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Piano di pace per il Medio Oriente, le reazioni internazionali alla proposta di Trump

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Piano di pace per il Medio Oriente, le reazioni internazionali alla proposta di Trump

Il piano di pace per il Medio Oriente presentato ieri dal presidente Usa Donald Trump divide il mondo: da un lato, il premier di Israele Benjamin Netanyahu esprime grandissima soddisfazione, mentre i leader della Palestina annunciano che combatteranno in ogni modo un accordo “sbilanciato che promette ciò che non è suo a chi non ne ha diritto”.

Con il passare delle ore, gran parte degli attori dello scenario internazionale hanno manifestato la loro opinione su un piano che è destinato a far discutere moltissimo nelle prossime settimane. Diamo un’occhiata alle varie posizioni espresse.

Il piano di Trump prevede una soluzione a due Stati, con Israele che otterrebbe l’intera città di Gerusalemme come capitale, mentre la Palestina otterrebbe fondi per 50 miliardi di dollari oltre al controllo sull’attuale Gerusalemme est occupata.

Chi è a favore

Su una soluzione a due Stati insiste anche la Francia, che tramite il ministero degli Esteri “esprime la sua convinzione che la soluzione a due Stati, in conformità con il diritto internazionale, è necessaria a stabilire una pace giusta e duratura in Medio Oriente”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il Regno Unito, con il ministro degli Esteri Dominic Raab che ha definito il piano di Trump “una proposta seria” che necessita “molto tempo e sforzo”. Anche il premier Boris Johnson ha detto che l’accordo “potrebbe costituire un passo avanti positivo”.

Anche l’Unione europea, tramite l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune Josep Borrell, spinge per la soluzione a due Stati: “L’Ue – ha detto – è pronta a lavorare per la ripresa degli importanti negoziati per risolvere tutti i problemi rimanenti e raggiungere una pace giusta e duratura. E sollecita entrambe le parti a dimostrare, attraverso politiche e azioni, un impegno genuino per la soluzione dei due stati come unico modo realistico per porre fine al conflitto”. Sulla proposta di Trump, “l’Ue studierà e valuterà sulla base della posizione stabilita dell’Unione e del suo impegno fermo e unito a negoziare una soluzione praticabile dei sue stati che tenga conto delle legittime aspirazioni sia dei palestinesi che degli israeliani, rispettando le risoluzioni dell’Onu e i parametri internazionali”.

L’Arabia Saudita ha espresso “apprezzamento” per gli “sforzi” del presidente Trump in Medio Oriente, mentre secondo gli Emirati Arabi Uniti si tratta di “un importante punto di partenza per il ritorno ai negoziati nel quadro internazionale guidato dagli Usa”. Così come Bahrain e Oman, gli Emirati hanno inviato il loro ambasciatore ad assistere all’annuncio del presidente Trump insieme con il premier israeliano Netanyahu, sebbene non riconoscano lo stato di Israele.

Piano di pace per il Medio Oriente, chi è contrario

A manifestare un’opinione dissonante con il piano di Trump è stato invece l’Iran, che ha bocciato la proposta del presidente americano definendola “destinata al fallimento”. “Il vergognoso piano americano imposto ai palestinesi è il tradimento del secolo ed è destinato al fallimento”, afferma il ministero degli Esteri in un comunicato. Sulla stessa linea gli alleati sciiti libanesi di Teheran, Hezbollah, secondo cui il piano Trump è “un tentativo di eliminare i diritti del popolo palestinese”.

Dura anche la Turchia: il piano di pace di Trump per il Medio Oriente è “un piano di annessione” che mira a “uccidere la soluzione a due Stati”: “è nato morto”. Lo ha detto, in un comunicato, il ministero degli Esteri di Ankara. Ancora più duro il presidente, Recep Tayyip Erdogan: “Gerusalemme è sacra per i musulmani. Il piano di Donald Trump che mira a dare Gerusalemme a Israele è assolutamente inaccettabile. Ignora i diritti dei palestinesi e mira a legittimare l’occupazione israeliana. Non servirà né alla paca né alla ricerca di una soluzione”.

Il ministro degli Esteri della Giordania, Ayman Safadi, ha messo in guardia dalle “conseguenze pericolose di qualsiasi misura unilaterale possa essere adottata da Israele e dalla imposizione di fatti sul terreno come la annessione di terreni, la espansione di insediamenti nei territori palestinesi occupati, e la violazione dei Luoghi Santi di Gerusalemme”.

Si è detto contrario anche il movimento sciita libanese degli Hezbollah, che hanno definito quello di Trump un “piano della vergogna”, che avrebbe conseguenze negative anche al di fuori di Israele e Palestina. Hezbollah ha anche puntato il dito contro il “tradimento” di diversi Stati arabi, senza il quale il piano Usa non sarebbe stato formulato.

Il Qatar, seppur con tutta la diplomazia possibile, si è schierato contro la proposta americana, nonostante apprezzi gli sforzi fatti. “Tutti gli stati arabi – si legge in un comunicato – attraverso la Lega araba hanno adottato nel 2002 l’iniziativa di pace araba, che ha articolato una serie di principi che favoriscono una pace giusta. In questo contesto, la pace non può essere sostenibile se i diritti dei palestinesi nel loro Stato sovrano all’interno dei confini del 1967, compresa Gerusalemme Est, e il diritto al ritorno non vengono preservati”.

Chi temporeggia

Non ha preso una posizione netta, invece, la Germania, che tramite il ministro degli Esteri Heiko Maas ha fatto sapere che “solo una soluzione negoziata a due Stati che sia accettabile per entrambe le parti può portare ad una pace duratura tra israeliani e palestinesi”. Sul piano Usa, Mass ha detto che “è sul tavolo” e che sarà “esaminato con attenzione”.

Anche la Russia non è entrata nel merito del piano, ma ha lanciato un appello a israeliani e palestinesi per avviare “negoziati diretti” e trovare un “compromesso accettabile da entrambe le parti”. “Noi non sappiamo se la proposta americana sia mutualmente accettabile o meno, dobbiamo attendere la reazione delle parti”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Mikhail Bogdanov.

L’Egitto ha invitato “le due parti interessate ad un esame accurato della visione Usa per conseguire la pace e aprire canali di dialogo”. I negoziati, ha aggiunto il ministero egiziano degli Esteri, devono puntare a “una pace giusta ed esaustiva e la creazione di uno stato palestinese indipendente”.

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