Voto storico a Chicago: eletta la prima sindaca afroamericana e apertamente gay
Chicago elegge la prima sindaca afroamericana e apertamente gay: Lori Lightfoot ha ottenuto il 74 per cento dei voti. Interviste, voci e foto raccolte da TPI dalla "città del vento"
CHICAGO – Ha gli occhi lucidi Linda e un sorriso audace, nonostante le manchino quasi tutti i denti. “Qua facciamo la storia”, dice a TPI.it, lo sguardo rivolto al palco della sala da ballo Chicago Hilton and Towers del centro cittadino da dove Lori Lightfoot, sindaca di Chicago appena eletta, ringrazia il pubblico per l'”incredibile risultato”.
Linda, 58 anni, nata e cresciuta a South Side, lo stesso quartiere afroamericano poverissimo a sud della metropoli dove ha vissuto anche Michelle Obama, è una delle migliaia di elettrici venute nel centrale Loop per festeggiare l’elezione della prima sindaca donna, nera e apertamente gay.
Un voto davvero storico, perché Chicago è diventata la più grande città americana di sempre a eleggere una donna afroamericana. Lori Lightfoot, 56 anni è un avvocato, ex procuratrice federale e succederà a maggio all’attuale primo cittadino Rahm Emanuel, dopo aver battuto nel ballottaggio del 2 aprile Toni Preckwinkle, democratica e anche lei afroamericana.
Lightfoot ha ottenuto il 73,7 per cento dei voti grazie a una campagna elettorale basata sulla lotta alla corruzione e sull’aiuto alle famiglie con basso reddito e alla classe media, entrambe ignorate finora dalla politica della città dell’Illinois.
Lightfoot, che non ha mai ricoperto cariche elettive, ha vinto a mani basse, travolgendo l’avversaria che veniva data per favorita e che, al contrario di Lightfoot, è una politica di lunga data impegnata finora come presidente della contea di Cook.
“Lightfoot è un’outsider che potrebbe diventare una risorsa per la città del vento”, spiega Tommy McFadden a TPI. Alto 2 metri e 10, con piccoli occhiali inforcati sul naso, vive nella zona di Oakland e ha votato Lori Lightfoot perché “protegge i diritti degli omosessuali”. Tommy non è l’unico a pensare che le elezioni possano segnare un punto di svolta nella politica di Chicago.
I difensori nazionali per i diritti degli omosessuali hanno celebrato la vittoria: “Ora le giovani donne e donne queer possono vedere se stesse riflesse in una posizione di grande leadership politica”, ha affermato ai microfoni di TPI Stephanie Sandberg, direttore esecutivo di LPAC, un’organizzazione che lavora per costruire il potere politico di L.G.B.T.Q.
Questa vittoria segna infatti un notevole cambiamento nell’umore della città e un rifiuto di una consolidata cultura politica che ha più spesso premiato gli addetti ai lavori e licenziato gli sconosciuti. Per molti elettori, l’idea che qualcuno senza legami politici potesse diventare sindaco di Chicago sembrava un contrappunto che apriva gli occhi di fronte a un mantra pluridecennale: “No outsider here” (qui non entrano sconosciuti).
Solo alcune settimane fa, quando a febbraio si scontravano 13 candidati, alcuni dei quali radicati nell’élite politica da decenni, una vittoria di Lori Lightfoot sembrava improbabile, se non impossibile. Per alcuni sostenitori il significato della sua vittoria è stato monumentale, andando oltre la singola persona e addirittura oltre la città.
La 56esima sindaca di Chicago arriva in un momento cruciale per la città storicamente democratica. La metropoli con 2,7 milioni di abitanti, sta affrontando diversi problemi sociali: le industrie tecnologiche e gli affari congressuali si sono riversati nel suo scintillante centro, mentre le scuole pubbliche sono state chiuse nelle periferie sud e ovest e migliaia di residenti neri si sono trasferiti altrove.
L’amministrazione del signor Emanuel ha fatto passi da gigante per arginare i guai fiscali della città, ma i residenti si lamentano delle tasse sempre più alte e della corruzione dilagante. Il nuovo sindaco di Chicago deve presentare infatti un ulteriore miliardo di dollari al bilancio nei prossimi quattro anni per continuare a strappare la città da una crisi pensionistica.
Tra le soluzioni proposte da Lori Lightfoot per risolvere l’imminente crisi finanziaria della città ci sono anche idee fuori dal comune: la nuova sindaca vorrebbe far fronte ai problemi pensionistici legalizzando la marijuana a scopi ricreativa e costruendo un casinò a Chicago.
I problemi di criminalità sembrano essere migliorati negli ultimi due anni, registrando circa la metà degli omicidi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2016. Ma la violenza delle armi e delle bande è ancora pervasiva: la città ha avuto più di 550 omicidi nel 2018, più che nelle due più grandi città degli Stati Uniti, New York e Los Angeles. E proprio nella notte precedente alle elezioni amministrative due ragazze nere sono state uccise a colpi di pistole in un parchetto di South Side.
La razza è un tema che si può toccare con mano a Chicago, che è sostanzialmente divisa equamente tra residenti bianchi, neri e latini. Qui il “separate but equal” rimosso legalmente nel 1954, con il caso Brown v. Board of Education regna ancora sovrano: ci sono quartieri ghetto dove le scuole per bianchi e quelle per neri restano ancora divise.
Il 2 aprile, però, la competizione tra due donne afroamericane ha spezzato il solito calcolo politico, o quello chiamato dal democratico e sostenitore di Lightfoot, Ra Joy,”voto tribale”, in cui i politici contano sul sostegno degli elettori della loro stessa razza.
Le due candidate afroamericane che si sono sfidate nel testa a testa hanno infatti raccolto voti soprattutto da bianchi di North Side Chicago, quelle zone lungo il Lago Michigan abitate prevalentemente da “White people”.
Non è la prima volta che un nero arriva a ricoprire questa carica. Nel 1983, la città scelse il suo primo sindaco nero, Harold Washington, in un’elezione razziale; un termine prima, nel 1979, la città scelse la sua prima donna sindaco, Jane Byrne. “Il fatto che questa vittoria sia meno sconvolgente di allora vuol dire che c’è stato un progresso meraviglioso”, ha raccontato a TPI Melissa Day, 80 anni attivista afroamericana.
La neoeletta Lightfoot durante la campagna elettorale ha parlato frequentemente di equità e inclusione, di ridistribuzione dei fondi della città per diffondere la prosperità del centro e del North Side ai quartieri che sono stati trascurati.
L’avocatessa ha promesso un impegno cruciale per gli afroamericani: “È inaccettabile, la condizione delle nostre comunità sui lati sud e ovest. L’unico modo per intagliare un nuovo percorso per la città, portarci in una direzione che le nostre comunità non continuino a essere affamate di risorse, è votare per il cambiamento” dice dal palco, nel suo primo discorso ufficiale.
Uno scroscio di applausi riempie la sala colorata, le bandiere dove si legge la scritta “Bring in the light” (Illumina!) sventolano. Linda prende in braccio la sua nipotina Cindy di 3 anni e dice con una voce speranzosa a TPI: “Adesso potrò dire a lei e a mia figlia che si può fare, che si può essere presidenti americano come Barack Obama, sindaci come Lori Lightfoot. Niente deve essere impossibile per gli afroamericani”.
Comunque vada, che Lori Lightfoot porti o meno la luce giusta per questa città nel cuore del Midwest, questo è sicuramente un voto storico per gli Stati Uniti.