L’Odissea del debito greco
Prestiti, default, accordi con i creditori, commissariamento, austerity, elezioni. Tutto già scritto: le crisi finanziarie in Grecia si ripetono da più di cento anni
Non è solo colpa della Merkel, dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale. I problemi finanziari della Grecia non sono riconducibili soltanto all’adozione dell’euro, ai danni collaterali causati dalla crisi del 2008 e alle politiche imposte dalla Troika dopo il 2010.
Alexis Tsipras ha vinto le elezioni per la seconda volta in un anno e forse avrà capito che non esiste un unico colpevole al quale far pagare il conto della crisi greca, mentre avere una buona memoria aiuterebbe a non commettere gli stessi errori. Quattro documenti d’archivio testimoniano che esistono problemi intrecciati nel tessuto endemico della storia della Grecia moderna fin dal 1821. E, soprattutto, che la vita continua anche dopo il fallimento.
1. Sono più di 100 anni che banche e istituti di credito speculano sul fallimento della Grecia
Atene, novembre 1893. Il diplomatico italiano principe di Cariati scrive al ministro degli Esteri Benedetto Brin (governo Giolitti): “Le banche hanno, come al solito, contribuito molto ad attrarre i piccoli capitalisti disseminando le credenze più favorevoli circa l’avvenire economic[o] della Grecia e nessun avvertimento dall’alto è venuto ad aprire gli occhi a coloro che si lasciavano in tale guisa ingannare, mentre avrebbero dovuto […]. È notorio che il governo ellenico non rispettava gl’impegni presi verso i suoi creditori […], il governo era costretto a ricorrere ad espedienti di ogni sorta risultanti sempre in ulteriori aumenti delle passività dello Stato”.
2. Sono più di 100 anni che la Grecia cerca continui accordi con i creditori stranieri per salvare la nazione
Atene, maggio 1894. Il diplomatico italiano conte Fè D’Ostiani scrive allarmato al ministro degli Esteri Alberto Blanc (governo Crispi): “Le conseguenze di una rottura definitiva di ogni negoziato per l’assestamento finale del debito pubblico greco sarebbe[ro] infatti un disastro irreparabile la cui eventualità deve preoccupare al massimo grado questi governanti”.
3. Sono più di 100 anni che il governo greco ha difficoltà nella gestione delle proprie risorse economiche e finanziarie
Atene, 22 settembre 1895. Il diplomatico italiano Carlo Alberto Pisani Dossi scrive al ministro Alberto Blanc (governo Crispi): Il governo greco, con a capo Charilaos Trikoupis, aveva riempito “di grandi frasi e illusioni il popolo ellenico ed impegnandolo in grosse spese senza avere la minima probabilità di pagarle, lo aveva sprofondato nella voragine del debito. Per trarlo da questa, nessuno dei due soliti mezzi sia dell’economia fino all’osso, sia delle imposte fino all’estrema potenzialità del Paese poteva servire, perché si era arrivati già fino all’osso quanto alle economie, e, quanto alle imposte, il popolo ellenico, per cui l’esattore è tuttora e sarà sempre un turco [uno straniero, un vessatore indesiderato], non riusciva interamente a pagare neppure le esistenti. Ne erano prova i recenti tumulti delle popolazioni rurali dell’Elide [regione nord-occidentale del Peloponneso] dalle quali esattori ed uscieri venuti per esigere tasse ed intimare sequestri avevano dovuto fuggire colle vesti stracciate e le spalle ammaccate”.
4. Sono più di 100 anni che la Germania impone la linea dura in materia fiscale nei confronti di Atene
Atene, maggio 1897. L’ambasciatore d’Italia a Berlino Michele Lanza scrive al ministro Visconti-Venosta (governo Rudinì): “La Germania considerava la Grecia puramente come una violatrice del diritto delle genti, a trattarla per sovrappiù col disprezzo del creditore verso il debito che ricusa di soddisfare ai suoi impegni. […] L’opera della politica tedesca non è certo però ancora compiuta; mancano ancora due cose: una regolarizzazione delle finanze greche, la quale assicuri i titoli di credito posseduti dai tedeschi dalla bancarotta”.
Il passato
La storia insegna, dunque, che la vita continua anche dopo il fallimento. Dopo le due Guerre mondiali, però, la musica greca non sembra essere cambiata. Negli anni Settanta, da quando in Grecia è tornata la democrazia dopo la fine del regime dei Colonnelli, il debito greco ha ricominciato a crescere sotto i governi di Konstantinos Karamanlis, padre fondatore del partito di centrodestra Nea Demokratìa e promotore dell’ingresso del suo Paese nella Comunità economica europea (Cee). Tutto ciò ha portato a un’altissima inflazione, un enorme deficit nella bilancia dei pagamenti e una profonda recessione.
