L’accusa di Amnesty: “Europa complice delle violenze sui migranti in Libia”
Secondo la ong internazionale l'Unione europea sosterrebbe in maniera attiva “un sistema di abusi e sfruttamenti” sulle coste libiche, con un sistema di ricerca e salvataggio al largo delle coste della Libia "inaffidabile, imprevedibile e punitivo"
Secondo la ong Amnesty International i governi europei hanno responsabilità chiare per quanto riguarda gli episodi di abusi e torture sui migranti in Libia.
Nel tentativo di arginare i flussi migratori, l’Unione europea sosterrebbe in maniera attiva “un sistema di abusi e sfruttamenti” sulle coste libiche.
Dall’inizio di giugno, il ritiro dell’Italia dal coordinamento dei salvataggi in mare nel Mediterraneo centrale e la nuova politica di rifiuto dello sbarco alle navi che trasportano rifugiati e migranti soccorsi, hanno reso il sistema di ricerca e salvataggio al largo delle coste della Libia “inaffidabile, imprevedibile e punitivo”, mentre gli abusi perpetrati contro queste persone nel paese nord africano costituiscono spesso “la vera ragione” degli sbarchi.
Tutto questo mentre l’Italia e l’Unione si disinteressano del destino dei rimpatriati n Libia rendendosi “complici” degli abusi commessi contro queste persone.
Amnesty denuncia un drammatico aumento del numero delle persone arbitrariamente trattenute in centri di detenzione sovraffollati in Libia. Il numero dei detenuti è più che raddoppiato negli ultimi mesi, passando dai 4.400 di marzo ai più di 10.000 – fra cui 2000 donne e bambini – della fine di luglio. Praticamente tutti sono finiti nei centri dopo essere stati intercettati in mare e riportati in Libia dalla Guardia costiera libica, che è equipaggiata, formata e appoggiata dai governi europei.
“I governi europei colludono con le autorità libiche per fermare rifugiati e migranti in Libia, a dispetto delle orribili violazioni che questi affrontano nelle mani della Guardia costiera libica e nei centri di detenzione in Libia. I progetti di estendere questa politica di esternalizzazione in altri paesi sono profondamente preoccupanti”.
“In questo ultimo anno, i governi europei non sono riusciti a raggiungere un accordo per fare riforme fondamentali al sistema di Dublino, che avrebbero aiutato a evitare contenziosi sullo sbarco delle persone salvate in mare”.
In risposta, l’Italia ha iniziato a chiudere i porti alle navi che trasportavano persone soccorse. Questa nuova politica è destinata alle barche delle Ong, alle imbarcazioni commerciali, e anche alle navi delle marine straniere.
Ingiustificati ritardi per lo sbarco hanno costretto persone con bisogno di assistenza urgente – fra cui feriti, donne incinte, sopravvissuti alla tortura, persone traumatizzate da naufragi e minori non accompagnati – a rimanere in mare per molti giorni.
“In questo spietato rifiuto di concedere a rifugiati e migranti di sbarcare nei porti, l’Italia sta usando le vite umane come pedine di scambio. Persone disperate sono state lasciate in mare con cibo, acqua e riparo insufficienti, mentre l’Italia tenta di aumentare la pressione politica per ottenere una condivisione di responsabilità con altri stati europei”, ha dichiarato Matteo de Bellis, ricercatore su asilo e migrazioni di Amnesty International.
“E oltre a tutto questo, le autorità italiane e maltesi hanno calunniato, intimidito e criminalizzato le eroiche Ong che cercano di salvare vite in mare, hanno negato alle loro barche il permesso di sbarcare e le hanno anche sequestrate”, denunciano inoltre da Amnesty.