La rivista National Geographic ha riconosciuto il suo passato razzista
La direttrice, Susan Goldberg, ha ammesso in un editoriale pubblicato nel numero di aprile 2018 che per anni il magazine ha ignorato gli americani non bianchi e ha mostrato i gruppi etnici diversi come dei selvaggi, fomentando "ogni tipo di cliché"
La rivista americana National Geographic, uscita per la prima volta nel settembre del 1888, ha ammesso il proprio passato razzista.
La direttrice, Susan Goldberg, ha ammesso in un editoriale che per anni il magazine ha ignorato gli americani non bianchi e ha mostrato i gruppi etnici diversi come dei selvaggi, fomentando “ogni tipo di cliché”.
National Geographic, che ha una tiratura di circa 6 milioni di copie in tutto il mondo, ha deciso di riesaminare la sua storia in occasione della ricorrenza dei 50 anni dall’assassinio di Martin Luther King.
“Affrontiamo il vergognoso uso del razzismo di oggi come strategia politica e dimostriamo che siamo migliori di questo”, ha scritto Goldberg in un editoriale intitolato: “Per decenni, la nostra copertura è stata razzista”.
Goldberg ha scritto che parte del materiale di archivio della rivista l’ha lasciata “senza parole”.
La direttrice cita una foto del 1916 che ritraeva degli aborigeni australiani con la didascalia “Persone nere dell’Australia Meridionale: questi selvaggi hanno il rango più basso nell’intelligenza di tutti gli esseri umani”.
Il tweet della National Geographic con l’immagine della copertina del numero di aprile 2018, all’interno del quale si trova l’articolo della direttrice sul passato razzista della rivista:
Our April issue is devoted to exploring race—how it defines, separates and unites us. Read the story behind the cover: https://t.co/PPTVg3UpM8 pic.twitter.com/5kunxfDrHt
— National Geographic (@NatGeo) 12 marzo 2018
La rivista ha chiesto allo storico John Edwin Mason, professore associato dell’Università della Virginia, di effettuare uno studio sulla copertura avuta nella storia.
Mason ha dichiarato che National Geographic ha contribuito a rafforzare gli atteggiamenti razzisti utilizzando una “tremenda autorità”.
La sua ricerca ha messo in luce che, fino agli anni Settanta, la rivista mostrava gli americani neri solamente nella veste di operai o domestici.
Mason ha anche citato delle foto che riprendevano degli indigeni che incontravano per la prima volta la tecnologia occidentale.
Lo scatto simboleggiava la divisione tra “noi e loro” nel senso di distinguere tra “civilizzati e incivili”.
Lo storico ha però anche riconosciuto il buon lavoro svolto dalla rivista mostrando ai suoi lettori una visione del mondo più ampia.
“Si può dire che una rivista può aprire gli occhi della gente nello stesso momento in cui li chiude”, ha affermato Mason.