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Home » Esteri

L’Unione europea prevede di accogliere 50mila rifugiati nei prossimi due anni

Immagine di copertina
Bruxelles vuole accogliere migliaia di rifugiati e istituire meccanismi legali di immigrazione per scoraggiare il traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Credit: Afp

Il nuovo programma è stato annunciato dal commissario europeo per le migrazioni Dimitris Avramopoulos e sarà finanziato con 500 milioni di euro

L’Unione europea ha presentato un nuovo piano per il reinsediamento di almeno 50mila profughi, in maggioranza provenienti dall’Africa settentrionale.

La proposta prevede l’ammissione e la distribuzione di questi rifugiati nei paesi dell’Unione europea nei prossimi due anni, attraverso il medesimo processo di accoglienza introdotto nella legislazione comunitaria durante la crisi migratoria del 2015.

“La Commissione Ue raccomanda un nuovo programma di reinsediamento per portare in Europa nei prossimi due anni almeno 50mila profughi vulnerabili e che necessitano della protezione internazionale”, ha detto il commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, Dimitris Avramopoulos.

Il nuovo piano terminerà nell’ottobre 2019 e sarà finanziato con 500 milioni di euro, prevedendo una spesa di 10mila euro per rifugiato.

L’Ue ha già accolto almeno 23 mila persone provenienti da campi profughi situati in paesi al di fuori della comunità europea, in particolare in Turchia e in Giordania.

Il programma proposto dalla Commissione continuerà ad accogliere rifugiati dall’area mediorientale, ma secondo quanto riferisce il commissario Avramopoulos porrà “maggiore accento” sui paesi africani, quali Libia, Egitto, Niger, Sudan, Ciad e Etiopia, ha detto la commissione.

“Questo contribuirà a stabilizzare ulteriormente i flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo centrale”, ha aggiunto Avramopoulos, facendo riferimento alla particolare situazione dell’Italia.

Il commissario ha poi detto che questo nuovo programma europea aiuterà “‘l’Unhcr a stabilire un meccanismo per l’evacuazione di emergenza dalla Libia”.

Questo piano completa quello avviato il 4 luglio 2017 e che ha prodotto migliaia di provvedimenti di accoglienza da parte di 11 stati membri dell’Unione europea.

La Commissione vuole anche incoraggiare i paesi europei a istituire meccanismi di patrocinio privato che consentano a organizzazioni della società civile di finanziare l’accoglienza, nel quadro del rispetto della legislazione nazionale in materia.

Bruxelles propone anche di creare meccanismi di immigrazione legale da quei paesi di provenienza dei migranti economici per scoraggiare il traffico di esseri umani, in particolare tra l’Africa e l’Europa.

Inoltre, lo stesso commissario Avramopoulos ha annunciato l’aggiornamento del codice delle frontiere previsto nell’accordo di Schengen. Questo trattato, firmato il 14 giugno del 1985, ha sancito una serie di norme che hanno portato all’abolizione dei controlli alle frontiere interne all’Unione europea.

Lo spazio Schengen è costituito da 22 stati membri dell’Unione europea (tutti, tranne Regno Unito, Irlanda, Romania, Bulgaria, Repubblica di Cipro e Croazia), più Svizzera, Norvegia, Islanda e Liechtenstein.

Questo accordo in realtà permette ai paesi firmatari di reintrodurre i controlli alla frontiera per sei mesi o per due anni in caso di gravi minacce alla sicurezza nazionale. Questo tipo di misura è stata adottata sia dalla Francia, a seguito degli attentati terroristici che l’hanno colpita negli ultimi anni, sia dai paesi europei coinvolti nella crisi migratoria del 2015.

La proposta della Commissione europea in materia prevede che i controlli alle frontiere saranno consentiti per un periodo fino a tre anni. Sarà quindi estesa da sei mesi a un anno la possibilità di controlli temporanei alle frontiere interne.

Sarà prevista inoltre una procedura aggiuntiva, che permette di prolungare i controlli di altri due anni, ma solo “in via straordinaria”. L’ultima parola su queste modifiche spetterà comunque ai governi riuniti nel Consiglio dei capi di stato e di governo europei.

“Bisogna adattare le regole sulla reintroduzione dei controlli delle frontiere interne alle attuali necessità di rispondere alle serie e persistenti minacce alla sicurezza pubblica”, ha concluso Avramopoulos.

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