Myamnar, ennesima condanna per Aung San Suu Kyi: salgono a 33 gli anni di carcere da scontare
Myamnar, ennesima condanna per Aung San Suu Kyi: salgono a 33 gli anni di carcere da scontare
L’ex leader del Myanmar Aung San Suu Kyi, arrestata l’anno scorso a seguito di un colpo di stato, è stata condannata ad altri 7 anni di carcere per corruzione. Salgono così a 33 gli anni che in totale la vincitrice del premio Nobel per la pace dovrà trascorrere in carcere. L’ultima condanna riguarda cinque capi d’accusa per l’affitto di un elicottero per un ministro, portando a 19 i reati per cui è stata finora condannata. La presidente della Lega nazionale per la democrazia (Nld), partito che ha vinto le ultime elezioni tenute nel paese, è attualmente tenuta in isolamento in una prigione di Naypyidaw.
Figlia del generale che ha fondato l’esercito nazionale e protagonista della lotta per la democrazia nel Myanmar, Aung San Suu Kyi era già stata arrestata durante la campagna per le prime elezioni libere del paese, vinte dal suo partito nel 1990, trascorrendo 15 dei successivi 21 anni agli arresti.
Il suo rilascio nel 2010 ha coinciso con un periodo di apertura che ha portato alla fine di 49 anni di governo militare. Negli anni successivi, Aung San Suu Kyi ha occupato un ruolo di primo piano nella politica del paese come ministro degli Esteri e consigliere di Stato, una posizione creata ad hoc simile a quella di primo ministro.
Tuttavia, la gestione della crisi dei rifugiati della minoranza musulmana rohingya, che ha spinto più di un milione di persone a fuggire in Bangladesh, ha esposto lei e il suo governo a dure critiche, spingendo diverse organizzazioni umanitarie a revocare riconoscimenti che le erano stati conferiti negli anni della detenzione.
Dopo il suo ultimo arresto a febbraio 2021, la 76enne è stata condannata di numerosi reati che vanno dall’importazione di walkie-talkie alla violazione di leggi sui segreti ufficiali. I suoi processi sono stati chiusi alla stampa e anche ai suoi avvocati è stato impedito di parlare con i giornalisti.
Secondo Amnesty International, i processi dimostrano come i militari abbiano “usato i tribunali come arma tramite accuse politicamente motivate o farsesche contro gli oppositori”.
Il 1° febbraio 2021 l’esercito del Myanmar ha deposto il governo della Nld, che aveva vinto le elezioni il precedente novembre conquistando l’84 percento dei seggi. Secondo il gruppo Assistance Association for Political Prisoners con sede in Thailandia, più di 16.600 persone sono state uccise dai militari e oltre 13.000 sono ancora in prigione.