Perché l’iPhone rosso nasconde i problemi della Cina con l’Aids
Apple ha presentato una nuova versione del suo prodotto di punta, in collaborazione con Product Red. L'edizione cinese, però, è diversa rispetto a tutte le altre
Dopo dieci anni trascorsi a tingere di rosso i propri accessori (cuffie, iPod, altoparlanti, carica batterie), Apple ha deciso il 21 marzo di optare per il restyling del suo prodotto di punta: l’iPhone.
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La causa è più che nobile: parte degli introiti derivanti dalle vendite di iPhone 7 (da 909 euro) e iPhone 7 Plus (da 1.049 euro) in versione rossa sono destinati a finanziare la lotta contro Hiv e Aids promossa dall’associazione Product Red.
Fondata nel 2006 da Bono, leader degli U2, insieme a Bobby Shriver, politico, attivista e giornalista nonché nipote di John F. Kennedy, Product Red raccoglie risorse finanziarie che destina al Fondo globale per combattere la diffusione dell’Aids. Queste risorse permettono l’acquisto di farmaci antiretrovirali con i quali migliorare le condizioni di vita delle popolazioni dell’Africa subsahariana, territorio in cui oltre i due terzi della popolazione risultano positivi al virus dell’Hiv.
Dalla sua fondazione, Red ha raccolto 465 milioni di dollari, andati a beneficio di oltre 90 milioni di individui in Ghana, Kenya, Lesotho, Ruanda, Sudafrica, Swaziland, Tanzania e Zambia.
Tra i principali partner dell’associazione figurano alcune tra le maggiori multinazionali al mondo: CocaCola, Gap, Beats, Belvedere, Sap, Starbucks, Telcel, Salesforce, Bank of America ed Apple, che si è aggiudicata il titolo di maggior donatore dell’associazione avendo destinato alla causa una somma complessiva di oltre 130 milioni di dollari.
“Con l’acquisto di questo bellissimo iPhone, i clienti hanno l’opportunità di fare davvero la differenza”, ha affermato il Ceo di Red Deborah Dugan.
E ha ragione: la decisione di puntare sul prodotto numero uno di casa Apple attirerà molte più risorse che in passato, considerando anche che a partire da questo venerdì l’iPhone Red sarà disponibile in oltre 40 mercati in tutto il mondo.
La versione cinese dell’iPhone rosso
C’è un paese nel quale però il nobile fine a cui questa linea è rivolta passerà inosservato, o per meglio dire non passerà proprio: la Cina. Nella nazione più popolosa al mondo, con un mercato di dimensioni uniche e un potenziale di vendita elevatissimo – sia perché l’iPhone rappresenta a tutti gli effetti uno status symbol, sia per il carattere elitario della linea rossa in limited edition che lo rende ancora più desiderabile – l’iPhone Red non sarà pubblicizzato in associazione alla fondazione contro l’Hiv.
La differente scelta di marketing è evidente confrontando il sito Apple cinese con quello della vicina Taiwan (l’articolo prosegue dopo le immagini):
Apple Cina
Apple Taiwan
No, non si tratta di una svista dei programmatori Apple. La sottile ma evidente differenza con il resto del mondo è che l’Hiv, per la Cina, rappresenta un tema particolarmente scomodo.
Secondo il Chinese Center for Disease Control, a fine 2016 circa 654mila persone erano positive all’Hiv: un numero risibile rispetto all’intera nazione, ma in crescita del 400 per cento negli ultimi cinque anni tra la popolazione omosessuale e del 350 per cento negli ultimi sei anni tra gli over 60.
Di questi, neanche 300mila sono sottoposti a trattamenti antiretrovirali, e i decessi causati dal virus superano i 20mila casi all’anno.
L’Hiv in Cina
La storia dell’Hiv in Cina è tutto fuorché stabile: la massiva diffusione del virus è in gran parte attribuibile alla negligenza del governo, pervaso dalla mentalità secondo cui il virus provenisse dal contatto con il mondo occidentale.
Le manovre iniziali consistevano pertanto in controlli medici sugli studenti stranieri in entrata, strette legislative su prostituzione e droga, azioni volte all’isolamento di chi era infetto. Tutte, ovviamente, inefficaci.
È stato così che uno dei paesi che meno gradiscono l’ingerenza straniera è stato poi costretto a collaborare con associazioni internazionali e Ong per affrontare efficacemente quello che stava diventando un problema sempre più insostenibile.
Qualche risultato, soprattutto negli ultimi anni, lo si è visto: a partire dall’amministrazione di Hu Jintao nel 2003 sono stati introdotti piani quinquennali, campagne e iniziative volti all’assistenza, all’informazione, alla prevenzione e al supporto medico ed economico, sia delle categorie più a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, giovani) che di chi ha già contratto il virus.
Nonostante la propositiva apertura verso la cooperazione internazionale, il graduale cambiamento di mentalità e l’applicazione dei criteri della World Health Organization per il trattamento del virus, il problema rimane.
Ostacolato da più di una barriera: l’attivismo è tiepido e contrastato da frequenti denunce e censure, la discriminazione nell’ambito lavorativo e sociale riguarda il 42 per cento degli Hiv-positivi, le categorie colpite spesso sono vittime delle modalità punitive con cui le autorità voglioni “ri-educare”, anziché assistere, chi ha contratto il virus da un’attività illecita (droga, prostituzione).
Il futuro è incerto e prevede interventi multilaterali da parte di stato, società civile, aziende private ed enti internazionali. È anche e soprattutto per questo che Apple – che era già finita nel mirino del governo cinese per le funzioni di geolocalizzazione e tracciabilità degli utenti capaci di minarne la privacy nel 2014 e per la potenziale guerra commerciale millantata da Donald Trump nel novembre 2016 – ha voluto evitare di alimentare ulteriori controversie. Tenendo l’argomento Hiv, l’associazione Red e l’attività benefica al di fuori del perimetro di marketing che accompagna il lancio dell’iPhone rosso.
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