Quello studio su Big Pharma non s’ha da pubblicare: giallo al Parlamento europeo
Una ricerca sgradita all’industria farmaceutica è stata rimossa dal sito web del Parlamento Ue. La versione ufficiale è che fosse stata messa online prematuramente. Ma spuntano alcune e-mail riservate che fanno pensare a pressioni dalle lobby del settore
A quasi un anno dai primi arresti per lo scandalo Qatargate, il tema dell’influenza delle lobby sulla politica torna ad agitare il Parlamento europeo. Questa volta non ci sono inchieste della magistratura né indizi di reato, ma ciò che è accaduto nelle ultime tre settimane a Bruxelles merita comunque di essere raccontato, quantomeno per gli intrecci che svela e per i sospetti che inevitabilmente genera.
In questo caso la lobby su cui si staglia una luce sinistra è quella dell’industria farmaceutica, che potrebbe aver fatto pressioni per rimuovere dal sito web dell’Europarlamento uno studio poco gradito alle multinazionali del settore.
In questa storia dai contorni ancora poco chiari c’è una deputata che incontra assiduamente rappresentanti di Big Pharma e poi si spende in prima persona per rimuovere la pubblicazione di quello studio. E ci sono mail riservate, versioni ufficiali che traballano e persino una relazione amorosa con importanti risvolti politici.
Ma veniamo ai fatti. Lo scorso aprile il Comitato europarlamentare Stoa, che promuove approfondimenti in ambito scientifico e tecnologico, ha commissionato un’indagine indipendente sull’accesso ai farmaci a tre accademici italiani: Simona Gamba, ricercatrice di Scienze delle finanze all’Università di Milano; Laura Magazzini, professoressa associata di Econometria alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; e Paolo Pertile, professore ordinario di Scienza delle finanze all’Università di Verona.
Lo scorso 19 ottobre i tre esperti hanno presentato davanti ai membri del Comitato i risultati del loro lavoro, dal titolo “Migliorare l’accesso ai farmaci e promuovere l’innovazione farmaceutica”. Venerdì 27 il documento è stato pubblicato sulla pagina web dello Stoa, ma appena tre giorni dopo, lunedì 30, è improvvisamente sparito: cancellato dal sito senza alcuna comunicazione né motivazione apparente.
Il tutto mentre al Parlamento europeo si sta discutendo una delicata riforma della legislazione comunitaria sul settore farmaceutico: i deputati dovranno presentare una relazione ufficiale entro aprile 2024 e ricerche come questa dovranno essere necessariamente tenute in considerazione.
Perché il documento è stato rimosso dal sito del Comitato Stoa? E chi ha deciso che andasse cancellato? L’ufficio stampa del Parlamento europeo sostiene, come vedremo, che il file sia stato pubblicato per sbaglio prima del dovuto in attesa di alcune integrazioni dagli autori. Ma due diverse fonti al Parlamento europeo hanno riferito a TPI che tra il 19 e il 30 ottobre il Segretariato tecnico dello Stoa ha ricevuto diverse e-mail da parte di rappresentanti dell’industria farmaceutica in cui si chiedeva di non pubblicare l’indagine così com’è.
Abbiamo chiesto conferma di tale circostanza all’ufficio stampa dell’Europarlamento. E nella risposta che ci è stata data i contatti di cui sopra non vengono smentiti: «Non è insolito che il Segretariato dello Stoa riceva e-mail non richieste da vari tipi di parti interessate», precisano da Bruxelles. Ma «il Segretariato prende nota di tali messaggi di posta elettronica, senza necessariamente darvi seguito».
L’indagine “italiana”
Nelle 100 pagine dello studio viene analizzato l’impatto dell’attuale quadro normativo europeo sull’accesso ai farmaci e sull’innovazione nel settore farmaceutico e vengono suggeriti una serie di possibili interventi migliorativi. Il lavoro è stato realizzato attingendo da oltre 230 pubblicazioni e attraverso 24 interviste ad autorevoli stakeholder: 5 fra ricercatori e medici, 6 rappresentanti dell’industria farmaceutica, 8 esperti di sanità pubblica, 2 dirigenti pubblici e 3 esponenti di associazioni in difesa dei pazienti.