Negli anni Ottanta, da quando nel 1981 la Grecia è entrata a far parte della Cee, mentre saliva al potere Andreas Papandreou, guida del Pasok – movimento socialista panellenico -, la gestione dell’economia non è sembrata ispirata a sani princìpi di bilancio. In circa un decennio la Grecia ha preso denaro in prestito da ogni parte, per finanziare i consumi, un ipertrofico e inefficiente settore pubblico e un sistema di previdenza sociale che ben presto ha portato il Paese sull’orlo del fallimento. Secondo il Professor Veremis, “nella politica del Pasok di socialista c’era ben poco: non si prendeva dai ricchi per dare ai poveri, ma si caricavano tutti di debiti”. Nel 1985 il governo greco si assicurò un prestito di 1,75 miliardi di dollari da parte della Cee. Ciononostante, alla fine degli anni Ottanta, Fmi, Ocse e Commissione europea pubblicarono relazioni preoccupanti sulle condizioni delle finanze greche.
Da quando nel 1990 Nea Demokratìa è ritornata al governo, è stato messo sotto accusa il Pasok: in dieci anni di governo socialista il debito greco era salito dal 35 per cento (1980) al 120 per cento (1990) del Pil. Il governo di centrodestra impose l’austerity e di conseguenza perse le elezioni nel 1993. Il Pasok tornò al governo promettendo ai cittadini nuovi giorni felici. Nello stesso anno nacque l’Unione europea e due anni dopo il progetto della moneta unica. Quanto alla Grecia, si voltò pagina con la morte dei due leader più importanti del secondo dopoguerra, poli opposti della politica di Atene, protagonisti assoluti della storia del Paese: il 23 giugno 1996 morì Andreas Papandreou, guida storica del Pasok, e il 22 aprile 1998 lo seguì Konstantinos Karamanlis, fondatore e immagine di Nea Demokratìa.
Negli anni Duemila la Grecia divenne il dodicesimo membro della zona euro (2001). Mentre gli economisti più attenti continuavano a chiedersi cosa avesse permesso alla Grecia di adottare l’euro nonostante le sue finanze disastrate, ad Atene, come due fantasmi provenienti dal passato, tornarono protagonisti della scena politica un Karamanlis e un Papandreou. Questa volta si trattava di Kostas Karamanlis, nipote di Konstantinos, e Giorgos Papandreou, figlio di Andreas. Furono loro a far camminare i greci sull’orlo del precipizio, trascinando il popolo ellenico irrimediabilmente verso l’oblìo.
Il presente
L’adesione della Grecia all’area monetaria dell’euro ha praticamente reso impossibile utilizzare quegli strumenti di politica monetaria che nel passato avevano aiutato il Paese a superare le crisi finanziarie. Se nell’Ottocento e nel Novecento la Grecia poteva contare sulla propria sovranità monetaria, nonostante i ripetuti fallimenti e il commissariamento delle finanze elleniche nel 1898 da parte delle potenze europee, con il Trattato di Maastricht si eliminavano molti degli strumenti economici e finanziari per uscire da questo genere di crisi.
Le Olimpiadi del 2004 sembravano proiettare la Grecia nella modernità ma furono, invece, l’occasione per contrarre nuovi prestiti, che resero il Paese ancora più vulnerabile durante la crisi finanziaria iniziata nel 2007. Il paventato fallimento del 2010 ha segnato l’inizio di trattative per il salvataggio finanziario della Grecia che durano fino a oggi.
Nel gennaio 2015 è arrivato Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras. Per la prima volta una forza radicale di sinistra, contraria alle politiche di austerità, è salita al governo in un Paese membro dell’Unione Europea. A differenza del Diciannovesimo secolo, il debito greco contemporaneo non è detenuto prevalentemente da piccoli e medi creditori, ma da grandi istituti finanziari, trasformatisi da mediatori in investitori. Un altro motivo per cui la Grecia ha incontrato grandi difficoltà nel trovare un accordo con i creditori.
Nonostante il referendum l’accordo è stato necessario e il risultato, dopo cento anni, non è cambiato: le conseguenze degli errori commessi dai governanti, tanto quelli che hanno gestito i soldi ad Atene quanto quelli che hanno prestato capitali alla Grecia dal resto d’Europa, ricadono inesorabilmente sulla popolazione greca e minacciano pericolosamente la stabilità dell’intero continente.
*L’articolo si basa sul volume di Alessandro Albanese Ginammi e Giampaolo Conte, L’Odissea del debito. Le crisi finanziarie in Grecia dal 1821 a oggi.