentativo sistema in cui una manciata di Stati, spesso poco abitati, possono contare molto più degli Stati più popolosi.
Per questo gli scenari per le elezioni del 3 novembre sono vari, con Biden che ha più opzioni per raggiungere i 270 voti elettorali necessari per raggiungere la presidenza e Trump, invece, che dovrebbe ripetere esattamente la vittoria del 2016 per poter trionfare di nuovo. Questo, dando già per scontato che i due candidati vincano in Stati che da sempre votano per un partito o per l’altro, come New York e la California per i democratici o il Kansas e le due Dakota per i repubblicani. In questi Stati i margini sono così ampi che è difficile pensare che possa vincere a sorpresa qualcun altro. Certo, è il 2020, e nulla è sicuro…
Cinquanta Stati con trecento milioni e passa di abitanti, eppure queste elezioni molto probabilmente si decideranno in tre luoghi incerti nel nord degli States: Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Stati che nel 2016 erano andati sorprendentemente a Trump e che in passato erano state roccaforti democratiche, mentre ora potrebbero essere l’ago della bilancia. Nei sondaggi, specie in Wisconsin e Michigan, Biden ha un grosso vantaggio, ma i polls, come detto, hanno sempre un margine d’errore e potrebbero non aver incluso correttamente una parte della popolazione, specie la categoria dei bianchi senza una laurea, nonostante i vari aggiustamenti attuati dopo l’enorme cantonata presa nel 2016. Un’elezione dove tutti si sbagliarono, dai giornalisti fino a chi fa i sondaggi da decenni.
Si dice che se i polls sbagliassero di nuovo, questa scienza dovrebbe chiudere baracca e burattini una volta per tutte. I due candidati hanno concentrato le loro attenzioni e gli ultimi sforzi in questa regione proprio per la vitale importanza che hanno questi Stati. Se qui vincesse Biden, infatti, sarebbe praticamente game over, mentre una nuova vittoria di Trump permetterebbe al presidente di giocarsela fino all’ultimo voto elettorale. Importante: i voti per posta ci metteranno giorni per essere processati, quindi la contesa potrebbe andare per le lunghe e solo dopo vari giorni si potrebbe stabilire un vero vincitore.
La Florida è lo stato indeciso per eccellenza. Assegna molti voti elettorali e tende a cambiare colore di elezione in elezione, grazie alla sua popolazione composta prevalentemente da anziani bianchi provenienti da tutto il Paese e da moltissimi latinoamericani, molti di loro originari di Paesi socialisti come Cuba e Venezuela, ai quali la sinistra non sta molto simpatica. Solitamente, in passato, la Florida è stata repubblicana e la sua popolazione predilige il partito dell’elefante, tanto che Biden ha attualmente uno sparuto margine di vantaggio nei sondaggi. Quindi una vittoria democratica sembra al momento qualcosa di improbabile, visti anche i margini d’errore. Certo, se Biden vincesse in Florida, non ci sarebbe più nulla da fare. Sarebbe lui il nuovo presidente. E considerando che tutti i voti, anche quelli per posta, verranno processati per il giorno stesso delle elezioni, sapremo fin da subito chi sarà il vincitore lì.
Tuttavia, è molto più probabile che la Florida si tinga di rosso il tre di novembre. Mentre, parlando del Texas, i dubbi sul fatto che vinca Trump sono molto pochi, essendo uno stato dove i democratici non hanno mai vinto dal 1976 in poi. Tuttavia, i sondaggi danno un margine repubblicano minimo, qualcosa d’impensabile in passato, con quasi dieci milioni di persone che hanno già votato nel paese, una cosa mai vista prima: ecco perché tutto potrebbe ancora succedere. Ciò dimostra inoltre come la popolazione del Texas sia molto cambiata negli ultimi anni. Al di là delle speranze democratiche, comunque, difficile possano esserci sorprese, ma se accadesse l’impensabile, anche in questo caso calerebbe il sipario sulle elezioni.
Nel mazzo degli indecisi ci sono anche altri Stati. C’è la Georgia, con la sua popolazione ampiamente afroamericana che potrebbe decidere di votare democratico, complici anche le proteste degli ultimi mesi. C’è la repubblicana Carolina del Nord che ha visto la sua demografia cambiare e che potrebbe sorprendere tutti, mentre Iowa e Ohio, a meno di miracoli, dovrebbero confermarsi stati rossi. Stessa storia per il Nevada e il Minnesota. Lo stato che potrebbe sparigliare le carte è l’Arizona, che in molti credono, sarà lo stato che da repubblicano diventerà democratico quest’anno e darà una grossa mano a Joe Biden.
A meno che il tre di novembre non si assista a quello che è denominato come “lo tsunami blu” o “valanga democratica”, ossia una vittoria talmente schiacciante da parte di Biden da mettere fine già da subito alla contesa, lo scenario più plausibile è uno: una vittoria iniziale repubblicana. È un dato di fatto che i repubblicani voteranno maggiormente di persona rispetto ai democratici, i quali hanno votano in massa con il voto anticipato e per posta. Quello che potremmo vedere è un iniziale vantaggio rosso in molti Stati e poi lentamente, nei giorni successivi, quando inizieranno a essere processati tutti i voti per posta, una grande rimonta blu e una vittoria finale di Biden nelle successive due settimane.