Sono diversi i passaggi potenzialmente indigesti per Big Pharma. Ad esempio, si evidenzia «il parziale disallineamento tra le priorità di ricerca e sviluppo dell’industria e gli obiettivi di salute pubblica». E si sottolinea che «le esclusive di mercato (compresi i brevetti) possono avere un impatto negativo sull’accesso dei pazienti, a causa dei prezzi (a volte eccessivamente) elevati o della disponibilità limitata».
Fra le «opzioni politiche» consigliate, ci sono «il rafforzamento del coordinamento dell’Unione europea sui diritti di proprietà intellettuale e sull’approvvigionamento di medicinali, la riduzione della durata delle esclusive e l’introduzione di incentivi (…) slegati dalle dimensioni del mercato per specifiche esigenze mediche non soddisfatte». Un ulteriore intervento caldeggiato è «la creazione di un’infrastruttura pubblica attiva lungo tutto il processo di ricerca e sviluppo dei farmaci».
In sintesi, insomma, lo studio auspica un potenziamento del ruolo delle istituzioni Ue nelle politiche industriali farmaceutiche rispetto allo strapotere di Big Pharma.
Versioni contrastanti
Interpellato da TPI, l’ufficio stampa del Parlamento europeo spiega che «la pubblicazione è stata erroneamente pubblicata prima della finalizzazione e dell’aggiunta di chiarimenti metodologici».
Il riferimento è a una serie di domande scritte che sono state inviate dallo Stoa agli autori dell’indagine dopo la presentazione davanti al Comitato: finché gli accademici non risponderanno ai quesiti – è la linea ufficiale del Parlamento – lo studio non può essere caricato online; il fatto che sia stato pubblicato prima di quelle risposte sarebbe stato dunque un errore.
Tuttavia in questa ricostruzione c’è qualcosa che non torna. E non solo per le già citate presunte richieste via e-mail rivolte dalle lobby dell’industria farmaceutica direttamente al Segretariato tecnico dello Stoa.
Ma andiamo con ordine. In effetti, il 19 ottobre, alla fine della presentazione, il presidente del Comitato, l’eurodeputato tedesco Christian Ehler del Ppe, aveva avvertito Gamba, Magazzini e Pertile che successivamente sarebbero state recapitate loro alcune richieste di chiarimento per iscritto relative alla metodologia con cui è stata condotta l’indagine. In particolare, a sollevare qualche perplessità durante la presentazione era stata la danese Pernille Weiss, anche lei del Ppe.
Le domande scritte, però, sono state inviate ai tre accademici quando erano trascorse ben due settimane dalla presentazione, precisamente il 3 novembre. Una tempistica sospetta: proprio pochi giorni prima, infatti, il caso della rimozione del documento dal sito dello Stoa era finito sulle pagine di uno dei più importanti media online internazionali, Politico.eu, che aveva prefigurato una possibile «polveriera politica».
Il giornale ha scoperto che il giorno 27, poche ore dopo la pubblicazione online della ricerca, la deputata Weiss ha inviato una e-mail a tutti i suoi colleghi del Comitato: un messaggio – di cui TPI è in grado di rivelare il testo – in cui si chiedeva «di rinviare la pubblicazione dello studio e di mantenere aperta la possibilità, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, delle norme Stoa, di effettuare una revisione o una valutazione esterna, finché gli autori non avranno avuto la possibilità di rispondere alle mie domande».
Tre giorni dopo, il 30 ottobre, il file è stato rimosso come Weiss chiedeva, ma senza che venisse fornita alcuna comunicazione agli altri parlamentari. A questo punto diversi di loro – tra cui la relatrice dello studio, la portoghese Maria-Manuel Leitão-Marques del Partito socialista – sono insorti, affermando che ritenevano invece esaurienti le delucidazioni già fornite dagli esperti durante la presentazione, e che quindi lo studio era da considerarsi correttamente pubblicato online.
