Nato, nuove armi per la difesa aerea dopo i bombardamenti russi a Kiev
Il bombardamento russo di Kiev avvenuto all’inizio di questa settimana ha fatto suonare un campanello d’allarme per la Nato, che adesso ha messo la difesa dello spazio aereo in cima alla lista delle priorità da affrontare con la guerra in atto. I ministri della Difesa di 14 Paesi membri, insieme a quello della Finlandia – che non è ancora ufficialmente entrata a far parte del Patto Atlantico – hanno concordato di potenziare la difesa aerea missilistica integrata, in particolare nei paesi europei. In quest’ottica verranno acquistati sistemi Arrow 3 israeliani, ma anche Patriot made in Usa e Iris-t dalla Germania. L’iniziativa, denominata European sky shield, coinvolge poco meno della metà dei membri della Nato, tra cui Germania, Gran Bretagna, Slovacchia, Norvegia, Lettonia, Estonia, Ungheria, Bulgaria, Belgio, Cechia, Finlandia, Lituania, Paesi Bassi, Romania e Slovenia. Polonia e Francia non hanno aderito.
Da marzo scorso l’Ucraina ha sollevato il tema della difesa dei cieli, ma soltanto recentemente – dopo gli attacchi diretti alla capitale – gli Stati Uniti hanno acconsentito a fornire a Zelensky sistemi antimissile e antiaerei. Gran parte dei Paesi coinvolti nel progetto non ha mai posseduto armi di questa portata: i paesi europei si sono opposti per anni a creare uno “scudo” per evitare di indispettire la Russia, ma i recenti accadimenti hanno fatto cadere ogni forma di cautela. Dal canto suo, Mosca non ha fatto nulla per stare alle regole: già 15 anni fa aveva iniziato a violare gli accordi del trattato sulle forze nucleari a medio raggio (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty Inf), siglato nel 1987 per mettere un freno alla cosiddetta questione degli Euromissili.
Il Cremlino infranse il trattato equipaggiando due battaglioni, di stanza in prossimità dell’Unione europea, con dispositivi mobili per il lancio di testate atomiche a medio raggio. Ad acuire il clima da Guerra Fredda anche un’esercitazione nucleare che la Nato ha in programma la prossima settimana. “È di routine – assicura Stoltenberg – ma non è stata posticipata per non dare un messaggio errato alla Russia”.