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Home » Esteri

La lotta dei contadini per liberare le loro terre dai narcotrafficanti in Colombia

Immagine di copertina

Gran parte delle piantagioni di coca colombiane si trova nei territori che erano controllati dalle Farc. Ora le comunità indigene sono in prima linea nella lotta contro le bande di narcotrafficanti per ricoltivare quelle terre

Nella regione di Caquetá, nella Colombia centro meridionale, in accordo con il governo, gli agronomi di Nespresso, la linea di capsula da caffè creata da Nestlé, hanno iniziato a lavorare con più di 500 produttori locali per implementare il programma AAA Sustainable Quality™.

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Questo programma fa parte di un investimento di 50 milioni di dollari per la coltivazione sostenibile e viene realizzato direttamente con gli agricoltori per migliorare la loro produttività, con l’obiettivo di condividere buone pratiche, fornire assistenza tecnica e migliorare gli standard nel benessere ambientale e sociale.

I contadini di Caquetá si uniranno ai 33.000 agricoltori colombiani già iscritti al programma AAA, lanciato nel paese nel 2004 e supportato da un team di 150 agronomi locali. 

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Gli attivisti colombiani si muovono principalmente all’interno della regione del Cauca, a pochi km a sud dalla città di Cali, e tentano di liberare le terre dalle piantagioni di zucchero, dalle grandi coltivazioni intensive e dai resort turistici, provando a riempire il vuoto di potere lasciato in quel territorio dall’accordo di pace stipulato il 24 novembre 2016 tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) che un tempo occupavano la regione.

La guerra civile, durata più di 50 anni, è finita ma nella Valle del Cauca le comunità indigene sono in prima linea nella lotta contro le bande di narcotrafficanti, la polizia e la deforestazione. 

Il trattato stipulato tra governo e guerriglieri, i cui negoziati si sono svolti a Cuba e sono durati quattro anni, prevedeva la trasformazione delle Farc da organizzazione armata a partito politico, la consegna delle armi e il progressivo reintegro dei guerriglieri nella società civile.

A preoccupare, però, era stato il conseguente cambiamento nell’economia e nell’organizzazione del narcotraffico: gran parte delle piantagioni di coca colombiane, infatti, si trova nei territori che erano controllati dalle Farc, smantellate dopo l’accordo.

Così, uno degli impegni presi con la firma dei trattati sarebbe stato la sostituzione della coca con altre sementi, per non lasciare i contadini “cocaleros” senza lavoro ed evitare altre guerre tra nuove bande armate.

Ma applicare in concreto gli accordi di pace non è semplice: la deforestazione in Colombia è aumentata del 44 per cento dal 2016 al 2017 e persino la produzione di coca è cresciuta rapidamente. Per far fronte a ciò, il presidente Juan Manuel Santos ha delimitato più aree di conservazione e ha promesso di usare l’esercito e di lavorare con gli ex combattenti Farc per proteggere le foreste.

Sono i Nasa il più numeroso e organizzato dei 20 gruppi indigeni attivi sul territorio e continuano distruggere e occupare le zone delle monocolture, nonostante gli scontri nell’ultimo anno abbiano provocato numerosi morti tra cui la giovane reporter Efigenia Vasquez, uccisa lo scorso ottobre dalle forze di polizia mentre documentava le violente repressioni.

Quasi ogni due settimane, centinaia, a volte migliaia di attivisti conosciuti come Minga, armati di machete, appiccano incendi, abbattono file di canne da zucchero e occupano i campi per poi piantare culture tradizionali come mais e manioca.

Si tratta infatti dell’ultima fase di una lotta secolare per la loro terra e, anche, uno scontro tra due visioni di agricoltura diametralmente opposte: da una parte quella che cerca l’armonia e si muove in coerenza con i cicli della natura rispettando l’ambiente originario e, dall’altra, quella interessata ad estrarre quanto più profitto possibile, indipendentemente dall’impatto sugli abitanti e sul territorio.

E proprio le preoccupazioni ambientali sono tra le motivazioni degli attivisti e, sembra, anche dell’azienda Nespresso che si sta impegnando nella produzione di caffè colombiano proprio nelle regioni precedentemente colpite dal conflitto e nelle aree in cui la produzione è stata persa.

Il presidente della Colombia, riconoscendo che la pace del 2016 ha portato un’ondata distruttiva in una terra precedentemente ritenuta off-limits proprio a causa dell’occupazione delle Farc, ha fatto sapere che «il caffè colombiano è il migliore del mondo. Accolgo quindi con favore l’ impegno di Nespresso nei confronti del nostro Paese, che evidenzia le numerose opportunità che la pace apre per la Colombia».

Anche il ministro per l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, Luis Murillo, ha affermato che l’apparato di sicurezza dello stato è la risposta ai problemi ambientali, non il problema: «Dobbiamo muoverci molto rapidamente per stabilire una presenza in aree in cui prima non eravamo presenti».

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