Orbán caccia l’Fmi
Il premier ungherese ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale di chiudere i suoi uffici a Budapest
Il premier ungherese Viktor Orbán si prepara alle elezioni politiche previste per il 2014 e sembra essere ai ferri corti con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi).
Orbán ha preso le redini del governo ungherese nel 2010 e, a causa delle sue politiche antidemocratiche, aveva già logorato i rapporti anche con Bruxelles.
In una lettera indirizzata a Christine Lagarde, direttore operativo del Fmi, il governatore della banca centrale ungherese, György Matolcsy, spiega che non è più necessario che l’organizzazione di Washington mantenga un ufficio di rappresentanza a Budapest, assicurando che l’Ungheria ripagherà in anticipo le ultime tranches del finanziamento contratto in seguito alla crisi del 2008.
L’Ungheria tenta di riprendere il controllo sull’economia del Paese prima delle nuove elezioni, liquidando al più presto i rimanenti 2.125 miliardi ricevuti dal Fmi. Il pacchetto di aiuti originale, per un totale di 25,5 miliardi, ha contribuito a salvare il paese dalla bancarotta.
L’obiettivo di Orbán è evitare ulteriori ingerenze del Fmi nel bilancio del Paese e dimostrare la capacità di governare autonomamente l’economia, evitando le politiche di austerity imposte dal Fondo in cambio dei sostanziosi prestiti.
Già nel febbraio 2013 il governo Orbán aveva emesso sui mercati finanziari il primo bond ungherese, un titolo di debito per raccogliere capitali nelle borse internazionali da investire nel Paese, primo e timido segnale di una autonoma sovranità economica.
Christine Lagarde ha fatto sapere che accetterà le istanze di Budapest ma che rimane in attesa di una richiesta ufficiale da parte del governo. Il governo confida nell’operatività del Fondo affinchè la sede venga chiusa prima delle prossime elezioni.