In risposta a queste proteste, il Segretariato tecnico dello Stoa, il giorno 31, sempre via e-mail, ha giustificato la rimozione del documento spiegando che «non c’è stata una chiara decisione del panel (ossia degli europarlamentari, ndr) che abbia approvato la pubblicazione». E il Parlamento europeo ha sottolineato alla stampa che «non si è trattato in alcun modo di una decisione individuale di un membro, ma del rispetto della procedura in vigore per la pubblicazione dei gruppi e degli studi Stoa».
Politica & Amore
Ma perché tutto questo interesse sulla ricerca firmata Gamba, Magazzini e Pertile da parte dell’onorevole Weiss?
Pernille Weiss, 55 anni, alla sua prima legislatura a Bruxelles, è una ex infermiera che una ventina d’anni fa si è reinventata imprenditrice: nel 2008 ha fondato Archimed, una società di consulenza in architettura sanitaria, di cui per oltre dieci anni è stata amministratrice delegata. Iscritta fin dall’adolescenza al Partito popolare conservatore danese (Dkf), prima di essere eletta al Parlamento europeo non aveva mai avuto ruoli politici di rilievo.
Tra gli incarichi che Weiss ricopre nell’assemblea Ue, c’è quello di relatrice del rapporto sulla riforma della legislazione farmaceutica. La deputata si trova così a incontrare quasi quotidianamente rappresentanti di associazioni di categoria e società del settore.
Dal registro Ue sugli appuntamenti con i lobbisti, emerge che nei giorni a ridosso della presentazione del famigerato studio sull’accesso ai farmaci, la deputata danese si è vista con numerosi emissari di Big Pharma: il 16 ottobre con quelli della multinazionale Servier, il 18 con la Eli Lilly, il 19 con l’associazione Plasma Protein Therapeutics, il 20 con la Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche e con l’Associazione dell’industria farmaceutica tedesca, il 25 con la Bayer, il 26 con la Archimed da lei stessa fondata e il 27 – giorno della pubblicazione online del documento – con la Confederazione europea delle società farmaceutiche, con l’associazione Medicines for Europe con la multinazionale Gsk.
Forse che qualcuno di questi portatori d’interesse ha espresso malumore e sollecitato la parlamentare del Ppe a intervenire per ostacolare la pubblicazione della ricerca?
Ma non è tutto. Weiss è anche compagna del presidente dello Stoa, il tedesco Ehler. Impossibile non domandarsi allora se la loro relazione amorosa possa aver influito sulla decisione di rimuovere il documento dal sito del Comitato, come richiesto appunto dalla deputata danese.
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La vicenda ha attirato l’attenzione di diverse associazioni sensibili ai temi della trasparenza. Transparency International ha parlato di «un potenziale caso di conflitto di interessi», mentre Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, ha chiesto agli europarlamentari di assicurarsi che non ci siano state «interferenze degli interessi di associazioni dell’industria farmaceutica, cosa che rappresenterebbe una lesione delle procedure democratiche».
Secondo Alberto Alemanno, fondatore dell’organizzazione no-profit The Good Lobby, la rimozione dello studio «getta un’ombra sui negoziati in corso sulla direttiva farmaceutica»: «L’uso strategico degli studi richiesti ad esperti esterni da parte degli eurodeputati è uno degli aspetti più trascurati ma preoccupanti del lavoro legislativo del Parlamento europeo», aggiunge Alemanno.
Intanto l’eurodeputata portoghese Leitão-Marques, relatrice della famigerata ricerca per conto dello Stoa, ha tuonato ancora via e-mail contro il Segretariato tecnico del Comitato: «Il rifiuto di pubblicare questo studio – ha scritto – solleva molti dubbi e accuse, probabilmente ingiuste, sull’influenza di potenti lobby sul nostro lavoro, incidendo sull’indipendenza e sulla credibilità dello Stoa». Leitão-Marques chiede quindi che il documento sia nuovamente caricato online «prima che venga arrecato ulteriore danno alla credibilità scientifica della nostra istituzione».