Esclusivo TPI: miliziani siriani in fuga verso l’Italia dalla Libia. Le rivelazioni dal nord-est della Siria
La nostra inviata sul campo ha raccolto accuse pesanti da fonti diplomatiche e militari: stanno arrivando in Italia combattenti siriani addestrati da Erdogan per combattere contro Haftar in Libia. Ma il Viminale nega che esistano riscontri su questi sbarchi
ESCLUSIVO TPI: miliziani siriani in fuga verso l’Italia dalla Libia. Ma il Viminale smentisce
di Benedetta Argentieri, inviata nel nord-est della Siria – Stanno arrivando alla spicciolata. In piccoli gruppi, sui barconi, come se fossero rifugiati che scappano dalla guerra. Chiedono alle autorità italiane l’asilo politico. Ma in realtà sono soldati, o meglio miliziani, siriani assoldati dalla Turchia per andare a combattere in Libia contro Khalifa Haftar, leader forte della Cirenaica contrapposto al premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale Fayez al-Sarraj.Il fatto però è che, una volta in Libia, decidono di scappare alla volta dell’Europa.
Fonti libiche parlano di almeno un’ottantina di miliziani già partiti e un altro centinaio in attesa. Questi ultimi avrebbero già pagato la caparra ai trafficanti. La notizia circolava da settimane sui media in Libia e in Siria, ma non ha mai trovato riscontro né alla Farnesina né al Viminale.
Il Ministero degli Esteri italiano, contattato da TPI, ha negato di saperne qualcosa. Fonti del Viminale hanno negato formalmente a TPI che esistano riscontri in tal senso, aggiungendo che qualunque persona sbarchi in Italia viene controllata attentamente.
Fonti militari e diplomatiche, invece, hanno confermato l’arrivo di almeno una dozzina di miliziani, chiedendo però l’anonimato visto la delicatezza della questione.
La notizia è stata confermata anche da fonti vicine all’intelligence francese.
Ma facciamo un passo indietro.
Di cosa parliamo
L’avventura militare turca in Libia comincia a metà dicembre 2019, quando il presidente Recep Tayyip Erdogan firma un accordo di cooperazione con il governo di Fayez al-Sarraj, sostenuto da Nazioni Unite ed Europa. La convenzione permette alla Turchia di inviare soldati a Tripoli a difesa dell’attacco lanciato contro la capitale dalle forze supportate da Russia e Emirati, capitanate dal generale Haftar. Ankara, invece di mandare le proprie forze, ha reclutato almeno 2.000 uomini tra i cosiddetti TFSA (Turkish Free Syrian Army): miliziani islamici siriani, addestrati in Turchia ed equipaggiati da Erdogan per combattere prima il regime di Assad poi le Forze Democratiche Siriane (FDS).
Chi sono questi miliziani
I “cetta”, che significa “gangsters” – così vengono chiamati nel nord-est della Siria -, hanno partecipato a tutte le incursioni turche nel paese. La prima ricorre addirittura nel 2016 a Jarabulus, poi nel 2018 con l’invasione del cantone a maggioranza curda Afrin, e infine l’operazione “Sorgente di Pace” nel nord-est della Siria, cominciata il 9 ottobre 2019 (qui una puntata del Diario di Benedetta Argentieri per TPI dal nord-est della Siria). I “cetta” si sono macchiati di crimini e violenze. Hanno ucciso civili, rapito donne e operatori umanitari.
Ad Afrin hanno trasformato la zona, effettuando una vera e propria pulizia etnica. La stessa cosa sta avvenendo per l’area conquistata tra ottobre e novembre nel nord-est della Siria, dove la popolazione locale è dovuta fuggire e non è mai potuta tornare a casa.
Ora molti miliziani sono stati trasferiti in Libia con la promessa di uno stipendio da capogiro (2.000 dollari al mese) e in alcuni casi l’assicurazione della cittadinanza turca una volta tornati a casa. Le spese di questi miliziani sono a carico di Al-Sarraj, il cui governo attualmente si trova in gravi difficoltà economiche.
Il percorso dei miliziani: dalla Siria alla Turchia passando per la Libia, fino all’Italia
Nel periodo di Natale, Ankara ha cominciato a trasportare i miliziani a Tripoli con dei voli diretti. Loro stessi hanno pubblicato i video del loro trasferimento in aereo e del loro arrivo a Tripoli. È chiaro che tra le brigate c’è una sorta di gerarchia. Alcuni parlano di ville e raccontano di una vita agiata mentre altri esattamente l’opposto. Alcune brigate hanno descritto la loro permanenza in Libia come una prigionia. “Siamo in edifici semi-abbandonati, non possiamo uscire, e soprattutto non ci pagano quanto dovrebbero”.
Da questo malcontento si origina il desiderio di fuga verso l’Italia. I primi arrivi in Sicilia risalgono a circa tre settimane fa: i miliziani avrebbero richiesto l’asilo politico. Hanno ammesso alle autorità di essere siriani, e di essere stati addestrati dalla Turchia, ma hanno sottolineato di non aver mai combattuto davvero.
La notizia delle defezioni è circolata subito sui giornali in Medio Oriente ed è stata confermata da diversi esponenti militari in Siria. “Sappiamo che almeno in 17 sono arrivati sulle coste italiane”, ha dichiarato in un’intervista il 23 gennaio ad Al Monitor il comandante delle Forze Democratiche Siriane (FDS) Mazlum Abdi. Negli ultimi giorni altre fonti giornalistiche siriane parlavano di almeno 60 miliziani giunti in Italia. “Secondo le nostre stime sono almeno un’ottantina, ma sono stime al ribasso, e sono basate sui pagamenti ai trafficanti di cui siamo a conoscenza”, ha spiegato a TPI, invece, una fonte del Libyan National Army, legato ad Haftar.
Secondo il militare, che ha parlato a TPI richiedendo l’anonimato, i viaggi sarebbero organizzati da esponenti dello stesso GNA (Il Governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj) e in particolare da Abd al-Rahman Milad e Ahmed Aldabashi. Milad ha visitato l’Italia lo scorso novembre.
L’accusa di un militare di Haftar: “Abbiamo avvisato l’Italia ma non ha fatto nulla”
Ma la cosa più allarmante che emerge – sempre secondo questo militare delle forze armate legate ad Haftar – è questa: “Abbiamo avvisato il governo italiano di questo pericolo. Abbiamo fornito i dettagli del viaggio. Ma, per quanto ne sappiamo, l’Italia non ha fatto nulla”, dice.
Tuttavia è possibile che le accuse mosse dai militari di Haftar nei confronti di al-Sarraj siano volte a screditare il Governo di Tripoli.
Nell’ultimo mese i trafficanti hanno aumentato il prezzo del viaggio in Italia. Se i siriani pagano subito, da Alzawia si pagano 1.300 dollari. Oppure si paga il deposito di mille dollari più altri 600 alla partenza. Questo esclude il giubbetto salvagente. Almeno un centinaio di mercenari avrebbe già pagato la caparra, mentre altri stanno pensando di andare in Tunisia e partire da lì. In piccoli gruppi, per non dare nell’occhio.