“Non riesco a respirare”. L’arresto, le botte: così è morto Manuel Ellis. Ricostruzione del caso
Manuel Ellis: è questo il nome del 33enne ucciso lo scorso marzo da alcuni poliziotti negli Usa, a Tacoma (Stato di Washington). La vicenda è venuta fuori solo in queste ore, dopo la diffusione di un filmato che ritrae il pestaggio da parte degli agenti. A girare le immagini una donna, che si trovava dietro all’auto dei poliziotti e che ha documentato tutto: il video mostra gli agenti infierire sul corpo di Ellis, che secondo il medico legale è “morto per ipossia”, ovvero per mancanza di ossigeno. Lo stesso medico legale ha confermato che si tratta di omicidio.
Come sempre accade in questi casi, però, si stanno scontrando versioni contrastanti sulla dinamica dei fatti. Ed Troyer, portavoce del dipartimento di polizia di Tacoma, ha riferito che Ellis, una volta fermato dagli agenti, avrebbe iniziato a dare in escandescenza e sarebbe stato lui ad aggredie per primo. A questo punto i poliziotti lo avrebbero ammanettato, ma nonostante lo stato di costrizione fisica, Ellis avrebbe continuato a cercare lo scontro fisico. Ma come rileva il New York Times, il racconto del portavoce della polizia sembra quantomeno lacunoso.
Nulla si dice, ad esempio, del modo in cui Manuel Ellis è stato immobilizzato. Il medico legale ha infatti parlato di morte per mancanza di ossigeno, circostanza che farebbe presumere un possibile soffocamento da parte degli agenti. Ed Troyer lo ha escluso, ma non si sa bene su quale base, poiché ha anche ammesso di non sapere in che modo il 33enne sia stato bloccato dagli agenti. Non solo: lo stesso portavoce della polizia ha confermato che la vittima avrebbe gridato: “Non riesco a respirare”, proprio come George Floyd.
On March 3rd, #ManuelEllis died at the hands of four Tacoma police officers.
Thursday, Manuel’s death was ruled a homicide. The cause: hypoxia — a lack of oxygen reaching body tissues — due to physical restraint. #ICantBreathe
New video has emerged: pic.twitter.com/M7zATj6Jof
— Nick Knudsen 🇺🇸 #DemCast (@DemWrite) June 5, 2020
Un dato certo è che gli agenti, quando si sono resi conto della gravità della situazione, hanno chiamato un’ambulanza. All’arrivo dei sanitari, Ellis era ancora vivo. Sono seguiti circa 40 minuti in cui i medici hanno tentato di rianimarlo, ma invano. L’autopsia, che è stata effettuata mercoledì 3 giugno, ha accertato che la morte è avvenuta per “arresto respiratorio” dovuto a mancanza di ossigeno e a “costrizione fisica”. I medici hanno anche riferito di una precendete patologia cardiaca di Ellis. Gli stessi medici hanno dichiarato che Ellis aveva problemi pregressi di tossicodipendenza e, al momento della morte, aveva sostanze stupefacenti nel suo corpo, chiarendo però che non sono state queste sostanza a provocare la morte, considerata a tutti gli effetti come “omicidio”.
La sorella di Manuel Ellis si è detta insoddisfatta di quanto emerso dalle indagini, chiedendo ulteriori approfondimenti sul comportamento degli agenti. La sindaca di Tacoma Victoria Woodards ha già chiesto che i quattro agenti coinvolti nell’uccisione del 33enne vengano licenziati e ha dichiarato: “La famiglia ha chiesto perché ci vuole sempre un video per convincere la gente che una persona nera è stata uccisa da qualcun altro in modo ingiusto. Come donna afroamericana non ho bisogno di un video per credere a cosa è accaduto. Mentre guardavo il filmato ero sempre più arrabbiata e delusa”. Un’indagine è stata aperta dal governatore dello Stato di Washington, Jay Inslee.
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