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Migliaia di migranti abbandonati nel deserto con i fondi dell’Ue: una nuova inchiesta svela il coinvolgimento di Bruxelles

Immagine di copertina
Credit: AGF

L’Unione europea “sostiene, finanzia ed è direttamente coinvolta in operazioni clandestine in Nord Africa per scaricare ogni anno decine di migliaia di persone di colore nel deserto o in altre aree remote dei Paesi dell’area per impedire loro di raggiungere” l’Europa. La denuncia arriva da una nuova inchiesta pubblicata oggi da Lighthouse Reports in collaborazione con Washington Post, Enass, Der Spiegel, El Pais, IrpiMedia, ARD, Inkyfada e Le Monde.

Secondo gli autori, l’Ue “sta consapevolmente finanziando, e talvolta è direttamente coinvolta, nelle espulsioni sistematiche di rifugiati e migranti neri verso deserti e aree remote” in Marocco, Mauritania e Tunisia. “È una situazione difficile, in evoluzione e sulla quale continueremo a lavorare”, ha commentato oggi il portavoce della Commissione europea, Eric Mamer.

L’inchiesta, durata diversi mesi, rivela un “sistema di spostamenti di massa” che “opera con denaro, veicoli, attrezzature, intelligence e forze di sicurezza forniti dall’Ue e dai Paesi europei” ai tre Stati del Nord Africa, che arrestano i migranti in viaggio verso il nostro continente “a causa del colore della loro pelle”.

Queste persone poi vengono “caricate su autobus e portate in mezzo al nulla, spesso in zone deserte e aride”, senza acqua né cibo. Alcuni vengono trasferiti direttamente in aree di confine dove vengono “venduti dalle autorità a trafficanti di esseri umani e a bande che li torturano per ottenere un riscatto”.

“Questa indagine costituisce il tentativo più completo finora di documentare la conoscenza e il coinvolgimento europeo nelle operazioni anti-migranti e di matrice razzista in Nord Africa”, denunciano gli autori. “Evidenzia come non solo questo sistema di deportazioni e abusi di massa sia noto a Bruxelles da anni, ma che sia gestito grazie al denaro, ai veicoli, alle attrezzature, all’intelligence e alle forze di sicurezza fornite dall’Ue e dai Paesi europei”.

Il lavoro si basa sulle interviste concesse da più di 50 sopravvissuti alle espulsioni da Mauritania, Marocco e Tunisia, tutti provenienti da Paesi sub-sahariani o dell’Africa occidentale, che hanno aiutato Lighthouse Reports “a riconoscere la natura sistematica e razzista di queste pratiche”.

In Marocco, gli autori hanno seguito i paramilitari delle Forze Ausiliarie, filmando tre rastrellamenti delle persone di colore condotti nelle strade della capitale Rabat nell’arco di tre giorni. Inoltre, hanno filmato i detenuti all’interno degli edifici del governo locale prima che fossero caricati su autobus non contrassegnati e portati in aree remote del Paese.

In Mauritania, hanno osservato un centro di detenzione nella capitale Nouakchott, filmando rifugiati e migranti trasferiti su autobus che lasciavano il sito dirigendosi verso il confine con il Mali, un Paese in guerra. All’interno del centro, denunciano gli autori, “entravano regolarmente agenti di polizia spagnoli”.

Non solo. L’inchiesta ha anche mostrato come i veicoli utilizzati durante i rastrellamenti e le espulsioni siano stati forniti dai Paesi europei. In Tunisia, ad esempio, i mezzi Nissan usati dalla Polizia nazionale nei raid contro i migranti, poi trasferiti in aree desertiche, “corrispondono – per marca e modello – a quelli donati da Italia e Germania”.

D’altronde, intervistando una serie di funzionari ed ex membri del personale dell’Ue, nonché varie fonti all’interno delle forze di polizia nazionali e delle organizzazioni internazionali presenti in questi Paesi e consultando documenti interni, anche dell’agenzia Frontex, l’inchiesta ha rivelato come Bruxelles sia “ben consapevole” di quanto accade almeno dal 2019 e che “talvolta è direttamente coinvolta”.

Un consulente che ha lavorato su progetti finanziati dall’EU Trust Fund, attraverso cui negli ultimi anni l’Ue ha versato più di 400 milioni di dollari a Tunisia, Mauritania e Marocco per gestire i flussi migratori, ha dichiarato a Lighthouse Reports: “Bisogna rendere difficile la vita ai migranti. Complicargliela. Se lasci due volte un guineano nel Sahara (in Marocco), la terza ti chiederà di essere rimpatriato volontariamente”.

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