Al contrario, i voti che sono stati fisicamente espressi nei seggi anticipatamente li scopriremo il tre novembre stesso insieme a tutte le preferenze del martedì. Il voto anticipato finora ha mostrato Biden in netto vantaggio. Questo scenario è quello che più e più volte ha denunciato Donald Trump, affermando che il voto per posta è una truffa democratica. Proprio di fronte a questa situazione, il presidente uscente potrebbe gridare alla frode, sempre se non si dichiari vincitore già il tre novembre stesso, senza nemmeno aspettare lo spoglio di tutti quanti i voti. Secondo il sito web Axios, molto informato sulla Casa Bianca, è proprio quello che il presidente ha intenzione di fare per poi mettere in piedi una battaglia legale per rendere invalidi i voti per posta, nonostante la loro perfetta legittimità. Sembra uno scenario di fantascienza, eppure potrebbe essere la mera realtà.
Senza avere una palla di cristallo è difficile immaginare cosa succederà veramente, ma gli scenari sono vari e alcuni di essi anche preoccupanti. Se uno dei due candidati vincerà nettamente, sarà tutto finito, così come se alcuni Stati cruciali finiranno in mano a Biden fin dalla notte delle elezioni. O viceversa, se andranno in mano a Trump. Quello che preoccupa sono le possibili proteste e contro proteste con Trump che potrebbe non accettare il risultato qualora il margine fra i due candidati fosse molto piccolo e lo vedesse sconfitto, dando vita una lotta giudiziaria senza molti precedenti, partendo dalle corti federali nei vari Stati fino all’estrema possibilità che la questione del conteggio dei voti finisca alla Corte Suprema.
Essendo presidente potrebbe persino chiedere all’FBI di sequestrare le schede elettorali e far aprire un’investigazione, bloccando tutto il processo. In molti credono, visto la nuova maggioranza conservatrice nella Corte Suprema, che una decisione penderà in suo favore, ma i vari giudici come Kavanaugh e Gorsuch hanno finora dimostrato di giudicare con la propria testa, nonostante fossero stati scelti da Trump. Stessa possibile storia con Amy Barrett, l’ultima arrivata, ma con la Corte Suprema è sempre un terno al lotto ed è difficile ipotizzare cosa potranno decidere sul serio. Scenario ancora più estremo è l’ipotesi che i vari Stati, soprattutto quelli in mano ai repubblicani, non riconoscano il risultato del voto e comunichino al Congresso, in gennaio, un risultato parallelo che, secondo loro, rispecchi il vero voto di tale stato. È uno scenario, ad ogni modo, veramente improbabile ma esistente. Insomma, di scenari ce ne sono molti, ma quello che è sicuro è che un’eventuale battaglia legale dovrebbe terminare per la metà di dicembre quando si riuniranno i vari grandi elettori per far sì che, cascasse il mondo, il 20 di gennaio si abbia comunque un nuovo presidente. Lo dice la Costituzione e su questo non ci piove, anzi, è l’unica cosa che sarà sicura da martedì in poi.
In qualsiasi altro paese del mondo Donald Trump non avrebbe avuto speranze di vincere dopo quattro anni di montagne russe folli, e invece lo ritroviamo qui con credibili speranze di farcela. Eppure parliamo di un presidente che è stato accusato d’impeachment a fine 2019 (scampato solo grazie al compiacente Senato repubblicano), travolto quasi quotidianamente da polemiche e scandali, dal non aver pagato le tasse per anni interi all’aver definito i veterani come “dei perdenti”, oltre ad essere stato testimone di una delle proteste sociali e razziali più grandi della storia americana questa estate, etichettate da lui come manifestazioni di terroristi ed estremisti di sinistra da contrastare con l’uso della forza e dell’ordine, se non addirittura con i militari. Senza contare l’accusa peggiore, che potrebbe costargli la rielezione: è responsabile per molti (anche se lui si dichiara totalmente innocente) della peggiore pandemia che gli Stati Uniti abbiano mai vissuto, senza essere stato capace di abbattere la curva dei contagi. Anzi, è arrivato persino a negare la pericolosità del virus, nonostante il COVID-19 abbia quasi rischiato di farlo secco e nonostante, privatamente, ammettesse la sua letalità fin da febbraio.
Un atteggiamento minimizzatore, in barba ai nove milioni di contagi finora e una media di mille morti giornalieri, mentre il paese vive una terza ondata del virus che potrebbe causare, secondo vari calcoli, altri duecentomila morti per gennaio. A ogni modo, saranno delle elezioni uniche nella storia americana, dove non c’è in ballo solo la presidenza, ma anche la Camera dei Rappresentanti, che dovrebbe rimanere democratica, e persino un terzo del Senato. Se i democratici dovessero riconquistare la maggioranza anche lì, le cose cambierebbero profondamente pure in caso di vittoria di Trump, con un Congresso che gli remerebbe contro e lo bloccherebbe per qualsiasi cosa e che potrebbe portarlo nuovamente a giudizio politico per ogni ragione.
E questa volta verrebbe mandato a casa sicuramente. Di sicuro, dalla conferma del giudice Barrett a meno di un mese dalle elezioni fino al rifiuto di portare a termine il processo d’impeachment, ci sono molti americani, ma soprattutto molti repubblicani, che, delusi da tali atteggiamenti poco scorretti del partito dell’elefante, sarebbero meno dispiaciuti con un senato non più in mano repubblicana, che con un presidente chiamato Donald Trump per altri quattro lunghi anni. Quattro anni che, secondo gli analisti, potrebbero cambiare la faccia degli Stati Uniti e, di conseguenza, anche del mondo intero.
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