La nuova rotta libica dell’hashish diretto in Europa
La Libia è diventata lo snodo principale per trasportare la droga nel continente, con i trafficanti che a volte scendono a patti persino con i miliziani dell’Isis
Nel 2013 due navi della Marina militare fermarono nel canale di Sicilia un cargo proveniente dalla Libia e scoprirono a bordo oltre 20 tonnellate di hashish, uno dei più grossi carichi mai intercettati nel nostro paese.
Per le autorità italiane fu il primo segnale che qualcosa stava cambiando. Fino a quel momento la maggior parte dell’hashish sequestrato era stato trovato nascosto in piccole barche o aerei privati provenienti dal Marocco e diretti in Spagna attraverso lo stretto di Gibilterra.
Adesso, invece, la droga era stata trovata a bordo di una nave grande come un campo di calcio a centinaia di miglia nautiche dalla rotta abitualmente utilizzata dai trafficanti.
Nei mesi successivi i sequestri su cargo che avevano fatto scalo in Libia si sono moltiplicati. In tutto, in due anni, sono state confiscate oltre 280 tonnellate di hashish a bordo di venti diverse navi: una quantità che da sola vale la metà dell’hashish sequestrato in un anno in tutto il continente. Una volta arrivati in Europa, i carichi avrebbe fruttato complessivamente oltre 2 miliardi di euro.
L’ultima operazione, condotta a settembre dalla Guardia civil spagnola, ha portato al sequestro di altre 15 tonnellate di hashish a bordo di una nave salpata dalle coste marocchine e diretta verso la Libia.
“La nuova rotta attraverso la quale l’hashish africano arriva in Europa parte dal Marocco, passa dall’Algeria e la Tunisia e raggiunge Tobruk o addirittura Sirte (fino a poche settimane fa sotto il completo controllo dell’Isis, ndr) e da qui arriva in Italia o nei Balcani”, spiega Thomas Pietschman, funzionario dell’Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per contrastare il narcotraffico e il crimine.
Sono principalmente due le ragioni per le quali la droga non viene più trafficata lungo la rotta più breve, attraverso lo stretto di Gibilterra: “A partire dal 2007 l’Unione europea ha iniziato a investire sensibilmente in telecamere posizionate lungo le coste meridionali della Spagna, e questo ha permesso di rendere più facile l’intercettazione delle imbarcazioni”, fa notare il funzionario Onu.
Operazione di controllo della Guardia di Finanza su una nave cargo sospettata di trasportare droga (l’articolo prosegue sotto la fotografia)
Ma soprattutto, l’instabilità causata dallo scoppio della guerra civile in Libia, con il territorio controllato da milizie rivali che hanno continuo bisogno di autofinanziarsi e uno stato centrale che non ha alcun potere in molte aree del paese, ha spinto i narcotrafficanti a privilegiare la nuova rotta.
“Quello che sappiamo con certezza è che la Libia non è la nazione dove viene consumato l’hashish, dunque l’unica ragione per la quale le navi sono state intercettate a largo delle coste libiche, è che il paese è diventato uno scalo verso l’Europa”, fa notare Pietschman.
Questo significa che la rotta della droga passa anche attraverso i territori controllati dal sedicente Stato islamico.
Come ha rivelato il procuratore nazionale anti-mafia Franco Roberti, alcune indagini condotte dalla Guardia di Finanza che non sono state rese pubbliche, i miliziani dell’Isis e componenti della mafia hanno avuto contatti per trafficare hashish in Italia, anche se a quanto pare i miliziani impongono solo una tassa per il transito della droga ma non si occupa direttamente dello smercio.
“Tuttavia non siamo assolutamente in grado di stabilire quanto l’Isis possa guadagnare da questo tipo di commercio”, avverte Pietschman. Secondo uno studio condotto dalla società IHS citato da Reuters, i guadagni dal traffico di hashish rappresentano il 7 per cento dei finanziamenti del gruppo estremista.
Nel 2016 nel canale di Sicilia non è stato fatto alcun sequestro record come quello del 2013, ma Pietschman è convinto che questo sia dovuto principalmente al fatto che i trafficanti hanno cambiato strategia, utilizzando piccoli pescherecci più difficili da individuare.
In base alle stime dell’Ufficio delle Nazioni Unite per la lotta ai narcotici e al crimine, il commercio illegale di droga vale per la malavita italiana guadagni superiori ai 32 miliardi di euro.