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Ohio, lo stato non più in bilico patria degli “hillbillies” di J.D. Vance

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Nel lessico della politica d’Oltreoceano, tante volte la parola Ohio è divenuta sinonimo di “stato in bilico”. Situato nel cuore della rust belt, la cintura della ruggine lungo la quale si concentrano le fabbriche che hanno ceduto il passo alla deindustrializzazione e rappresentano il simbolo di una middle class impoverita che negli ultimi anni è stata più spesso vicina ai repubblicani che ai democratici. E così, come l’industria è diventata in parte un ricordo in quest’area, anche la fama di stato in bilico dell’Ohio sembra stia seguendo lo stesso percorso.

Fino a poco tempo fa vincere in questo stato sembrava indispensabile per vincere le elezioni, e la storia insegna che questo vale in primis per i repubblicani. I democratici sono riusciti ad arrivare alla Casa Bianca anche senza strappare l’Ohio ai rivali, l’ultima volta proprio quattro anni fa, quando Trump superò Biden di circa sette punti. Dopo due tornate elettorali consecutive in cui questo stato ha visto vittoriosi i repubblicani con un margine rilevante, tanto più in vista di un’elezione che vedrà un senatore di questo stato come J.D. Vance candidato vicepresidente proprio con il GOP, è difficile continuare a considerare l’Ohio uno “stato in bilico” allo stesso modo di come si faceva fino a non troppo tempo fa. E al tempo stesso, come la vittoria di Biden nel 2024 conferma, non è forse nemmeno più così indispensabile vincerlo per andare alla Casa Bianca, complice anche una redistribuzione demografica che ha attribuito a questo stato un peso minore rispetto al passato.

Variazione dei posti di lavoro nel settore manifatturiero tra il 1954/1958 e il 2002. Credit: Veillantif/Wikicommons

Ad ogni modo, l’Ohio si caratterizza come uno stato con una popolazione a netta maggioranza bianca e per circa metà protestante, costellato da una serie di grandi città, alcune situate lungo la costa del lago Erie come Cleveland, intorno a cui si trovano le principali industrie, e Toledo, altre sparse nel resto dello stato, dalla capitale Columbus a Cincinnati. Sono proprio le principali aree urbane, dove inoltre si trova anche la quasi totalità della comunità afroamericana dello stato, le principali roccaforti democratiche, compresa Cincinnati, con uno storico passato più conservatore ma che ha seguito lo stesso percorso di numerosi grandi centri urbani statunitensi, in cui l’elettorato si è spostato a sinistra. Tuttavia, la deindustrializzazione, l’impoverimento della middle class americana ha colpito soprattutto nei sobborghi di queste grandi città, facendoli votare maggiormente verso i repubblicani che hanno saputo intercettare al meglio questo voto e limitando il successo nelle roccaforti delle grandi città. I dati, infatti, mostrano come in Ohio ci siano alcune delle contee americane maggiormente toccate dalla perdita di posti di lavoro nell’industria manifatturiera tra gli anni Cinquanta e gli anni Duemila, problema che non tocca soltanto le grandi città, ma anche un’altra area dello stato in cui l’industria è legata soprattutto alle miniere di carbone.

La mappa elettorale dell’Ohio alle presidenziali del 2020

La regione in questione è quella degli Appalachi, raccontata dal candidato vicepresidente repubblicano JD Vance nel libro che lo ha reso famoso, “Hillbilly elegy”. Cosa è, intanto, un hillbilly? Questo termine in italiano non ha una vera traduzione, tanto che il libro nel nostro Paese è uscito come “Elegia americana”, ma ha sicuramente due connotati, uno dispregiativo e uno legato al territorio rurale e montuoso proprio della macroregione degli Appalachi, che attraversa gran parte dell’est degli States toccando anche l’Ohio. Questa fascia di territorio era sede di numerose miniere di carbone, e da un punto di vista politico ha subito un processo simile a molte aree in giro per il mondo, dal nord della Francia alla confinante West Virginia: è passata da essere una zona tendente a sinistra a una zona di segno opposto. Le chiusure delle miniere, le politiche ambientaliste dei democratici, hanno infatti contribuito allo spostamento a destra di quest’area. Fino ancora alle elezioni del 2000, in cui Bush in Ohio sconfisse Bush con un margine di oltre tre punti, le contee addossate agli Appalachi votavano ancora i democratici, ma già nel 2012, nonostante la vittoria di Obama sia a livello nazionale che in Ohio con circa tre punti di vantaggio su Romney nello stato, tali contee hanno votato in maggioranza per i repubblicani, cosa che hanno continuato a fare consolidando le proprie percentuali nel 2016 e nel 2020.

La vittoria di Donald Trump su Kamala Harris il 5 novembre, alla luce di tutto questo, sembra quasi scontata. La media dei sondaggi parla di un vantaggio del candidato repubblicano di quasi otto punti che consegnerebbero al GOP la terza elezione presidenziale consecutiva vinta in Ohio a prescindere da chi finisca alla Casa Bianca. Forse dovremmo smettere di chiamarlo stato in bilico.

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