L’”orbanizzazione” degli Stati Uniti: perché la destra americana guarda sempre più al leader ungherese
L’”orbanizzazione” degli Stati Uniti: perché la destra americana guarda sempre più al leader ungherese
“Ci attende un decennio di guerra”. Di fronte al parlamento che ancora una volta lo ha rieletto primo ministro, Viktor Orban ieri ha prospettato anni difficili. “L’Europa e gli occidentali, e tra di essi l’Ungheria e noi ungheresi, siamo entrati in un’era di pericolo”, ha sottolineato Orban, mettendo in guardia dagli effetti della guerra in Ucraina e le sue ricadute economiche.
Secondo il leader di Fidesz, diventato da tempo un riferimento della destra europea, non si limiteranno però a questo le sfide dei prossimi anni. “Parte del quadro del decennio di guerra che ci attende saranno le ricorrenti ondate di politica suicida nel mondo occidentale”, ha continuato il Orban, tornando a evocare i suoi vecchi cavalli di battaglia.
Uno di questi è la lotta alla “follia gender”, ormai abbracciata da buona parte della destra del continente, seguita dalla difesa della cristianità dalle insidie “dell’Europa liberale”. Il primo “tentativo di suicidio” nella lista di Orban è però “il grande programma di sostituzione della popolazione europea”, lo stesso complotto evocato negli ultimi anni da numerosi stragisti di estrema destra, da Anders Breivik fino alll’autore della strage di Buffalo di sabato scorso, che, nelle parole del primo ministro ungherese, prevede un piano per “sostituire i bambini cristiani europei scomparsi con migranti”. Una teoria apertamente razzista che, dalle frange più estreme della destra radicale, negli ultimi anni si è fatta largo fino al mainstream.
In particolare oltreoceano, dove esponenti della cosiddetta “alt-right” e commentatori di Fox News, il canale di notizie più seguito negli Stati Uniti, hanno dato forte risalto al presunto piano; al punto che, secondo i sondaggi, circa un americano su tre ritiene che sia in corso un tentativo di sostituire, per scopi elettorali, chi è nato negli Stati Uniti con gli immigrati (che alle elezioni non possono votare).
Uno dei sintomi della crescente “orbanizzazione” della destra americana, come l’ha definita il Washington Post, che vede il leader ungherese sempre più beniamino di chi punta a riportare alla presidenza Donald Trump. Tra i più entusiasti il giornalista Tucker Carlson, il conduttore in assoluto più seguito su Fox News. Meno di un anno fa, Carlson, ha condotto per un’intera settimana la sua trasmissione da Budapest, dove ha intervistato lo stesso Orban. “Nelle ultime notti a Budapest mi sono imbattuto in diversi americani che sono venuti qui perché vogliono stare con persone che sono d’accordo con loro, che sono d’accordo con lei”, ha detto Carlson durante la sua intervista a Orban, in cui il primo ministro ungherese ha rivolto parole di apprezzamento a Donald Trump (“grande amico dell’Ungheria”) e la politica trumpiana dell’“America First”.
Nonostante la diversità di vedute sulla Cina (spesso vicina al governo ungherese) e sui vaccini, la destra americana sembra aver trovato nell’Ungheria quello che una volta i paesi scandinavi erano per i democratici. Una sorta di El Dorado per la destra radicale statunitense, come la chiama Le Monde, a cui guardano sia astri nascenti come il candidato al Senato JD Vance che veterani come l’ex stratega di Trump, Steve Bannon.
A unirli una crociata culturale, con cui i “paleo-conservatori” e la destra più radicale mirano a consolidare la presa sul partito repubblicano, in vista delle elezioni di midterm di quest’anno e soprattutto le presidenziali del 2024, in cui è atteso il ritorno di Trump. L’orientamento più tradizionalista e nazionalista, contrario all’immigrazione e all’allargamento dei diritti civili, trova ampia convergenza con le politiche di Orban, che negli ultimi anni si è scontrato regolarmente con l’Unione Europea sulla risposta all’immigrazione, le violazioni dei diritti Lgbt e il rispetto dello stato di diritto.
Questa tensione con i valori liberali promossi dalla sinistra ma anche dalla destra istituzionale è un tema ricorrente per i sostenitori di Trump, che trovano in Orban un politico che non sarebbe disposto “a mettere disposizione la ricchezza della nazione a ogni immigrato clandestino proveniente dal terzo mondo”, nelle parole di Carlson. Anche Steve Bannon tiene a sottolineare come ci sia una linea diretta che collega il trumpismo alle politiche promosse dal primo ministro ungherese, al governo da 12 anni. “Trump prima di Trump”, è la definizione di Orban data dall’ideologo dell’”America First”.