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Cos’è la maternità surrogata

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Si parla di maternità surrogata o del cosiddetto “utero in affitto” nel caso in cui una donna si impegna a intraprendere una gravidanza con l’intento esplicito di affidare il nascituro a terzi subito dopo il parto.

Esistono due tipi di surrogazione: quella tradizionale e quella gestazionale.

La tecnica tradizionale prevede che l’ovulo della madre surrogata venga fecondato tramite inseminazione artificiale con lo spermatozoo del padre committente o di un donatore terzo. In questo modo, la donna che intraprende la gravidanza sarà anche madre biologica del nascituro.

La surrogazione gestazionale, invece, non comporta alcun legame biologico tra la donna che intraprende la gravidanza e i committenti. Prevede infatti il solo trasferimento nell’utero della gestante di un embrione prodotto artificialmente in vitro attraverso la fecondazione di gameti appartenenti ai committenti, se non sterili, o a donatori terzi.

Quante persone richiedono di accedervi?

Nei paesi in cui la maternità surrogata non è vietata, le richieste di accesso alla pratica sembrano essere in continua crescita. Tuttavia, non è facile individuare i dati statistici del fenomeno.

Le ambiguità – o, in alcuni casi, la totale mancanza – dei metodi di registrazione formale in caso di surrogazione, non consentono infatti di avere informazioni precise a riguardo. Da una parte, per esempio, chi utilizza la tecnica tradizionale non è obbligato a sottoporsi a un trattamento clinico e può concordare la surrogazione in via informale senza alcuna rendicontazione scritta. Dall’altra, i dati ufficiali relativi alla pratica gestazionale e agli interventi medici necessari per accedervi, si limitano spesso a riportare la procedura di fecondazione in vitro senza alcun riferimento alla surrogazione di maternità.

I principali fattori che rivelano l’incremento delle richieste sono rappresentati dall’alto numero di centri di procreazione assistita, in Europa come in altri paesi del mondo in cui è praticata anche la surrogazione di maternità, nonché dalla quantità crescente di pronunce giurisprudenziali relative a casi di gestazione di una gravidanza per conto di terze persone.

L’Italia vieta espressamente la maternità surrogata

L’ art. 12 della legge n. 40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) pone il divieto assoluto del ricorso alla surrogazione di maternità, nonché alla sua organizzazione o pubblicizzazione. In caso di violazione del divieto, è prevista una reclusione da tre mesi a due anni e una multa da 600mila a un milione di euro.

Finora, i tribunali italiani non hanno mai pronunciato una sentenza di condanna per violazione della legge 40.

La proibizione assoluta ha spinto molte coppie a rivolgersi a cliniche mediche situate in paesi in cui la maternità surrogata è consentita, con conseguente intensificazione del cosiddetto turismo procreativo.

Il superamento dei confini nazionali, in alcuni casi, ha provocato difficoltà ai fini del riconoscimento legale dei bambini nati da madre surrogata all’estero.

A questo proposito, lo scorso 27 gennaio 2015 è intervenuta la Corte europea dei diritti dell’uomo che, nel pronunciarsi sul caso Paradiso e Campanelli c. Italia, ha condannato il nostro paese mettendo un punto fermo sul riconoscimento legale dei figli nati da madre surrogata.

In quell’occasione, l’Italia si era rifiutata di trascrivere l’atto di nascita di un bambino partorito da madre surrogata in Russia e ne aveva imposto l’affidamento ai servizi sociali dopo i primi sei mesi di convivenza con i genitori committenti.

Grazie alla decisione della Corte, chiunque acceda alle tecniche di fecondazione assistita all’estero – compresa la pratica della surrogazione di maternità – ha il pieno diritto di essere riconosciuto come genitore legittimo anche in Italia, pur non avendo alcun legame biologico con il figlio.

In quali paesi europei è consentita la maternità surrogata e a quali condizioni?

