Norvegia, il villaggio degli orrori: 151 stupri e violenze sessuali in una comunità di 2mila persone
In una piccola comunità di 2mila persone che abita a nord del circolo polare articolo, la polizia norvegese ha documentato 151 casi di abusi sessuali, tra cui stupri di bambini, consumatisi a partire dagli anni Cinquanta
In una piccola comunità di 2mila persone che abita a nord del circolo polare articolo, la polizia norvegese ha documentato 151 casi di abusi sessuali, tra cui stupri di bambini.
I reati si sono verificati per decenni, tra gli anni Cinquanta e il 2017, ma sono stati scoperti solo di recente.
Nina Inversen è una donna di 49 anni nata e cresciuta a Tysfjord, comune norvegese della contea di Nordland. Per anni Nina ha subito le molestie dei suoi familiari e di alcuni esponenti della sua comunità, fin dall’età di 14 anni si era ripromessa di denunciare l’accaduto e fermare le violenze.
Oggi ha trovato il coraggio di raccontare tutto e attirare l’attenzione su un caso molto particolare.
A dare il via alle indagini, un’inchiesta del giornale Verdens Gang, che nel 2016 ha pubblicato un articolo riportando le testimonianze di 11 persone, che confessavano di aver subito pesanti molestie nel piccolo villaggio della Lapponia norvegese. Tali dichiarazioni hanno spinto le autorità a investigare sulla vicenda, indagine che ha portato alla luce i terribili fatti.
Gli individui incriminati al momento sono dieci, un numero che, secondo gli inquirenti, potrebbe aumentare considerevolmente. Se i casi di violenza accertati che vedono vittime uomini, donne e bambini sono 83, 92, invece, sono le persone sospettate di aver commesso gli abusi, tra cui tre donne che potrebbero a loro volta averli anche subiti.
Un centinaio circa, di questi 151 stupri, purtroppo resteranno impuniti, in quanto consumati nel 1953: il reato sarebbe quindi caduto in prescrizione.
Ben 43 delle vittime di tali abusi all’epoca erano bambini. I protagonisti della vicenda sono membri della comunità Sami, fedeli al Laestadianesimo, un movimento conservatore di matrice luterana: inizialmente si era anche ipotizzato, che l’osservanza di tale credenza, potesse aver indotto alcuni membri del piccolo villaggio alla pratica dello stupro, ipotesi in seguito smentita.
L’appartenenza a questa fede, ha spiegato la polizia norvegese, ha reso difficile portare alla luce questi episodi, in quanto alcuni sospetti hanno preferito rivolgere il loro pentimento alla religione piuttosto alle autorità giudiziarie.
Quando Nina era adolescente si scambiava informazioni con altri ragazzi sugli abusi sessuali subiti. Gli adulti non aveva invece capito la portata del problema.
“Ci hanno chiamato puttane, bugiardi, molti di noi sono stati trattati in questo modo e siamo stati minacciati di non parlarne”, ricorda la donna.
Da piccola Nina viveva in uno stato di terrore perpetuo, circondata dai familiari responsabili delle violenze.
Tysfjord sorge in un fiordo profondo circa 900 metri ed è diviso in due: una parte, Drag, si trova sulla sponda occidentale, e l’altra, Kjopsvik, a est. A collegare le due parti c’è un traghetto che fa avanti e indietro tra le due sponde.
Nel 2005, Nina Iversen era una madre. Preoccupata per i suoi figli e per la minaccia di abusi sessuali, era costantemente in contatto con i servizi di assistenza ai minori.
“Raccontavo a tutti quanto mi era successo ma per essere creduta bisogna avere le spalle coperte e io venivo da una famiglia povera, come me, molte persone venivano ignorate”, racconta la donna.
Nina non era l’unica persona a cercare di attirare l’attenzione delle autorità. Nel 2007, i disperati genitori Sami di un bambino che aveva subito violenza sessuale scrissero una lettera al primo ministro per chiedere aiuto. La lettera circolò molto sui media ma senza grandi risultati.