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Il dossier di monsignor Carlo Viganò che accusa Papa Francesco: “Sapeva degli abusi sui minori”

Immagine di copertina
L’arcivescovo Carlo Maria Viganò al centro. Credit: AFP

Nel documento si legge che Papa Francesco e altre massime autorità del Vaticano erano a conoscenza degli abusi del cardinale Theodore McCarrick

L’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ha pubblicato un dossier per chiedere le dimissioni del Papa a causa degli scandali sugli abusi sessuali compiuti dall’ex arcivescovo di Washington Theodor McCarrick.

L’appello arriva mentre Papa Francesco è in visita in Irlanda, dove ha incontrato le vittime dei preti pedofili. Il Pontefice ha parlato di “crimini ripugnanti”, per la Chiesa e per lui stesso, “causa di sofferenza e di vergogna”.

Il quotidiano La Verità ha pubblicato domenica 26 agosto il lungo dossier di 11 pagine firmato da Carlo Maria Viganò.

Nel dossier si legge che Papa Francesco e altre massime autorità del Vaticano erano a conoscenza degli abusi del cardinale Theodore McCarrick dal 2000.

Nel documento l’arcivescovo Carlo Maria Viganò affronta il tema della lobby omosessuale all’interno della Chiesa.

L’ex nunzio apostolico sostiene che Bergoglio avrebbe ignorato gli abusi sessuali.

Una parte del documento scritto dall’ex nunzio apostolico Carlo Maria Viganò contro Papa Francesco.

La testimonianza di monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo di Ulpiana, nunzio apostolico: fin dal 2006 ero venuto a conoscenza dei sospetti su Theodere McCarrick: “Scrissi a Tarciso Bertone e Leonardo Sandri consigliando di anticipare la giustizia civile. Non ebbi risposta”.  McCarrick era stata confinato alla solitudine dalla linea dura di Benedetto XVI. Ma poi è stato riabilitato e coperto. E s’è vantato di aver fatto eleggere Jorge Mario Bergoglio. Il 23 giugno 2013 mi chiese un parere su McCarrick. Gli spiegai che Ratzinger aveva agito contro di lui. Ma non ne fu sorpreso.

In questo tragico momento che sta attraversando la Chiesa in varie parti del mondo, Stati Uniti, Cile, Honduras, Australia, eccetera, gravissima è la responsabilità dei vescovi. Penso in particolare agli Stati Uniti d’America dove fui invitato come nunzio apostolico da papa Benedetto XVI il 19 ottobre 2011, memoria dei primi martiri dell’America Settentrionale. I vescovi degli Stati Uniti sono chiamati, e io con loro, a seguire l’esempio di questi primi martiri che portarono il Vangelo nelle terre d’America, a essere testimoni credibili dell’incommensurabile amore di Cristo, Via, Verità e Vita.

Vescovi e sacerdoti, abusando della loro autorità, hanno commesso crimini orrendi a danno di loro fedeli, minori, vittime innocenti, giovani uomini desiderosi di offrire la loro vita alla Chiesa, o non hanno impedito con il loro silenzio che tali crimini continuassero a essere perpetrati.

Per restituire la bellezza della santità al volto della Sposa di Cristo, tremendamente sfigurato da tanti abominevoli delitti, se vogliamo veramente liberare la Chiesa dalla fetida palude in cui è caduta, dobbiamo avere il coraggio di abbattere la cultura del segreto e confessare pubblicamente le verità che abbiamo tenuto nascoste. Occorre abbattere l’omertà con cui vescovi e sacerdoti hanno protetto loro stessi a danno dei loro fedeli, omertà che agli occhi del mondo rischia di far apparire la Chiesa come una setta, omertà non tanto dissimile da quella che vige nella Mafia. “Tutto  quello che avete detto nelle tenebre .. sarà proclamato sui tetti”. (Luca, 12:3).

Avevo sempre creduto e sperato che la gerarchia della Chiesa potesse trovare in sé stessa le risorse spirituali e la forza per fare emergere la verità, per emendarsi e rinnovarsi. Per questo motivo, anche se più vote sollecitato, avevo sempre evitato di fare dichiarazioni ai messi di comunicazione, anche quando sarebbe stato mio diritto farlo per difendermi dalle calunnie pubblicate sul mio conto anche da alti prelati della Curia romana. Ma ora che la corruzione è arrivata ai vertici della gerarchia della Chiesa la mia coscienza mi impone di rivelare quelle verità di cui, in relazione al caso tristissimo dell’arcivescovo emerito di Washington, Theodore McCarrick, sono venuto a conoscenza nel corso degli incarichi che mi furono affidati, da san Giovanni Paolo II come delegato per le Rappresentanze pontefice dal 1998 al 2009, e da papa Benedetto XVI come nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America dal 19 ottobre 2011 a fine maggio 2016.

Il nunzio Sambi trasmise al cardinale Segretario di Stato, Tarciso Bertone, una memoria di accusa contro McCarrick da parte del sacerdote Gregory Littleton, in cui raccontava la triste storia di abusi sessuali da parte dell’arcivescovo di Newark e di altri presti e seminaristi. Il nunzio aggiungeva che il Littleton aveva già inoltrato questa sua memoria a circa una ventina di persone, tra autorità giudiziarie civili ed ecclesiastiche, di polizia e avvocati, fin dal giugno 2006, e che era quindi molto probabile che la notizia venisse presto resa pubblica. Egli sollecitava pertanto un pronto intervento della Santa Sede.

Nel redigere l’appunto su questi documenti che come delegato per le rappresentanze pontificie mi furono affidato il 6 dicembre 2006, scrissi per i miei superiori, il cardinale Tarcisio Bertone e il sostituto Leonardo Sandri, che i fatti attribuiti a McCarrick dal Littleton erano di tale gravità e nefandezza da provocare nel lettore sconcerto, senso di disgusto, profonda pena e amarezza, e che essi configuravano i crimini di adescamento, sollecitazione ad atti turpi di seminaristi e sacerdoti, ripetuti e simultaneamente con più persone, dileggio di un giovane seminarista che cercava di resistere alle seduzioni dell’arcivescovo alla presenza di altri due sacerdoti, assoluzione del complice in atti turpi, celebrazione sacrilegio dell’eucarestia con i medesimi sacerdoti dopo aver commesso tali atti.

In quel mio appunto che consegni quello stesso 6 dicembre 2006 al mio diretto superiore, il sostituto Leonardo Sandri, proponevo ai miei superiori che venisse preso nei confronti del cardinale un provvedimento esemplare che potesse avere una funzione medicinale, per prevenire futuri abusi nei confronti di vittime innocenti e lenire il gravissimo scandalo per i fedeli.

Aggiungevo che sarebbe stato salutare che per una volta l’autorità ecclesiastica avesse a intervenire prima di quella civile e, se possibile, prima che lo scandalo fosse scoppiato sulla stampa.

Il mio appunto del 6 dicembre 2006 fu trattenuto dai miei superiori e mai fu restituito con un’eventuale decisione superiore al riguardo“.

Papa Francesco, nel volo al ritorno dall’Irlanda ha commentato le parole di Viganò commentando: “Ho letto questa mattina quel comunicato. Sinceramente devo dirvi questo: leggete voi attentamente e fatevi un vostro giudizio. Non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parli da se stesso. Voi avete la capacità giornalistica di trarre le conclusioni”.

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