Cosa potrebbe succedere al Regno Unito quando lascerà l’Unione europea
L'opinione di Maurizio Carta
L’uscita del Regno Unito dall’ Unione Europea nel marzo 2019 potrebbe aprire diversi scenari su quelli che saranno i rapporti fra i due in futuro. Importantissimo punto sara’ quello del commercio, considerato che quasi meta’ dell’export britannico e’ diretto verso paesi del blocco Ue. Il non raggiungimento di un accordo commerciale fra le due parti farebbe sì che tale materia venga regolata nella maniera prevista dal WTO (Organizzazione mondiale del commercio) e i dazi doganali da questa stabilititi. Il mercato unico europeo e’ la piu’ grande area di libero scambio del mondo, motivo per il quale mantenerne l’accesso sarebbe determinante per l’intera economia britannica dopo oltre 40 anni in cui ci ha fatto completo affidamento.
Pilastri importanti in tale materia sono la EEA (Spazio economico europeo) e la Custom union europea.
Vediamo qualche esempio di paese non facente parte della Ue ma che ha comunque accesso al mercato europeo in maniera libera. Citiamo i più importanti.
La Turchia fa parte della Custom Union europea, vale a dire un’unione doganale. Al suo interno vi e’ libero scambio e dazi doganali comuni esterni. Ciò sta a significare che ha libero accesso al mercato unico europeo ma non può negoziare trattati commerciali e stabilire le tariffe doganali per le merci d’ingresso, che sono stabiliti e negoziati direttamente dall’Unione Europea. Non ha diritto di voto nelle trattative che la Ue manda avanti per conto del blocco europeo. Nella pratica, il dazio doganale pagato nel porto di Genova e’ lo stesso che nel porto di Istanbul. Stanno fuori dalla Custom union i beni agricoli e i servizi, compresi quelli finanziari . La Turchia non e’ quindi obbligata a garantire la libera circolazione delle persone, inoltre non partecipa al contributo nel budget europeo e non e’ sottoposta alla giurisdizione della Corte di Giustizia Europea.
La Norvegia fa parte della Area Economica Europea. Sono integrate completamente con il mercato unico europeo, eccezion fatta per la pesca e l’agricoltura. Non facendo parte della Custom Union, possono negoziare accordi commerciali con paesi terzi, ma l’ingresso di questi beni e il loro commercio viene sottoposto a un controllo sull’origine da parte della Ue. Fare parte della EEA sottopone comunque alle quattro liberta’ di movimento: beni, servizi, capitali e persone. Quest’ultimo punto significa che bisogna tenere le frontiere aperte. E’ il piu’ europeo dei paesi “non europei”. In Norvegia si puo’ viaggiare, lavorare e risiedere come in un paese Ue. La Norvegia e’ un paese appartenente all’EFTA, area di libero commercio fra la Svizzera, Lichenstein, Islanda e appunto Norvegia. Anche gli altri hanno accesso al mercato europeo senza barriere.
Il Regno Unito ha fatto parte di questo mini blocco sino al 1973, anno in cui poi ha optato per l’ingresso nella Ue (allora CEE).
La Svizzera fa parte dell’Efta, ma non fa parte della EEA (unico fra gli Efta) e nemmeno della Custom Union. Ha accesso al mercato unico tramite una serie di accordi commerciali bilaterali negoziati negli anni, in tutto oltre 120. Ne stanno fuori determinati beni e tanti generi di servizi, compresi quelli finanziari. Deve rispettare pero’ la liberta’ di movimento delle persone ed accettare la maggior parte delle regole del mercato comune stabilite dalla Ue. Contribuisce in maniera cospiqua al budget della Ue. Sta fuori dalla Custom Union.
In sintesi, un mantenimento del mercato unico europeo comporterebbe il dover mantenere le frontiere aperte. Le alternative comporterebbero, come nel modello turco con frontiere chiuse, il non poter contrattare accordi commerciali con paesi estranei al blocco Ue.
Ogni opzione ha il suo costo, l’alternativa e’ andare soli con i dazi stabiliti dal WTO, oppure un nuovo modello di rapporti, ne’ modello Svizzero, ne’ norvegese, ne’ turco.
Semplicemente britannico.