Perché è importante ricordare il giornalista David Halberstam
Nell'aprile del 2007 moriva in un incidente automobilistico David Halberstam, premio Pulitzer per l'International Reporting nel 1964. Il Washington Post lo ricorda
Nell’aprile del 2007 moriva in un incidente automobilistico David Halberstam, premio Pulitzer per l’International Reporting nel 1964.
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Dopo la sua morte i colleghi hanno pubblicato il suo libro “The Coldest Winter: America and the Korean War”.
La squadra di promozione del libro postumo di Halberstam era composta da importanti giornalisti e scrittori come Seymour Hersh, Bob Woodward, Joan Didion, Anna Quindle, Samantha Power e Bill Walton.
L’intento di quel tour promozionale era quello di promuovere il libro, non l’autore.
“Non c’è bisogno di questo per mantenere David vivo”, ha detto Seymour Hersh.
A dieci anni dalla sua morte, nel mondo non si parla molto di David Halberstam, pochi sanno chi è. “Ed è una vergogna. Poiché nessuno ha raccontato la notevole storia dell’America del XX secolo bene come Halberstam”, scrive il Washington Post.
“Se pensi di aver raccontato abbastanza, ti sbagli, mi diceva sempre”, racconta la collega Quindlen, che ha conosciuto Halberstam negli anni ’70, quando stava lavorando al New York Times.
Per Halberstam, i fatti erano la base. E quella base costituiva la verità che gli ha permesso di attingere alla sua vasta conoscenza della politica, della psicologia e del sociale.
Nel 1962 fu mandato dal New York Times a coprire la guerra in Vietnam. Nonostante abbia scritto libri su tantissimi argomenti, rimane quello il suo lavoro più importante, che gli valse il premio Pulitzer due anni dopo.
Era un’ispirazione per scrittori più giovani e un mentore, scrive ancora Geoff Edgers sul Washington Post. Oltre ad essere una grande reporter, era anche un ottimo storico.
È importante ricordare, oggi più che mai Halberstam, dice la giornalista Anna Quindlen, citata dal quotidiano statunitense. Oggi più che mai, oggi che la Casa Bianca si sta impegnando per screditare i giornalisti e i media e dipingerli come fabbricatori di fake news.
“I giornalisti non sono quasi mai delle star e probabilmente non devono esserlo”, dice Quindlen. “La maggior parte degli americani non sanno chi è Nellie Bly o Ida B. Wells. Woodward e Bernstein sono l’eccezione che conferma la regola, e penso che valga anche con David. Non è necessario ricordarne il nome. Dovremmo vivere ogni giorno con lo standard che lui ha impostato”.
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