La pratica della maternità surrogata è espressamente consentita in Grecia, Regno Unito, Cipro, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Estonia e Lituania.

Secondo quanto riportato in uno studio del Parlamento europeo presentato nel 2013, il quadro europeo può essere suddiviso sostanzialmente in tre raggruppamenti:

– I paesi che vietano espressamente il ricorso alla surrogazione di maternità: Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Malta e Bulgaria.

– Gli stati che consentono l’accesso alla surrogazione e ne disciplinano le condizioni, come la Grecia in cui è richiesta la stipulazione di un contratto prima che la madre surrogata resti incinta o il Regno Unito, in cui le condizioni pattuite nell’accordo di gestazione di appoggio, Gda, si verificano solo dopo il parto.

– I paesi in cui non è prevista alcuna regolamentazione, a eccezione del divieto di stipulare accordi di surrogazione ai fini di lucro o comunque alla previsione di un pagamento che vada oltre il mero rimborso delle spese rese necessarie dalla gravidanza. Tra questi, Belgio, Danimarca, Irlanda, Lettonia, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria.

Inoltre, in Svezia non esiste una disciplina specifica per la surrogazione di maternità ma vige il divieto per le cliniche mediche di concludere accordi finalizzati a tale pratica.

In Austria è proibita la donazione di ovuli e di conseguenza non è possibile accedere alla maternità surrogata gestazionale mentre nessuna disciplina specifica è prevista per la Gda tradizionale.

La questione dei costi da affrontare è molto delicata.

Il Regno Unito, per esempio, ammette la pratica “altruistica”, cioè a titolo gratuito, con la previsione di un rimborso “ragionevole” delle spese affrontate dalla gestante durante la gravidanza. Cipro, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Estonia e Lituania invece, consentono espressamente la maternità surrogata, sia altruistica che a pagamento.

Una volta avvenuto il parto, l’affidamento del figlio ai genitori avviene immediatamente o al massimo entro un giorno dalla sua nascita. In alcuni casi, come quello della Danimarca, per il trasferimento della genitorialità legale è necessario avviare le procedure di adozione.

Qual è attualmente la posizione del Parlamento europeo?

Giovedì 17 dicembre 2015, il Parlamento europeo ha approvato un documento nel quale condanna la pratica della surrogazione di maternità.

Si tratta di un rapporto sul livello di rispetto dei diritti umani e dei principi democratici nel mondo durante il 2014, nel quale sono prese in considerazione le politiche adottate dall’Unione europea in quest’ambito.

Il punto 114 del paragrafo relativo ai “Diritti delle donne e delle ragazze”, sancisce che la surrogazione di maternità “danneggia la dignità umana della donna” poiché, secondo quanto riportato nel documento, tale pratica comporta l’utilizzo del corpo umano come merce di scambio.

Messa al bando, in particolare, la surrogazione gestazionale, considerata causa di sfruttamento delle donne per motivi commerciali, soprattutto nei paesi più poveri o in via di sviluppo. Così si legge nel testo del rapporto. Secondo quanto previsto dal Parlamento europeo, la regolamentazione di tale pratica dovrebbe essere inserita tra le questioni prioritarie nella discussione sui diritti umani.

Ultime novità dal Consiglio d’Europa

Martedì 15 marzo la Commissione Affari Sociali, Salute e Sviluppo Sostenibile del Consiglio d’Europa ha bocciato la relazione pro-surrogacy presentata dalla senatrice belga Petra De Sutter. Obiettivo del testo era quello di favorire la legittimazione della GPA all’interno dell’Unione europea.

Il report dal titolo Diritti umani e problemi etici legati alla surrogazione di maternità è stato rigettato con 16 voti contrari e 14 favorevoli. Se fosse stato accolto, sarebbe stato oggetto di discussione da parte dei rappresentanti dei 47 paesi membri del Consiglio d’Europa riuniti in seduta plenaria.

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