La vecchiaia, il sesso, il senso della scrittura: le confessioni di Philip Roth nelle sue ultime interviste
Il grande scrittore americano era poco propenso alle uscite pubbliche. Alla BBC e al New York Times rilasciò però due toccanti interviste negli ultimi anni della sua vita
Mercoledì 23 maggio è morto all’età di 85 anni lo scrittore Philip Roth, leggenda della letteratura statunitense, in seguito a una insufficienza cardiaca.
Interprete straordinario dell’America contemporanea, Roth è stato uno dei più importanti e acclamati scrittori della modernità.
Acclamato in tutto il mondo, Roth, come altri grandi scrittori, era però anche un personaggio schivo, in parte scontroso, certamente non propenso alle dichiarazioni pubbliche e alle interviste.
Ci sono, tuttavia, due importanti interviste che lo scrittore americano ha rilasciato negli ultimi anni della sua vita, colloqui in cui ha raccontato il suo rapporto con la vecchiaia, con il sesso, la sua decisione di smettere di scrivere.
Nel 2014 la BBC trasmise una sua toccante conversazione in due parti con Alan Yentob, presentatore britannico. Il video venne girato nella casa di Roth a Manhattan.
“Ora che non scrivo, voglio solo chiacchierare”, dice Roth nel colloquio con Yentob.
“Ho avuto fama letteraria, ma anche ‘sessuale’ nonché di pazzo, ho ricevuto centinaia di lettere, 100 alla settimana, alcune con foto di ragazze in bikini, ho avuto molte opportunità di rovinarmi la vita”, racconta il grande scrittore nella video-intervista.
Roth afferma che, nella vecchiaia, “l’ultima cosa che volevo fare era rendermi più visibile di quanto non lo fossi, la visibilità mi innervosiva e così mi sono trasferito in campagna”.
Roth si ritirò infatti in una fattoria isolata nel Connecticut. Alla BBC descrisse per la prima volta le condizioni in cui scrisse la sequenza di romanzi che ha seguito Pastorale Americana (1997). “Mi è molto congeniale vivere nella bellezza naturale della mia fattoria nel Connecticut; lavoro durante il giorno, faccio un po’ di esercizio fisico, nuoto regolarmente”.
Per molti anni Roth ha trascorso intere giornate alla scrivania: “Quando mi blocco, e succede spesso, esco dalla porta e mi ritrovo immediatamente tra i boschi, vado in giro per 10 minuti e torno indietro, cercando di nuovo l’ispirazione per scrivere”.
“Credo che dovremmo leggere solo quei libri che ci mordono e ci pungono – dice ancora Roth nella video-intervista – Se un libro che stiamo leggendo non ci scuote come un colpo alla testa, allora perché leggerlo? ”
“Quando nel 2004 dissi che non potevo concepire una vita senza scrivere sbagliavo: ero arrivato alla fine, non avevo più niente da scrivere”.
Con un lampo di candore, Roth aggiunse: “Avevo paura che non avrei avuto più niente da fare senza la scrittura, ero terrorizzato, ma sapevo che non aveva senso continuare, non sarei stato capace di fare meglio di quanto avevo già fatto, e allora perché ostinarsi a peggiorare?”
“Ho intrapreso il grande compito di non fare nulla, e alla fine sono stato molto bene”.
La seconda intervista venne rilasciata da Roth al New York Times nel gennaio del 2018. Qui alcuni degli estratti più toccanti e significativi.
NYT: Tra qualche mese compirà 85 anni. Si sente anziano? Come è stato invecchiare?
P.R. Sì, nel giro di pochi mesi lascerò la vecchiaia per entrare nella vecchiaia estrema. In questo momento è sorprendente trovarmi ancora qui alla fine di ogni giornata. Entrando nel letto di notte sorrido e penso, “ho vissuto un altro giorno.”
E poi è di nuovo sorprendente risvegliarsi otto ore dopo e vedere che è mattina e che continuo ad essere qui. “Sono sopravvissuto un’altra notte”, penso, e sorrido. Vado a dormire sorridendo e mi sveglio sorridendo.
Sono molto contento di essere ancora vivo. Inoltre, quando questo accade settimana dopo settimana e mese dopo mese, produce l’illusione che questa cosa non finirà mai, anche se ovviamente so che può fermarsi da un momento all’altro . È come giocare a un gioco, giorno dopo giorno, un gioco con una posta in palio molto alta che per ora continuo a vincere. Vedremo quanto durerà la mia fortuna.
NYT: Ora che si è ritirato come romanziere, le manca la scrittura?
P.R. No. Questo perché le condizioni che mi hanno spinto a smettere di scrivere sette anni fa non sono cambiate. Ogni talento ha la sue caratteristiche, la sua forza, ma anche il suo termine. Non si può essere creativi per sempre.
NYT: Guardando indietro, come descriverebbe i suoi 50 anni da scrittore?
P.R. Euforia e gemiti. Frustrazione e libertà. Ispirazione e incertezza. Abbondanza e vuoto. E il silenzio: 50 anni in una stanza silenziosa come il fondo di un lago.
NYT: Uno dei suoi temi ricorrenti è stato il desiderio sessuale maschile e le sue molte manifestazioni.
P.R. Gli uomini in preda dalla tentazione sessuale rappresentano uno degli aspetti della vita dei personaggi di cui ho scritto in alcuni dei miei libri. Uomini che rispondono al richiamo insistente del piacere sessuale, afflitti da desideri vergognosi e dall’avidità di desideri ossessivi, ammaliati anche dal richiamo del tabù.
Nel corso dei decenni, ho immaginato una piccola cerchia di uomini instabili posseduti proprio da tali forze infiammatorie. Ho cercato di essere intransigente nel raffigurare questi uomini nei loro comportamenti e nei dilemmi psicologici ed etici che le esigenze del desiderio presentano.
Sono entrato non solo dentro la testa maschile, ma nella realtà di quegli impulsi, la cui ostinata pressione può minacciare la propria razionalità, e che talvolta può essere vissuta come una forma di follia.