A che punto sono i negoziati di adesione alla Ue della Turchia
A che punto sono i negoziati di adesione alla Ue della Turchia
L’offensiva della Turchia nel nord est della Siria ha scatenato proteste e condanne da parte di tutto l’occidente. I due temi fra i più dibattuti in ambito Ue, come strumento di deterrenza nei confronti di Erdogan, sono stati il blocco dell’export di armi ad Ankara e l’annullamento dei negoziati di adesione all’Unione europea.
“È un’ironia che si stia discutendo di sanzioni e misure come l’embargo di armi contro un Paese che è formalmente impegnato nel dialogo di adesione con l’Ue. Come austriaci pensiamo che questi negoziati per l’adesione, che abbiamo congelato in questi ultimi due o tre anni, grazie al nostro governo, sia ora cancellato formalmente”, aveva detto il ministro degli Esteri austriaco Alexander Schallenberg al Consiglio Ue.
Quella sull’ingresso della Turchia nell’Unione europea, secondo il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, “è una polemica inutile, perché i negoziati con la Turchia non vanno avanti da almeno 10 anni, per cui sono già congelati: non ci sono tavoli in corso”.
La Turchia è uno dei 5 paesi candidati a entrare nella Ue, insieme ad Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia. Ma a che punto sono dunque effettivamente i negoziati di adesione della Turchia in Europa?
La Turchia ha ottenuto lo status di paese candidato alla Ue nel dicembre 1999. Cinque anni più tardi, nel dicembre 2004, il Consiglio europeo ha deciso che la Turchia soddisfaceva sufficientemente i criteri per l’avvio dei negoziati di adesione. I negoziati si sono avviati formalmente il 3 ottobre 2005.
Nel febbraio 2008 il Consiglio ha adottato il partenariato per l’adesione riveduto con la Turchia. Il 29 novembre 2015 i capi di Stato o di governo dell’UE hanno tenuto una riunione con la Turchia che ha segnato una tappa importante nello sviluppo delle relazioni UE-Turchia e negli sforzi di gestione della crisi migratoria. L’UE e la Turchia hanno deciso di rilanciare il processo di adesione della Turchia all’Unione europea. Durante la riunione a seguito del Consiglio europeo del 17 e 18 marzo 2016 i leader dell’UE e la Turchia hanno convenuto di accelerare l’adempimento della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti, con l’obiettivo di abolire l’obbligo del visto per i cittadini turchi entro la fine di giugno 2016, a condizione che tutti i parametri di riferimento siano stati soddisfatti.
Finora sono stati aperti 16 dei 35 capitoli e un capitolo è stato provvisoriamente chiuso.
Tra i capitoli ancora in stallo – e difficili da sbloccare – vi sono quelli sulla libertà di circolazione dei lavoratori, su magistratura/Diritti fondamentali, su giustizia/Libertà/Sicurezza, oltre ad a Ambiente, Politica sociale e occupazione e Disposizioni finanziarie e di bilancio.
Le riforme costituzionali in senso presidenziale volute da Erdogan nel 2017, che limitano i poteri del parlamento e accentrano nelle mani del presidente una serie di poteri, hanno contribuito allo stallo dei negoziati.
C’è da sottolineare, come ha spiegato TPI in questo articolo, che l’Ue comunque fornisce alla Turchia dei fondi miliardari. Solo nel 2019 la Banca Europea ha finanziato progetti in Turchia per il valore di 66 milioni. Mentre nel 2018 i finanziamenti sono stati pari a 385,7 milioni, di cui 235 solo per lo sviluppo del Tanap (Trans Anatolian Pipeline), il lungo gasdotto che attraversa tutta la Turchia partendo dal confine con la Georgia fino ad arrivare al confine greco. A questa cifra vanno aggiunti i finanziamenti del “Piano di pre-accesso all’Europa” (IPA), il pacchetto di misure finanziate dall’Ue per favorire l’avvicinamento della Turchia ai requisiti economici richiesti per l’accesso turco all’UE: dal 2014 al 2020 l’Unione europea ha stanziato 4,4 milioni di euro per progetti in tutti i settori dell’economia turca. Infine ci sono i sei miliardi che l’Ue ha concesso ad Ankara a partire dal marzo 2016, in cambio dell’impegno del presidente della Turchia Erdogan a fermare i migranti.
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