Il Messico nega l’aborto a una tredicenne vittima di stupro
Lo stato di Sonora consente il ricorso all'interruzione di gravidanza solo alle vittime di stupro ma per il giudice la giovane è vittima solo di "coercizione sessuale"
Le autorità sanitarie messicane hanno negato a una bambina di 13 anni violentata da un conoscente l’autorizzazione per abortire.
Nello stato federale di Sonora, infatti, nel nordovest del Messico, l’aborto è illegale a meno che non sia praticato su una vittima di stupro, ma il giudice chiamato a esprimersi sul caso della tredicenne ha ridotto la gravità del reato commesso dall’aggressore da stupro a “coercizione sessuale”.
Lo stupro della bambina era stato denunciato alle autorità poche ore dopo essere avvenuto, all’interno dell’abitazione della sua famiglia, in maggio. La tredicenne, che quel giorno non era andata a scuola perché era festa, era stata abusata da un collega del padre.
In seguito, i fratelli l’avevano accompagnata a sporgere denuncia e gli esami avevano confermato la violenza e i danni psicologici subiti dalla minore, ma non le era stata offerta la pillola contraccettiva di emergenza.
Due settimane dopo la denuncia, il padre della bambina era stato informato che il giudice non aveva voluto classificare il caso come stupro, e di conseguenza le autorità sanitarie hanno detto di non poter autorizzare l’aborto.
Alla tredicenne, incinta ormai di 12 settimane, non resta che andare a Città del Messico, dove abortire non solo è sicuro, ma anche legale, e dove non ci sono limiti temporali per abortire in caso di stupro.
Secondo la normativa federale in materia, i servizi medici devono consentire alle donne o ragazze che riferiscono di essere rimaste incinte dopo una violenza sessuale di abortire, senza che siano previsti altri requisiti come appunto la condanna dell’aggressore per stupro o la denuncia.
Il Messico ha un altissima incidenza di abusi sessuali, violenze e omicidi contro minori di 14 anni, superiore a quella di qualsiasi altro paese dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
Una ragazza su quattro subisce uno stupro prima dei 18 anni e ogni anno sono 520mila i minori messicani vittime di aggressioni sessuali.
Nel 2008, Città del Messico è stata la prima località del paese a consentire l’accesso all’aborto a tutte le donne entro il primo trimestre di gravidanza. Al contrario, lo stato di Sonora (insieme ad altri 16 stati federali) ha aumentano le restrizioni.
Il governatore uscente dello stato di Veracruz ha passato una riforma costituzionale, promossa dalla Chiesa cattolica, che protegge la vita sin dal concepimento e vieta il ricorso all’interruzione di gravidanza in qualsiasi circostanza.
Secondo Alex Ali, un avvocato che lavora con una Ong impegnata nella campo della libertà riproduttiva, il caso della tredicenne riflette un problema radicato in Messico, paese largamente cattolico, dove vengono imposti diversi ostacoli per impedire alle vittime di stupro di abortire.
“Il governo federale deve assicurarsi che in questi casi i servizi medici pubblici garantiscano i diritti riproduttivi delle donne”, ha detto Ali.