Migranti, naufragio al largo del Libia: recuperati in mare i corpi di 62 persone
Migranti, naufragio al largo della Libia: recuperati i corpi di 62 persone
Il mare al largo della Libia continua a restituire cadaveri. Dopo il naufragio avvenuto nella notte tra il 23 e il 24 luglio al largo di Khoms, la peggiore tragedia nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno, la Mezzaluna rossa ha recuperato i corpi di 62 migranti.
I dispersi sono almeno 110 ma potrebbero arrivare a 150. Invece, 145 persone invece sono state portate in salvo e alcune decine rispedite nel centro di detenzione di Tajoura, bombardato agli inizi di luglio e in cui erano rimasti uccisi 50 rifugiati. Alcuni cadaveri, come riportato da Lorenzo Cremonesi sul Corriere della Sera, sono stati lasciati sotto il sole, avvolti in sacchi neri di plastica, al porto di Khoms.
La testimonianza
“La sofferenza di queste persone è difficile persino da immaginare. Non ci sono parole per descrivere quanto stiano soffrendo”, ha affermato Anne-Cecilia Kjaer, responsabile delle attività infermieristiche di Medici Senza Frontiere in Libia, che ha assistito i superstiti.
“Sul posto c’erano circa ottanta persone provenienti in gran parte dall’Eritrea, dal Sudan, dall’Egitto e dal Bangladesh. Faceva molto, molto caldo. Erano sedute all’ombra di un muro per ripararsi dal sole e praticamente non avevano vestiti. Se ne stavano seduti all’ombra, sotto shock”, ha raccontato Kjaer in un comunicato diffuso dell’organizzazione umanitaria.
“Abbiamo identificato i casi critici: alcuni avevano ingerito e respirato molta acqua di mare ed erano in crisi respiratoria. Tra loro c’erano casi abbastanza gravi, distesi a terra, cianotici e con la pelle grigia a causa della mancanza d’ossigeno. Erano tutti in pessime condizioni”, ha aggiunto.
“Un uomo originario del Sudan, letteralmente recuperato in mare, ci ha detto di aver visto sua moglie e i sui figli affogare. Era totalmente disorientato”, ha continuato.
Altri hanno raccontato “di aver lasciato le coste libiche la sera di mercoledì, al tramonto, a bordo di tre barconi legati l’uno all’altro. Alcuni hanno raccontato che la loro barca ha iniziato a imbarcare acqua. Consapevoli di non poter portare a termine il viaggio in quelle condizioni, hanno provato a tornare indietro. Ma la barca ha iniziato ad affondare. Molti dei bambini non sapevano nuotare e persino coloro che erano in grado di farlo sono annegati per la fatica”, ha aggiunto Kjaer.
Nel 2019, come ha ricordato l’Unhcr, 669 persone avevano già perso la vita nel Mediterraneo. L’Alto Commissariato Onu per i rifugiati ha ribadito “l’urgenza impellente del nostro ripetuto appello ai governi europei e ad altri governi di ripristinare il soccorso in mare e contribuire ad alleviare la sofferenza delle migliaia di rifugiati e migranti coinvolti nel conflitto in Libia”.