Nagorno-Karabakh: nuovi bombardamenti sulla capitale Stepanakert
I combattimenti sono iniziati una settimana fa. Non sono mai stati così pesanti dagli anni '90, quando morirono circa 30mila persone. Il conflitto rischia di coinvolgere altre potenze, come la Russia e la Turchia, e di interrompere l'approvvigionamento energetico attraverso il Caucaso meridionale
Nuovi bombardamenti hanno scosso la principale città della regione separatista del Nagorno-Karabakh, teatro di una settimana di scontri tra secessionisti armeni e forze azere. Le sirene di allarme hanno suonato intorno alle 9,30 (7,30 in Italia) di domenica 4 ottobre in città, poco prima che le esplosioni si moltiplicassero. Le autorità azere hanno dichiarato di aver adottato “misure di ritorsione” dopo che i separatisti armeni hanno lanciato razzi da Stepanakert.
Nagorno-Karabakh: cosa succede
Il ministero degli Esteri dell’autoproclamata repubblica ha indicato che si trattava di “colpi di razzo”, secondo l’agenzia russa Interfax. Negli ultimi giorni, numerosi bombardamenti di questo tipo hanno colpito la città, costringendo le persone a rifugiarsi in scantinati, rifugi e garage. Da sabato sera non c’è più elettricità. Secondo il ministero, le forze azere hanno “attaccato la sede della rete elettrica”. Nel centro della città i danni sono stati limitati. Da parte sua, il ministero della Difesa azero ha detto che “le forze armene stanno lanciando razzi contro le città di Terter e Horadiz, nella regione di Fizuli da Khankendi”, il nome azero di Stepanakert. “L’esercito azero ha adottato misure di ritorsione appropriate contro il nemico”, ha detto.
I combattimenti sono iniziati una settimana fa. Non sono mai stati così pesanti dagli anni ’90, quando furono uccise circa 30mila persone. Il conflitto rischia di coinvolgere altre potenze, come la Russia e la Turchia, e di interrompere l’approvvigionamento energetico attraverso il Caucaso meridionale, dove gli oleodotti trasportano petrolio e gas azero ai mercati mondiali.
Nagorno-Karabakh: un po’ di storia
Il conflitto risale al 1988, prima della disintegrazione dell’URSS, quando il governo locale del Nagorno, assegnato da Stalin a suo tempo all’Azerbaigian, chiese di passare dalla Repubblica sovietica dell’Azerbaigian a quella, sempre sovietica, dell’Armenia. Allora vi furono scontri fra milizie etniche, che un intervento di forze sovietiche non riuscì a risolvere. Con la dissoluzione dell’Urss, nel 1991, scoppiò una vera e propria guerra fra Armenia e Azerbaigian, durante la quale morirono almeno 30mila persone prima di arrivare ad un cessate il fuoco, nel 1994, mediato e teoricamente controllato da un apposito organo internazionale, il Gruppo di Minsk, co-presieduto da Francia, Russia e Stati Uniti.
Di fatto le ostilità non sono mai del tutto cessate sullo sfondo del fermo rifiuto del governo di Baku di accettare l’amputazione territoriale e della rivendicazione armena del diritto della popolazione interessata all’autodecisione, esercitato nella fattispecie con la proclamazione di una repubblica, la Repubblica di Artsakh, la cui indipendenza non è stata sinora riconosciuta da nessuno; compreso, per motivi tattici, lo stesso governo di Erevan.
A ciò si aggiunge – e fa crescere la tensione e il pericolo di guerra aperta- quella che viene definita ‘occupazione’ del Nagorno Karabakh, e di sette distretti circostanti della Repubblica dell’Azerbaigian, da parte dell’Armenia, con l’insediamento illegale nei territori occupati dell’Azerbaigian. I negoziati sono a un punto morto. Ora, dopo un luglio e un agosto di tensioni, il rischio di una guerra totale viene paventato da molte parti. Il rischio di un coinvolgimento di Russia e Turchia appare poco probabile, ma quello dell’inizio di una ennesima guerra per procura sostenuta da attori esterni potrebbe essere da mettere in conto.
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